CPR Trapani, NoBorder: un posto disumano

Erano circa in settanta ieri, a Trapani, davanti al CPR (Centro per il Rimpatrio) di Trapani-Milo: da un lato per contestare l’esistenza della struttura, dall’altro per portare solidarietà al centinaio di prigionieri “amministrativi” lì reclusi. Venivano da Palermo e, qualcuno, dalla provincia di Trapani. Dal capoluogo, invece, pochissimi. La città, al solito, è lontana da ogni palpito di solidarietà verso il prossimo.
Gli attivisti NoBorder, all’esterno, si sono subito messi in contatto con i prigionieri: battendo le grate della recinzione, chiamandoli. I reclusi hanno risposto battendo i box di ferro e cemento in cui sono inscatolati, urlando a loro volta: “Questo è un posto disumano”. Tutti insieme hanno inscenato un breve coro: “Libertà”.
Il presidio è scattato dopo la denuncia del sito Mem.Med.: «A Milo le persone detenute hanno comunicato quattro tentativi di suicidio, atti di autolesionismo gravi, e l’inizio di uno sciopero della fame» [1].
«Le ragioni che hanno spinto le persone a protestare sono molteplici e ben note: i tempi di trattenimento infiniti, la mancanza di assistenza sanitaria – a fronte di gravi situazioni di disagio fisico e psicologico – e le condizioni generali del centro» [2].
La Rete siciliana contro il confinamento afferma, in proposito: «Lo Stato italiano e il suo governo sono i principali responsabili delle diverse forme di tortura che avvengono ogni giorno nei CPR. L’ente gestore del centro di Milo, la cooperativa Officine Sociali, ne è facilitatrice e connivente» [2].

CPR Trapani, NoBorder: lo Stato disumanizza i prigionieri
La denuncia dei NoBorder, pochi giorni fa: «Le forme di detenzione, che siano amministrative o penali, riproducono violenza e privazione, e hanno come scopo tumulare, reprimere e rendere invisibili i corpi dellx reclusx» [3].
In particolare: «Le grate, il poco cibo che passa solo dalla finestrella, l’isolamento di fatto – tra privazione di telefonate e visite, e l’inarrivabilità studiata di pezzi dell’umanità e del calore del mondo di fuori – l’aria che può essere condivisa solo con quellx della tua sezione, l’essere in balia della celere, sempre presente. Tutto questo permette anche di capire meglio perché chi arriva al CPR dal carcere dice che era meglio il carcere» [3].
Gli attivisti denunciano anche «rappresaglie feroci quando alcuni video sono comunque riusciti a uscire, mostrando la brutalità dei pestaggi che le forze dell’ordine attuano lì dentro» [3].
Ecco il video, uscito dal CPR di Trapani-Milo, che mostra le condizioni di vita di persone che non hanno commesso alcun reato, ma che vengono detenute fino a 18 mesi solo perché prive di documenti.
Anche il sito MeltingPot [4] ha ripubblicato alcune delle rare testimonianze filtrate da dentro il CPR di Trapani.
La situazione al CPR di Trapani, peraltro, è nota. Ne abbiamo già scritto qui: “Il CPR di Trapani alla periferia della civiltà: rivolte e repressione“, ad inizio del 2024.
Ma la condizione di chi vive nei CPR è generalizzata, vedi Milano dove è stato pubblicato un dossier a cura dell’associazione Naga, così come sono generalizzate le proteste contro questi strumenti razzisti di tortura, da Trapani a … Bolzano (“Bolzano dice “no ai CPR” e al ricatto soldi contro libertà” del 2023).
CPR, Giulio Cavalli: CPR buco nero giuridico
Giulio Cavalli, su Lettera 43 [5], spiega: «Il Garante Nazionale lo ha detto chiaramente: i CPR non servono alla gestione delle migrazioni, ma a rassicurare l’opinione pubblica punendo la libertà di movimento».
«I CPR operano fuori dalla Costituzione – aggiunge –. L’articolo 13 prevede che ogni limitazione della libertà personale sia regolata da una legge chiara e approvata dal Parlamento. Invece, le regole nei CPR sono fissate da regolamenti ministeriali e capitolati d’appalto, senza alcun controllo democratico. Questo vuoto normativo è ciò che trasforma i CPR in buchi neri giuridici».
Cavalli, riprendendo anche lui le denunce dei NoBorder, scrive: «L’uso sistematico di psicofarmaci come contenimento chimico e i ritardi nei soccorsi medici (un’ambulanza arrivata 90 minuti dopo un tentato suicidio) non sono incidenti, ma conseguenze logiche di un modello privatizzato che disumanizza per contratto».
Per la Rete siciliana contro il confinamento, quindi, la soluzione non può che essere una: «Il CPR di Milo, come tutti gli altri, deve essere chiuso adesso, e tutte le persone detenute all’interno devono essere liberate!!» [2].

—
Fonti e Note:
[1] Mem. Med. – Memorie Mediterranee, 22 giugno 2025, “21 giugno 2025”.
[2] Mem. Med., 27 giugno 2025, “Ancora violenza nel CPR di Milo”.
[3] Sicilia No Border, 27 giugno 2025, “Il CPR di Trapani-Milo e’ peggio di un canile”.
[4] MeltingPot, 24 giugno 2025, “«Questa è Guantanamo»: gravi episodi nei CPR di Trapani e Caltanissetta”.
[5] Lettera 43, 28 giugno 2025, Giulio Cavalli, “Fuori legge: perché i Cpr devono essere smantellati”.
Commenti più recenti