Ergastolo, il silenzio della sinistra

«Il voto unanime espresso dal Senato a favore dell’ergastolo per i casi di femminicidio, questo reato nuovo colpito con una pena vecchia, chiarisce quanto abissale sia diventata la distanza tra le culture dell’Italia repubblicana e le visioni che prevalgono nel momento populista da alcuni decenni trionfante».
È questo il giudizio tagliente di Michele Prospero, filosofo e docente alla Sapienza di Roma, pubblicato su L’Unità [1].
Parole che riaprono – almeno un poco – il dibattito
- sull’ergastolo,
- sul 41bis,
- e sull’isolamento carcerario.
Un tema che oggi sembra tabù, sepolto sotto un populismo penale che chiama “giustizia” la vendetta.
Due sono i punti fondamentali da cui ripartire, al di fuori degli slogan:
- L’articolo 13 della Costituzione: “È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà”.
- L’articolo 27: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte”.
Ergastolo: quando il PCI (e non solo) propose l’abrogazione
I Padri Costituenti lo avevano capito: l’ergastolo è una forma di morte, lenta e civile, ma comunque una morte.
Palmiro Togliatti (PCI), già nel 1946, diceva [2]:
«La pena dell’ergastolo, essendo altrettanto inumana quanto la pena di morte, dovrebbe essere parimenti soppressa».
Non era solo. Anche Roberto Lucifero d’Aprigliano, monarchico-liberale, riconosceva il valore di «umanità» nella proposta di Togliatti. E aggiungeva:
«Non credo affatto al potere inibitorio della pena per chi, per temperamento o particolare stato dell’animo, è portato a commettere certi delitti».
Il socialista Pietro Mancini andava oltre:
«Quando si verificano delitti così gravi che esorbitano i limiti dell’umanità, vi è sempre in chi li commette un fondo di malattia e di anormalità […] che non può essere colpito così inumanamente».
E ancora: «La pena non ha efficacia intimidatrice: tanto è vero che il maggior numero di delitti si verifica proprio nelle nazioni dove è prevista la pena di morte».
Secondo lui, «30 anni di privazione della libertà sono più che sufficienti per soddisfare le esigenze del delitto».
Mancini sottolineava un punto cruciale:
«L’ergastolo porta con sé la segregazione cellulare [cioè l’isolamento, N.d.R.] che nessuno può sopportare senza avere momenti di oscuramento mentale».
Lucifero era d’accordo:
«Bisognerebbe vietare la segregazione cellulare perché è inumana».
Ma il presidente della Sottocommissione, Umberto Tupini (DC), si opponeva:
«l’abolizione della pena dell’ergastolo potrebbe essere un incentivo a commettere delitti efferati, essendosi soppressa l’unica pena, quella di morte, capace di incutere paura ai grandi criminali».
Anche Umberto Merlin (DC) era netto: «la gente vuole la soddisfazione di sapere che chi ha commesso un delitto orrendo non uscirà mai più dal carcere» [3].
La logica non è giuridica, è vendicativa.
Tupini e Merlin, senza dirlo apertamente, ammettono che l’ergastolo è un sostituto della pena di morte.
E la sua difesa ha sempre avuto un sottofondo populista.
Il 25 gennaio 1947, in plenaria all’Assemblea Costituente, due comunisti – Umberto Nobile (il famoso esploratore del 1926 del polo Nord col dirigibile Norge) e Umberto Terracini – tornano sull’ergastolo.
Propongono che «le pene restrittive della libertà personale non potranno superare la durata di quindici anni» [4].
«È una proposta rivoluzionaria», ammette Nobile.
Terracini rincara: «Basterebbe visitare una Casa Penale per constatare che le persone rinchiuse, dopo vent’anni, sono completamente abbrutite»
Anche l’avvocato siciliano Ottavio Mastrojanni, del Fronte dell’Uomo Qualunque, li sostiene:
«La personalità umana, a contatto con ambienti tristi, si corrode, si disgrega».
