Livorno in piazza contro la guerra: stop a morti e devastazioni

LIVORNO – Il 24 febbraio 2025, in via Grande a Livorno, circa quaranta persone si sono riunite per commemorare il terzo anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina. Nonostante fosse un giorno lavorativo e le condizioni meteorologiche fossero avverse, il Coordinamento Antimilitarista Livornese ha organizzato l’evento per sottolineare come l’invasione abbia trasformato un conflitto regionale, iniziato nel 2014, in una guerra totale.
All’iniziativa hanno partecipato diverse realtà politiche, sindacali e sociali, tra cui la Rete Livornese contro le Guerre, il Coordinamento Regionale Toscano Salute Ambiente Sanità, il Movimento Non Violento, l’Osservatorio contro la Militarizzazione delle Scuole e i portuali del G.A.P. Livorno.
La guerra in Ucraina: 300.000 morti, danni climatici devastanti
Durante il presidio, è stato ricordato che, mentre i leader europei contestano l’intervento del presidente americano Donald Trump [1] volto a individuare una soluzione politica al conflitto, centinaia di migliaia di persone sono morte e muoiono su entrambi i fronti.
In particolare per quanto riguarda le truppe russe, riporta il quotidiano Avvenire [2] «la conta dei morti effettuata da un’agenzia stampa indipendente russa, Mediazona, in collaborazione con la Bbc arriva a 95.323. Ma potrebbero essere molte di più arrivando a sfiorare quota 200.000». In merito alle perdite ucraine, invece, «il settimanale britannico The Economist – riporta Avvenire – segnalava perdite comprese tra 60.000 e 100.000 militari, con oltre 400.000 soldati gravemente feriti tanto da non poter continuare a combattere».
La somma condurrebbe ad un totale di 300.000 morti tra i militati di entrambi i fronti. Numeri ai quali si dovrebbero aggiungere quelle dei civili: «Secondo le Nazioni Unite le vittime civili sarebbero al momento 12.340».
Oltre alle devastanti perdite umane, il conflitto ha causato gravi danni ambientali. «Secondo un rapporto dell’Iniziativa alla contabilità per i gas serra di guerra (IGGAW) – precisa EcoNews [3] -, il conflitto ha generato 229,7 milioni di tonnellate di CO2 equivalente (CO2eq), una cifra paragonabile alle emissioni annuali combinate di Austria, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia, o quelle prodotte da 120 milioni di automobili in un anno». Numeri generati dall’uso di proiettili di artiglieria altamente inquinanti, dagli incendi boschivi causati dai colpi sparati («l’area bruciata nel 2024 ha raggiunto 92.100 ettari, più del doppio della media annuale dei primi due anni di guerra»), dalla ricostruzione di infrastrutture ed edifici distrutti.
La denuncia e le richieste del Coordinamento Antimilitarista Livornese
Il Coordinamento, attraverso un volantino distribuito ai passanti, ha evidenziato un aspetto spesso trascurato: «l’Italia è direttamente coinvolta nella guerra. Nel contesto degli interventi della NATO e dell’UE, il Paese ha già speso quasi 20 miliardi di euro tra finanziamenti diretti e contributi al fondo europeo a sostegno del governo di Kiev. Inoltre, migliaia di militari italiani e centinaia di mezzi sono schierati nell’Europa orientale». Questi 20 miliardi sono stati sottratti a settori cruciali come sanità, istruzione e servizi sociali, e destinati all’obiettivo di una vittoria militare a ogni costo.
I manifestanti hanno contestato allo Stato italiano, tra l’altro:
- «le missioni militari e le politiche di riarmo;
- l’aumento delle spese militari e il taglio delle spese sociali;
- le basi militari, i poligoni e gli hub logistici della guerra;
- la produzione, il commercio e il trasporto di armi e materiale bellico;
- la propaganda bellicista e militarista nelle scuole e nelle università;
- la repressione del dissenso e la censura;
- ogni forma di imperialismo».
Nel corso degli interventi, è stato espresso «sostegno ai lavoratori dei trasporti», come ferrovieri e portuali, che rifiutano di essere complici della guerra e cercano di impedire il trasporto di armi destinate ai teatri di conflitto in Palestina o Ucraina. Inoltre, è stata manifestata solidarietà ai disertori di tutte le guerre e di tutti i fronti.
Perché una guerra in Europa: violati gli accordi Nato-Russia del 1991
È fondamentale ricordare che il conflitto in Ucraina è stato preceduto da due accordi di cessate il fuoco: il Protocollo di Minsk I, firmato il 5 settembre 2014, e il Protocollo di Minsk II, sottoscritto l’11 febbraio 2015. Questi accordi, mediati da Ucraina, Russia, Francia e Germania, miravano a porre fine alle ostilità nel Donbass, la regione separatista filo-russa dell’Ucraina orientale. Tuttavia, la loro attuazione è stata compromessa dalla mancanza di impegno concreto da parte delle parti coinvolte [4].
