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Mafia

Antonino Vaccarino, misteri della vita e della morte

26 Maggio 2021 by Nicolo' Gebbia Lascia un commento

Prima se n’è andato Francesco Di Carlo, a mio parere il collaborante più prezioso e genuino circa l’argomento Trattativa, anche perché le sue dichiarazioni furono rese scientemente senza trarne alcun interesse processuale.

Lui se l’è portato via il Coronavirus parigino, mentre il preside Vaccarino è stato eliminato [1] a Catanzaro.

Quando ero più giovane lo Stato soleva assassinare chi sapeva troppo facendolo precipitare in elicottero, e se mi leggete da tre anni sapete che ho iniziato ad esternare proprio raccontando per filo e per segno le stranezze relative ad un paio di quegli incidenti, e l’opportuna morte di qualche altro generale che aveva avuto l’ingenuità di farsi curare al Policlinico Militare del Celio.

Per il preside Vaccarino a poche ore dalla sua dipartita è già cominciato il processo di beatificazione, e viene dato per scontato che egli sia stato sempre vittima di clamorosi errori giudiziari quanto quello che portò in galera Enzo Tortora.

Io vorrei portare un po’ d’acqua al mulino di chi ha sempre nutrito riserve su di lui.

L’oscuro omicidio del sindaco di Castelvetrano Vito Lipari

Partiamo dall’accusa più antica, quella secondo la quale lui commissionò l’eliminazione di Vito Lipari [2] durante un convivio tenutosi presso il migliore ristorante di pesce mazarese.

Molti anni prima che lo raccontasse Vincenzo Calcara, quando il cadavere del sindaco Lipari era ancora caldo, questa era la tesi di Pietro Noto, uno dei più grandi investigatori di mafia mai esistiti che, fra l’altro, a Castelvetrano ci viveva e ci è morto da poco, perfettamente cosciente fino all’ultimo, malgrado quel certificato di demenza senile tanto facilmente accettato dal presidente del primo processo Trattativa, quello stesso che, appena cercai di parlare di logge massoniche, mi tappò la bocca e mi ha perpetuamente screditato nella sentenza, definendo la mia testimonianza come irricevibile per essere io patologicamente affetto da “personalità istrionica“.

Noto sosteneva allora che Lipari, in procinto di entrare a Montecitorio ( era morto il deputato del collegio in cui lui risultava primo fra i non eletti ), aveva sistemato la sua successione offrendo una fetta di potere e di sottopotere a tutti, maggioranza ed opposizione, con l’unica eccezione proprio di Vaccarino, perché l’odio fra i due era antico e di irragionevole potenza.

Vaccarino, Mori e la mancata cattura di Matteo Messina Denaro

C’è poi, molti anni dopo, la sua candidatura asserita a consentire la cattura di Matteo Messina Denaro da parte della Gestapo di Mario Mori, per la quale Vaccarino era la “fonte Svetonio” [3] disponibile, esattamente come Ilardo, ad avvicinare il latitante onde consentirne l’arresto.

Per Luigi Ilardo, nel ’95 a Mezzojuso, malgrado il satellite americano collegato alla sua cintura avesse appena ricevuto l’impulso che confermava la presenza di Provenzano, Mori decise che non c’erano tutte le condizioni ottimali, e rimandò sine die l’operazione.

Peccato che, nel frattempo, proprio dalla Gestapo di Caltanissetta trapelò l’indiscrezione che quell’uomo eroico ( lo definisco proprio così, perché agiva solo per lasciare ai suoi figli “un mondo migliore” ) si riproponeva la cattura di Provenzano, ed egli venne subito ucciso. Svetonio no.

Quando per un’incomprensione fra due procure tutti seppero del suo ruolo, cosa fece MMD invece che sopprimerlo? Gli mandò solo una lettera di contumelie, nella quale invocava sulla testa del traditore la punizione di Dio.

Dai teatrini dell’antimafia di maniera ai depistaggi di Stato

Quale prova migliore, a mio giudizio, che ci trovavamo di fronte ad uno di quei consueti teatrini dell’antimafia di maniera, in cui tutto è esattamente al contrario di come si vuol fare apparire?

Probabilmente a Catanzaro i poteri forti sono ancora più forti che non a Castelvetrano, e quindi si è pensato che fosse più semplice tappare definitivamente quella bocca proprio lì, invece che agli arresti domiciliari già concessigli.