E afferma che La Costituzione «è il posto giusto per fissare un limite massimo entro il quale la libertà privata può essere tolta».
Ma la proposta viene respinta. Il carcere resta un buco nero dove gettare i poveracci.
1981: i radicali provano col referendum ad abrogare l’ergastolo
Nel 1981 i Radicali chiedono l’abrogazione dell’ergastolo con un referendum.
Il 77,37% vota contro. Ma oltre 7 milioni di italiani votano sì [5]. Non è poco.
Ernesto Galli della Loggia, intervistato da Radio Radicale, dice:
il referendum sull’ergastolo è «in sostanza, un referendum sulla pena di morte perché l’ergastolo è una pena di morte senza spargimento di sangue. Una morte civile. Un rispetto solo formale della vita biologica» [6].
Prospero ricorda che in quel periodo «i fascisti [MSI, N.d.R.] cavalcavano le passioni forcaiole del pubblico e vedevano la prigione come la soddisfazione dello spirito di vendetta» [1].
L’abrogazione dell’ergastolo nel programma di Potere al Popolo!
L’ultima volta che qualcuno ha proposto l’abolizione dell’ergastolo (e del 41bis) è stato nel 2018.
Era nel programma di Potere al Popolo [7], cartello elettorale che aggregava Rifondazione Comunista, PCI e Centri Sociali.
Da allora, il silenzio. Anche a sinistra.
Fonti e Note:
[1] L’Unità, 1 agosto 2025, Michele Prospero, “Quando la sinistra voleva cancellare l’ergastolo, il sì del Pci al referendum radicale”.
[2] Camera dei Deputati, 10 dicembre 1946, “Assemblea Costituente – Prima Sottocommissione – Resoconto sommario della seduta”.
[3] Umberto Merlin fu tra i fondatori del Partito Popolare Italiano con Luigi Sturzo e Alcide De Gasperi, ma fu pure sottosegretario nel primo governo Mussolini (1922-1923).
[4] Camera dei Deputati, 25 gennaio 1947, “Assemblea Costituente – Adunanza Plenaria”.
La proposta Nobile-Terracini iniziava così:
«Le pene e la loro esecuzione non possono essere lesive della dignità umana.
Esse devono avere come fine precipuo la rieducazione del condannato allo scopo di farne un elemento utile alla società».
Tuttavia prevedeva anche che «la pena di morte sarà ammessa solo nei Codici Militari, in guerra, e per omicidi efferati che sollevino la pubblica indignazione».
[5] Wikipedia, “Referendum abrogativi in Italia del 1981”.
[6] Radio Radicale, 24 marzo 1981, “Il referendum abrogativo dell’ergastolo” [AUDIO].
[7] Potere al Popolo, elezioni politiche 4 marzo 2018, “Programma elettorale”.
L’obiettivo dell’abolizione dell’ergastolo e del 41 bis è confermato nell’edizione 2025 del Programma di Potere al Popolo!

Visto che viviamo in un periodo politico di destra è abbastanza logico che l’ergastolo sia considerato una pena giusta per il femminicidio altro problema socialmente in aumento. É logico che se esistessero tutti i servizi di supporto per le persone che possano seguire e aiutare e percui anche prevenire forse potremmo parlare di abolizione dell’ergastolo. Purtroppo negli anni sono stati aboliti invece tutti i servizi alla persona, non ci sono più consultori nei quartieri, le associazioni che tutelano le donne non vengono supportate, nemmeno il progetto uomini maltrattati é stato inserito in un nuovo modello di sanità pubblica, non ci sono più psicologi negli ospedali che dire:ci rimane giusto l’ergastolo!!!
In un sistema di governo veramente democratico e progressista, in merito al sistema di giustizia delle Colpe e delle Pene, dovrebbe impegnarsi a risolvere preventivamente che i fatti e i crimini delittuosi avvengono con politiche Sociali che eliminano le tante cause che inducono al crimine.