Inoltre, l’espansione della NATO verso est è stata percepita da alcuni come una violazione di promesse fatte negli anni ’90. Documenti desecretati rivelano che, durante i colloqui del 1991, funzionari occidentali discussero della non espansione della giurisdizione della NATO a est, in particolare in relazione alla riunificazione tedesca. Nonostante ciò, negli anni successivi, l’Alleanza Atlantica ha accolto numerosi paesi dell’Europa orientale, alimentando tensioni con la Russia [5].
Le repressioni poliziesche contro le proteste contro la guerra
È importante evidenziare come, in Italia, le manifestazioni pacifiste e le proteste contro il trasporto di armi siano spesso oggetto di repressione da parte delle autorità. In diverse occasioni, manifestanti non violenti sono stati affrontati con presidi di polizia in tenuta anti-sommossa, sanzioni giudiziarie e misure cautelari sproporzionate, nel tentativo di scoraggiare il dissenso.
Un esempio significativo riguarda i portuali di Genova, che hanno più volte manifestato contro il transito di armamenti attraverso il porto. Il 31 marzo 2022, i lavoratori hanno indetto uno sciopero di 24 ore per opporsi all’arrivo di una nave della flotta Bahri, nota per il trasporto di armamenti. Nonostante l’adesione massiccia e il blocco al varco di Ponte Etiopia, le autorità hanno spesso risposto con indagini e pressioni sui manifestanti. Analogamente, il 25 febbraio 2023, il Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali (CALP) di Genova ha organizzato una manifestazione contro il transito di armi destinate a Israele.
Ci si aspettava che svolgesse indagini in merito ad un traffico che violerebbe il Trattato internazionale sul commercio delle armi (Att) e la legge 185/90. «Le indagini sono partite, ma non nella direzione immaginata: cinque portuali del CALP, tra cui uno dei suoi protagonisti, Riccardo Rudino, sono stati indagati per associazione a delinquere, resistenza e attentato alla sicurezza pubblica dei trasporti» [6].
«Il risultato è che a sostenere senza ambiguità il CALP – spiega L‘Espresso [6] – c’è un pubblico ristretto: Usb, Emergency, Amnesty International, Sea watch, Potere al Popolo, sigle con falce e martello, Zerocalcare, il coordinamento Genova Antifascista, il mondo anarchico genovese e le Rete italiana pace e disarmo con associazioni di cattolici, scout, pacifisti e ambientalisti».
È fondamentale, invece, che l’opinione pubblica prenda coscienza dell’enorme costo di questo conflitto e si mobiliti per promuovere la pace e la giustizia, opponendosi agli interessi dell’industria bellica e alle politiche militariste che sacrificano vite umane, l’ambiente e consumano enormi risorse finanziarie pubbliche.
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Fonti e Note:
[1] EuroNews, 20 febbraio 2025, “Unione europea, le reazioni dei leader ai commenti di Trump su Zelensky”.
«L’incontro a Riyadh ha segnato un cambiamento profondo nelle relazioni tra Stati Uniti e Russia, dove le due parti hanno concordato di ripristinare le relazioni dopo tre anni di sforzi guidati dagli Stati Uniti per isolare la Russia. Dopo l’incontro, Trump ha rilasciato una serie di commenti in cui sembrava incolpare l’Ucraina per l’invasione su larga scala da parte di Mosca».
[2] Avvenire, 25 febbraio 2025, “Tre anni di guerra in Ucraina hanno fatto oltre 300mila morti”.
[3] EcoNews, 24 febbraio 2025, “El devastador impacto ambiental de la guerra en Ucrania: 230 millones de toneladas de CO2 en tres años”.
[4] Il Giornale d’Italia, 25 febbraio 2022, “Cosa sono gli accordi di Minsk, perchè sono stati violati e chi non li ha rispettati”.
[5] Corriere del Ticino, 21 febbraio 2022, “Il caso: Putin ha ragione: la NATO aveva promesso di non espandersi”.
«Il settimanale tedesco Der Spiegel interviene a gamba tesa sul botta e risposta a distanza tra il presidente russo e il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg con uno scoop che sembra smentire la tesi dell’Alleanza secondo la quale, dopo la caduta del Muro di Berlino, mai sono state fatte promesse all’allora URSS sul fatto che la NATO non si sarebbe espansa a est. Affermazioni che Mosca ha rimandato al mittente dicendosi «imbrogliata e ingannata». Tra i documenti, scovati nei British National Archives di Londra dal politologo americano Josh Shifrinson, ce n’è uno in particolare datato 6 marzo 1991 che riferisce dei colloqui tra funzionari statunitensi, francesi, britannici e tedeschi sull’impegno a non espandersi in Polonia e oltre. Il documento contiene molteplici riferimenti ai colloqui «2+4» sull’unificazione tedesca, con espliciti riferimenti al fatto che che la NATO non si sarebbe espansa a est. Comunque, da allora, Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Lituania, Lettonia ed Estonia sono entrate nell’Alleanza».
[6] L’Espresso, gennaio 2022, Massimiliano Salvo, “I portuali di Genova lottano contro le navi della armi. Ma sono stati lasciati soli”.
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