Non a caso di recente è emerso il ruolo da regista avuto da Marco Mancini [4] nella sceneggiata del falso attentato mafioso al sindaco Scopelliti, ed abbiamo appreso anche la notizia più sconcertante di tutte, quella cioè che Mancini ha un insospettabile estimatore nella persona del procuratore Nicola Gratteri, il campione di tutte voi anime belle che considerate Peppino Impastato come il fratello minore di Falcone e Borsellino.

A Castelvetrano c’è però un’altra persona ancora che dovrebbe riguardarsi, perché per lui la vedo brutta, e parlo del Questore Michele Messineo [5].

–

Fonti e Note:

[1] Su Agenzia AGI, il 20 maggio 2021, nell’articolo “E’ morto Vaccarino, ex sindaco infiltrato dal Sisde per trovare Messina Denaro” è scritto:

« “Questo è un omicidio di Stato”, ha detto l’avvocato Baldassare Lauria, legale dell’ex sindaco di Castelvetrano. “A breve depositeremo una denuncia per omicidio colposo nei confronti dei responsabili, perché c’è stata una violazione del diritto di protezione della salute e dell’incolumità personale”, continua il legale, difensore di Vaccarino insieme con l’avvocato Giovanna Angelo. In più occasioni i legali di Vaccarino, preoccupati dalle sue condizioni di salute, avevano chiesto il trasferimento ai domiciliari, disposto dalla corte d’Appello soltanto dopo il suo ricovero all’ospedale di Catanzaro ».

[2] Il quotidiano TP24, il 13 agosto 2020, nell’articolo “Oggi il 40° anniversario dell’omicidio del sindaco di Castelvetrano Vito Lipari”, ricorda come:

« [Vito Lipari] tornato sulla poltrona di sindaco dall’ottobre 1978 all’aprile 1979, alle elezioni politiche del 3 giugno 1979 risultò primo dei non eletti alla Camera dei deputati nella lista DC nella circoscrizione Sicilia Occidentale, dove ottenne ben 46000 preferenze. Divenuto segretario provinciale della DC e nuovamente sindaco da appena un mese, venne assassinato il 13 agosto 1980, dopo essere uscito dalla sua casa di Triscina, a colpi di pistola tra cui quello di grazia alla testa. […] Nel 1992 il pentito castelvetranese Vincenzo Calcara si autoaccusò dell’omicidio di Lipari e rivelò che il mandante era l’allora consigliere comunale di Castelvetrano Antonino Vaccarino, perché “bramoso di divenire primo cittadino”, accusandolo anche di essere affiliato alla cosca di Castelvetrano, nella quale avrebbe ricoperto il ruolo di consigliere del boss Francesco Messina Denaro. Arrestato, Vaccarino fu poi assolto da quell’accusa, mentre Calcara fu ritenuto inattendibile. […] Le piste seguite per il delitto Lipari – Una conduceva ad un «segnale» (di morte) mandato dai boss di di Cosa Nostra alla “famiglia” degli esattori Salvo ai quali Lipari, esponente di punta della Dc, era «politicamente» legato. […] ».

[3] Su LiveSicilia, il 20 maggio 2021, nell’articolo “Firmato Svetonio: carteggio del mistero fra Vaccarino e Messina Denaro” :

« Su indicazione dei servizi segreti Vaccarino, alias Svetonio, ha attivato una corrispondenza epistolare con Matteo Messina Denaro, tramite il cognato del capomafia di Castelvetrano, Vincenzo Panicola. Il livello di confidenza è intimo. Vaccarino spiega che è stato incaricato di stanare il latitante, ma finisce di nuovo sotto inchiesta per mafia a Palermo ».

[4] Su Money.it, il 4 maggio 2021, nell’articolo “Chi è Marco Mancini, lo 007 filmato insieme a Matteo Renzi?”, si legge:

« Uscito indenne dal caso Abu Omar e dal procedimento Telecom grazie al segreto di Stato, di Marco Mancini adesso si è tornato a parlare dopo un servizio della popolare trasmissione di Rai Tre Report. Al centro della vicenda c’è un filmato, girato lo scorso 23 dicembre da una anonima cittadina presso un Autogrill a Fiano Romano, che riprende l’agente segreto colloquiare per quaranta minuti con Matteo Renzi ».