Tutte le forme di punizione devono rispettare la dignità delle persone e avere una funzione di recupero alla società civile del condannato.
L’ergastolo, quale atto di MORTE CIVILE DEL CONDANNATO VA ABOLITO.
Sono d’accordo con un efficace miglioramento dello stile di vita dei carcerati dentro le carceri italiane.
Per quanto riguarda l’ergastolo per i crimini più efferati lo lascerei.
È sempre difficile attribuire una pena per un delitto di ogni genere!
Molti sono i fattori che influenzano questa decisione:
Un parente desidererebbe vendetta se colpito è un proprio caro
Un religioso invocherebbe il perdono
Un giusto cercherebbe la riabilitazione
C’è chi guarderebbe l’etnia… e così via!
La cosa è resa ancor più difficile nello stabilire chi deve giudicare! Siamo sicuri che sia libero da ogni pregiudizio?
Un esempio un/una giudicante ha avuto la sorella vittima di femminicidio, avrà la capacità di giudicare serenamente un caso analogo?
Oppure
Un razzista convinto deve giudicare fra due sospettati, uno biondo occhi azzurri e l’altro di tipica etnia africana… cosa deciderà?
Questi sono i miei dubbi!
Poi si aggiunge che tutto ciò è subordinato a decisioni politiche, e li siamo veramente messi male!
Mi dispiace ma io per i reati contro l’umanità e con certezza di pena sono a favore dell’ergastolo, quindi ti faccio un favore a non commentare.
Mi dispiace invece per i carceri sovraffollati, per i diritti negati ai carcerati, per il fatto che in Italia non vengono rieducati tanto è vero che una volta fuori tornano a delinquere.
La delinquenza non è solo un fattore ambientale. È genetica.
Non credo alla “genetica”, AnnaMaria. Ma all’ambiente sociale e culturale. Come viene rieducato alla società, che vuol dire amare la società, se vien trattato da merda nel carcere? Odierà la società ogni giorno per l’intera pena.
Ma infatti il punto è proprio questo: il carcere dovrebbe essere un luogo per educare i detenuti.
Ma da chi sono detenuti? Dallo stato. E che ti aspetti il miracolo?
Non avverrà mai specialmente fin quando le guardie si girano di spalle se c’è una rissa (raccontato da ex detenuto) se non cambia il sistema poco conta se fai 10 anni o 30 (l’ergastolo ad vitam) non c’è più.
Deve cambiare il modo di trattare il detenuto. Perché li dentro se non hai denaro, mangi schifo tutti i i giorni.
Ecco che poi si crea la solidarietà tra detenuti e una volta fuori…. sappiamo cosa succede.
Basterebbe semplicemente mandarli a lavorare ovviamente con la cavigliera.
Ovviamente ogni caso è a se.. se uno psicopatico uccide una persona con 33 coltellate merita le cure psichiatriche ed è ovvio che non può stare con gli altri.
Spiegami come entra la droga in carcere, e le armi. Si chiama corruzione e u pisci feti ra tiesta…. è delicato come argomento da ragazza l’ho pubblicamente affrontato e mj hanno messa a tacere.
Se raggiungiamo un gruppo di almeno 500 persone che sono attive e consapevoli allora è più semplice far sentire le nostre voci. Ma con recta ratio e nei limiti di legge perché io il carcere per cazzate non ho intenzione di farlo.
Detto questo concordo che il sistema carcerario fa schifo ma forse bisognerebbe portare il pensiero agli onorevoli parlamentari.
L’ ergastolo non esiste più, tranne che per cosa nostra gli adepti. E manco, perché se ti dissoci, dopo 25anni si esce.
