Belgio, istruzioni per sopravvivere sorridendo

Ho compiuto il mio primo compli-mese a Anderlecht [1], in Belgio. O forse dovrei dire a Cureghem [2], perché qui ogni quartiere è un piccolo mondo a parte, separato dal resto da un ponte, un mercato o — nel mio caso — dal Canal.
Finora l’esperienza è positiva. Ma, come ogni avventura belga che si rispetti, non è mancato un pizzico di surréalisme administratif.
Tre appuntamenti e una traduzione dopo
Per ottenere il permesso di soggiorno (le famose Annexe 3ter e 19), ci sono voluti tre appuntamenti.
Al primo, il Comune ha bocciato la mia lettera di pensione INPS: non era tradotta in francese.
Al secondo, dopo aver pagato 91 euro per la traduzione giurata, mi hanno chiesto la traduzione del codice fiscale italiano (!). Ho provato a proporre un documento alternativo: la lettera della Mutualité, che riportava il mio numero di iscrizione e l’importo da versare.
Niente da fare. L’impiegata, gentile ma inflessibile, ha obiettato: “C’est un avis de paiement, pas une preuve d’affiliation.”
Inutile spiegare che se ti chiedono di pagare, forse sei già iscritto. Ho quindi atteso la vera lettera d’affiliazione e sono tornato una terza volta.
Finalmente, missione compiuta: pratica accettata.
Il corto circuito del Bancontact
La parte più kafkiana? Il pagamento dei 100 euro per aprire la pratica.
Il Comune non accetta contanti. Né carte Visa o Mastercard. Solo Bancontact.
Peccato che per avere una carta Bancontact serva un conto belga.
E per aprire un conto belga bisogna… essere già iscritti al Comune.
Un circolo perfetto, degno di Magritte.
Soluzione proposta con naturalezza dalla stessa impiegata:
“Venga con un amico belga, lui paga con Bancontact e lei gli dà i contanti.”
Detto, fatto. E funziona.
L’altra trappola: “It’s me”

Ottenuto il prezioso foglio, ho provato ad aprire un conto corrente bancario online.
Missione impossibile: serve “It’s me”, l’app belga equivalente al nostro SPID.
Ma per attivare “It’s me” serve già un conto bancario.
Ancora un perfetto loop amministrativo.
Ho provato allora il metodo tradizionale. Recarmi ad uno sportello bancario.
Alla Beobank mi hanno detto che serve la carta d’identità belga, non basta l’Annexe 19.
Alla Belfius, invece, mi hanno dato appuntamento per il 5 novembre. Incrociamo le dita — e i timbri. Vedremo chi vincerà: io o il sistema.
La posta, la mutua e il cuore
Anche la Posta belga è un’esperienza mistica.
Sul sito Bpost avevo letto del servizio “fermo posta”, ma l’impiegato ha confessato di non averne mai sentito parlare.
Mi ha suggerito di ricevere tutto a casa. “Tanto, se non ci siete, vi lasciamo un avviso e poi venite qui.”
Un giro dell’oca, ma almeno ci si muove.
La Mutualité, invece, funziona. Grazie al modello S1 fornito dall’ASL di Trapani, ho scelto un médecin généraliste.
Appuntamento fissato, pressione misurata, analisi del sangue fatte, ricetta per i farmaci. Tutto gratuito.
Solo la visita cardiologica richiede un po’ di pazienza: fissata per il 7 maggio. Sì, del prossimo anno. Ma non mi lamento: in Sicilia, probabilmente, avrebbero trovato posto… dopo l’estate.
L’esperienza sportiva