A me risultano circa 1.000 ergastolani in Italia, secondo i dati del Ministero della Giustizia. In ogni caso, a maggior ragione se fosse vera la tua asserzione, un buon motivo per abolirlo formalmente non credi? Quanto mettiamo come pena massima, secondo te? 30 anni, 25, o 15 con suggeriva l’esploratore comunista Umberto Nobile?
Non è più tempo di restrizioni, i mezzi dei quali si avvale il terzo millennio e la cultura che guarda al futuro, non possono più attenzionare le “purghe”.
La repressione, la segregazione, l’isolamento e la detenzione in condizioni disumane, sono quanto di più aberrante la nostra società possa proporre. Scuole, Servizi Sociali, fonti di assistenza, e cure mediche (ove son necessarie) potenziati darebbero alla società mezzi e sostegno adeguati.
Formazione non soffocamento dell’individuo.
Mi rendo conto però, che tutto ciò ha un costo e che la destra e parte della sinistra, volgono attenzione e cura alle armi.
Quindi è più semplice e molto meno costoso annientare l’individuo con le pene rigide e disumane, anziché attivare specifici percorsi educativi.
Anche il carcere costa, Cristoforo: 3,2 miliardi annui perlopiù per pagare il personale di polizia. Poi ci sarebbe il costo della Magistratura e di tutta la macchina della Giustizia, dal poliziotti (8,3 miliardi annui) agli impiegati dei Tribunali, alle strutture, ai mezzi.
Mi è stato chiesto di lasciare un commento, e lo faccio con piacere, anche se ritengo di essere la persona meno adatta per questi argomenti.
Tuttavia bisogna a mio parere riflettere e definire con certezza prima di tutto, cosa è grave, meno grave e più grave, tutte misure che hanno sottili confini tra loro, ma comunque ci sono, per cui vanno rispettate.
Poi sarà il giudice a decidere, le opinioni dei lettori non possono in alcuni modo dare giudizi senza esperienza diretta e senza titoli come appunto un giudice immerso nelle vicende.
Comunque mi domando questa definizione di femminicidio esiste? O è solo un modo per enfatizzare alcuni episodi particolari? E poi se è una donna ad uccidere un’altra donna per medesimi motivi, ha senso definirlo femminicidio?
La definizione di FEMMINICIO, in sostanza, è: UCCIDERE PERCHE’ DONNA. Quindi come discriminante di genere. Il Giudice decide sulla base della “legge” e la “legge” la scrivono gli uomini (i partiti).
Purtroppo il “pensiero libero” arranca tra diverse difficoltà, stordito dal “pensiero condizionato” esercitato dalla politica fiacca ed opportunista.
Un tempo era frequente il “mi rimetto alla clemenza della Corte”, oggi sostituito con “ampia ed incondizionata fiducia nella magistratura”.
Ne consegue che se ai giudici si permette di stare nel gradino più alto del podio, allora è impossibile riflettere sulle pene inflitte da questi ultimi, e tan meno ipotizzare l’abolizione dell’ergastolo.
Ciò perché, durante il percorso formativo dell’eventuale legge di riforma, i giudici entrerebbero in gioco a gamba tesa, non limitandosi più all’applicazione delle leggi approvate dalle Camere, organismi politici, ma condizionandone la formulazione.
Allora devesi andare per gradi per ristabilire l’Ordine delle cose, da una parte il potere politico e dall’altro il potere giudiziario.
Punire, incarcerare, gettare la chiave, vendicare.
Questi sono ormai canoni giuridici perseguiti da chi si sente legittimato dal voto popolare a dare un seguito alle più elementari pulsioni che sgorgano dal profondo delle frustrazioni e del disagio sociale e psicologico.
Forse un approccio più ‘scientifico’ al tema della carcerazione a vita potrebbe magari farci convincere che l’inasprimento delle pene soddisfa solo le sensazioni più primordiali ma di certo non riduce né il numero né la gravità dei crimini.
Questo è tanto più vero nel caso del femminicidio o omicidio di genere per il quale esperienze già fatte (ad esempio in Messico) escludono che questo sia l’approccio da seguire mentre nel nostro paese ci si guarda bene dal seguire strade decisamente più virtuose e che hanno dato risultati molto positivi (vedi la legislazione spagnola, fondamentalmente basata sulla educazione e prevenzione piuttosto che sulla rigidità delle sanzioni).
Ma tant’è, ormai siamo immersi in questa informe richiesta di ‘risarcimenti sociali’ che proviene da tutte le parti, anche della cosiddetta sinistra spesso con toni giustizialisti se non apertamente forcaioli.
D’altronde gli innumerevoli suicidi in Carcere stanno a testimoniare che la pena di morte è già stata introdotta de facto, conseguenza della più totale soppressione dei fondamentali diritti della persona in regimi detentivi più sordidi che ‘duri’.
Come Partito, conosciamo bene i precedenti cui fate riferimento dunque abbiamo continuato l’ elaborazione di un programma garantista e contro il panpenalismo.
Sull’esecuzione penale, inoltre, abbiamo scritto quella parte di programma nelle elezioni politiche in cui ci siamo presentati con il cartello elettorale PaP.
Il Responsabile nazionale Giustizia/Istituzioni
io ci credo poco a rieducare un delinquente,ma poi …esiste l’ergastolo?da quello che si evince no,non esiste
Io credo che la congruità di una pena debba essere legata alla situazione del sistema carcerario vigente, che mi sembra sia disastroso.
Se la nostra costituzione prevede che il sistema sia * rieducativo * ritengo che il fine pena mai non possa esistere, in Italia per nostra cultura deficitaria, si rincorrono sempre le emergenze in ogni dove.
Il sistema giustizia va rivisto complessivamente interventi in singoli settori slegati da una visione complessiva sono controproducenti e spesso creano disparità non degni di Vera giustizia.
Grazie Gero per il contributo. Sulla tua stessa linea: « i risultati conseguiti dall’istituzione penitenziaria sono esattamente l’opposto di quelli previsti. La forma moderata di vendetta “civile” uccide, in senso figurato, il nemico del singolo cittadino, ma genera, al suo posto, il nemico della società»; « nessuna pena, per quanto severa, potrà risolvere il problema del crimine finché le attuali condizioni, dentro e fuori il carcere, continueranno a trascinare gli uomini verso il delitto » (“Le prigioni e il crimine” (1906), Alexandr Berkman).
Premesso che La certezza della pena così come La Rieducazione debbano essere capisaldi giuridici di uno Stato liberale e democratico resta il fatto che Ormai da tempo il nostro paese introduce norme per rispettare la pancia degli elettori, così viene introdotto un ulteriore tipologia di reato con comminazione dellergastolo per seguire l’onda emotiva mediatica dei femminicidi dove già era stato introdotto un rigido sistema preventivo cd. “Bottone rosso” che magari tra qualche decennio scopriremo sia stato usato eccessivamente se Non abusivamente per limitare sempre di più la libertà delle persone!
L’ergastolo non va cancellato ma va comminato solo in casi eccezionali e per delitti efferati e di sicurezza generale della comunità paese ma comunque ad esso devono essere previste situazioni premiali legate alla condotta ed al Reinserimento che possono trasformare in corso d’opera l’ergastolo in pene ultra-decennali.
Quanto alla sinistra italiana .. anch’essa non si sottrae alla magia Elettorale delle statistiche
Premesso che bisogna sempre cercare di prevenire i reati educando gli individui nel rispetto delle regole, del vivere civile e delle norme sociali, le pene per chi calpesta i diritti degli altri devono sempre esserci e l’ergastolo previsto per gli omicidi intenzionali di genere o meno a mio avviso è sempre giusto e va applicato, perché è giusto ricordare che uccidendo un altro essere umano lo si priva della cosa più preziosa che un individuo possa avere, la vita stessa.