Nel frattempo alleno una squadra giovanile di futsal, l’RWDM Molenbeek.
Abbiamo vinto 6–0 la prima, perso 7–8 la seconda, ma l’entusiasmo è intatto.
Il giornale trapanese TP24 ha dedicato un articolo sulla mia esperienza.
Faccio anche lo scout, andando nei quartieri a cercare nuovi ragazzi: Ho appena convinto una madre, dopo una lunga telefonata a metà tra francese e italiano, a far provare suo figlio di undici anni.
E poi, l’idea del giornale
La vera avventura, però, è nata qui: fondare un giornale locale.
In Belgio, a differenza dell’Italia, la libertà di stampa è davvero… libera.
Non serve l’Ordine dei Giornalisti, né un direttore “patentato”. Basta un éditeur responsable.
L’unico obbligo è iscriversi online alla Biblioteca Nazionale per il deposito legale.
Così ho deciso di lanciare “L’Autre Canal”, un mensile gratuito, indipendente, aperto ai quartieri e alle persone.
Ho iniziato a scrivere qualche articolo, a fare qualche intervista — “armato” di ChatGPT, che registra le parole in francese dei miei interlocutori e me le traduce al volo in italiano. Una sorta di interprete digitale sempre in tasca: pratico, discreto e instancabile.
Quando ho deciso di fondare L’Autre Canal, si è posto un dilemma: firmare io come editore responsabile o creare una piccola associazione, una ASBL.
Ho scelto la seconda via — più solida, più “belga”. Bastano due persone, anche non residenti, purché la sede sia qui.
In teoria, si fa tutto online sul portale del Ministero della Giustizia.
In pratica, il percorso è un labirinto.
Il codice fiscale italiano non basta: serve un numero belga, il NISS o almeno il BIS.
Una volta ottenuto, arriva il secondo ostacolo: la firma digitale.
Come ottenerla? Naturalmente solo con un lettore e una carta d’identità belga o un Bancontact, cioè tramite It’s me.
E per It’s me, serve… un conto belga. Che però non posso ancora aprire perchè non ho It’s me.
Sono quindi in pausa amministrativa, alla ricerca di un nuovo “amico belga” disposto a firmare digitalmente al mio posto.
In fondo, nel système belge, l’amicizia vale più di qualunque password.
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Fonti e Note:
[1] Anderlecht, coi sui 128,724 abitanti, è la settima città più popolata del Belgio.
Qui gli stranieri regolari rappresentano il 34,89% della popolazione. Se possono sembrare molti, occorre sapere che Anderlecht si trova solo al 16° posto nazionale. In questa graduatoria, è la cittadina di Elsene a primeggiare col 51% degli abitanti stranieri compessivi. Anche Etterberk (49,8%), Saint-Gillis (49,4%) e Sint-Josse-ten-Node (46,1%) hanno una popolazione circa equamente divisa tra stranieri e … indigeni belgi.
Tuttavia la media nazionale di stranieri si arresta al 13,8% (Italia: 8,91%; Sicilia: 4,10%).
Una precisazione: stranieri non vuol dire extracomunitari. Solo il 12,56% degli stranieri che vivono ad Anderlechet, ad esempio, sono extracomunitari (record a Saint-Josse-ten-Node con il 17,90%, Fonte StatBel). Gli altri sono francesi, italiani, spagnoli, greci, etc.
Anderlecht, tuttavia, ha una popolazione giovane record: l’età media degli abitanti, infatti, è di 36 anni (3° posto in Belgio per abitanti d’età inferiore ai 15 anni, ed ha il 3° posto nazionale per tasso di natalità). Gli over 65 rappresentano appena il 12% degli abitanti complessivi.
[2] – “Cureghem, quartiere popolare di Anderlecht, soffre di una reputazione negativa, alimentata dai media, dalla politica e dalla società che lo descrivono come un luogo pericoloso, sporco e segnato dalla criminalità. Queste percezioni si cristallizzano attorno ai giovani del quartiere, spesso indicati come responsabili dei disordini sociali e del conseguente senso di insicurezza”, lamenta un Comitato, il “Fronte delle madri” che lamenta la discriminazione e la violenza subita dai loro figli da parte della polizia.
Eppure è vero che a Cureghem, a febbraio, delle persone sono sbucate dalla stazione della Metro di Clemenceau armati di Kalashnikov, dei fucili mitragliatori, e han fatto fuoco.
E’ qui che 23 colpi sono stati sparati, sempre in febbraio, contro una vetrina.
Altri scontri, delle vere e proprie rivolte popolari, sono accadute in passato, l’ultima durante il Covid.

in effetti sembra che i problemi di burocrazia e ingarbugliamento legale siano veramente casa comune in UE.Curiosamente però,a quanto si legge, sembrano risolversi con una sorta di solidarietà silenziosa,la “amicizia” per aiuto in questi casi.Una cosa però è positiva.La libertà di stampa e in qualche modo anche di impresa per quanto riguarda la Press ed editoria,da prendere ad esempio per vari paesi,in primis l’Italia.I quartieri periferici per gli stranieri e relativi problemi:ma questa è purtroppo anche casa comune UE