Levitico 24,19-20:
“Quando uno fa una lesione al suo prossimo, si farà a lui ciò che egli ha fatto all’altro: frattura per frattura, occhio per occhio, dente per dente; si farà a lui la stessa lesione che egli ha fatto all’altro”.
Quindi condividi la “legge del taglione” cristiana …
La pena dell’ ergastolo non è assolutamente risolutiva per la lotta contro i femminicidi.
In questo momento la destra fascista ha usato in modo strumentale e securitario la proposta, accettata dall’intero arco costituzionale, anche’esso interessato al consenso e a rincorrere la maggioranza!
La pena supera in pubblicità la ricerca delle cause dei femminicidi, per una reale prevenzione, per un riconoscimento del patriarcato come essenziale artefice della violenza sulle donne.
Certo abbiamo bisogno della certezza delle pena proporzionate alla efferatezza dei delitti.
Ma abbiamo bisogno di riconoscere nelle relazioni la prevaricazione patriarcale, violenta, crudele degli uomini nei confronti delle proprie compagne. Abbiamo bisogno di ripartire da una educazione paritaria alla affettività.
Noi come PRC da sempre siamo contrari all’ergastolo.
Questo non esclude la ricerca di ogni mezzo autorevole, educativo, giuridico, politico che ostacoli senza indulgenza la proliferazione della mentalità patriarcale.
Questa testimonianza rispetto al dibattito che si tenne in Assemblea Costituente ci induce sicuramente a riflettere e travolge anche quello che sono nostre convinzioni che magari travalicano le divisioni politiche, perché ci interrogano nel profondo.
Scrivere una legge, per attenerci alla questione attuale, sulla base delle intenzioni potenziali del carnefice e con deboli elementi di circostanza, perché nei contesti familiari, vedi il caso recente di Alessandro Venier, possono svilupparsi delitti efferati anche a danni di uomini, diventa una panacea populista a solo a mitigare l’esigenza di vendetta, e rientra pienamente in quella logica inerente la pena di morte e l’ergastolo che si affronta nell’articolo.
Non risolve né risolverà il problema, certamente ci vuole la pena perché annullare o rendere ridicole le pene porta si a un disincentivo, ma occorre trovare un punto di equilibrio e non andare nell’esatto opposto della deriva, in quanto non si otterrà più quell’effetto perché chi commette quegli atti oltre un certo livello di minaccia potenziale li commette perché vi sono altri problemi, fino anche ad arrivare ad accettare che esiste il male inspiegabile nell’essere umano.
Quello che si vede con questa legge è una discriminazione costituzionale e vedrete che nei prossimi anni qualche avvocato che difenderà qualche altro criminale si appellerà proprio a questo tipo di considerazione, e vedremo cosa succederà se questa legge verrà giudicata incostituzionale…
Sinceramente non mi trovo d’accordo, sarà anche che queste persone che commettono crimini “inumani” siano malate ma fanno comunque parte della società e in alcuni casi buttare le chiavi di una cella è l’unico modo per portare giustizia ad una famiglia.
Per me non è una forma di vendetta ma è la giusta punizione per chi toglie una vita quella di non avere indietro nemmeno la sua appena viene preso.
Capisco il senso di quello che dite ma sono del parere che alcune persone non possano nemmeno essere definite tali e inoltre in Italia puoi comunque uscire dal carcere con un ergastolo normale, se un giudice ti condanna ad un ostativo confido sia la soluzione migliore per il resto delle persone appartenenti allo Stato.
L’ ergastolo, così come il 41 Bis, ciascuno nelle sue proprie specificità, sono degli istituti penali dal sapore feudale, non dissimilmente dalla “pena di morte”. Quelli a cui sono indirizzati sono i “nemici del regno”, o dello Stato, e della Società. Non c’è alcunché di riabilitativo nel carcere, che dovrebbe essere abolito in quanto tale. Bisognerebbe pensare a strumenti ed istituti di “penalità” alternativa.