[5] Su Il Circolaccio, il 13 dicembre 2017, nell’articolo “Fra stragi e falsi pentiti. La strana storia del vicequestore Michele Messineo”, si ricorda

« la vicenda dell’anfora, che si vuole sia stata trafugata dall’allora capomafia di Trapani, Francesco Messina Denaro, e che sarebbe poi finita nel salotto del vicequestore Messineo, è stata narrata dal pentito Pietro Scavuzzo, che non ha esitato nel dipingere Messineo come un uomo contiguo alle cosche mafiose […] A smentire l’attendibilità dei collaboratori che accusavano Messineo, furono una raffica di sentenze ».

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Ruggirello & gli altri: gli affari delle loro cooperative sociali

14 Marzo 2019 by FronteAmpio.it Lascia un commento

Paolo-Ruggirello-Pd
L’ex deputato Ruggirello (PD) arrestato nell’operazione Scrigno

La vicenda di Paolo Ruggirello che, da deputato del Partito Democratico, armeggiava con le cooperative sociali è arrivata alle cronache nazionali solo per lo sdegno suscitato dall’aver lui pronunciato la frase «benedetti autisti», riferita ai poveri disabili per lui fonte di guadagno.

In realtà è vero che la cura dei disabili, degli anziani e dei migranti, a Trapani e nel trapanese, è l’industria che muove tanto la “nostra” economia quanto il fenomeno del clientelismo politico-elettorale. E’ una cosa nota che, spesso, dietro il prestanome delle cooperative sociali si nasconda un politico, spesso un deputato.

Lo scorso 5 luglio 2018, ad esempio, con l’operazione “Brother” è stato arrestato l’ex deputato regionale centrista Norino Fratello (poi l’arresto è stato annullato, per come fa sapere il 21 luglio 2018 NewsSicilia).

«Il politico nel 2005 fu coinvolto nell’operazione “Peronospera” e dopo le confessioni del collaboratore di giustizia Mariano Concetto, patteggiò una condanna a diciotto mesi di reclusione per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa».

L’operazione “Brother”, «trattava la gestione dei centri per richiedenti asilo, divenuti oggetto di interesse da parte di apparati criminali, tanto da lasciar pensare a una vera e propria spartizione dei migranti e dei minori non accompagnati in arrivo, in modo da poter accedere ai fondi destinati ai gestori dei centri di accoglienza» (scrive il 5 luglio 2018 Itacanotizie).

Non dimentichiamo l’ex senatore alcamese del Partito Democratico Antonino Papania che fu «accusato di aver agevolato l’accreditamento di alcune cooperative che concedevano derrate alimentari in cambio di voti» (scrive il 21 luglio 2016 Il Fatto Quotidiano), in riferimento alle elezioni comunali del 2012 (dopo la condanna in primo grado, il processo d’appello era ancora in corso ci ricorda l’11 gennaio 2018, ItacaNotizie).

Queste cooperative si occupano un pò di tutto: «la Cooperativa Letizia – che farebbe capo sempre all’ex deputato Fratello – ha curato nell’estate 2017 perfino la vigilanza nelle spiagge libere a Marsala» (si legge il 19 giugno 2017 su TP24.it).

Talvolta sono proprio delle «cooperative farlocche» come le chiama Rino Giacalone il 10 luglio 2018 su Liberainformazione: alla Guardia di Finanza non capita di rado di scoprire che «l’Assemblea e il Consiglio di Amministrazione sono istituiti solo cartolarmente» o che i «soci-lavoratori [sono] del tutto ignari di essere anche consiglieri» (come spiega NewSicilia il 21 maggio 2018).

Le cooperative, oltre che arricchire il deputato di turno e la sua rete di collegamenti, a spese dei fondi pubblici regionali e comunali, hanno finalità di raccolta del consenso. Nel caso della cooperativa Serenità riconducibile all’allora deputato del Partito Democratico ora arrestato, come si legge dall’ordinanza dei magistrati, «dall’attività d’intercettazione emergeva che i nuovi dipendenti della Cooperativa erano selezionati tra quelli vicini all’area politica dell’Onorevole Ruggirello in base al criterio di realizzare un credito di consensi nell’attesa di future competizioni elettorali».

«A Marsala i servizi sociali costano al Comune in totale 20 milioni di euro. Una parte di questa somma serve per dare incarichi a delle cooperative». Qui, proprio quest’anno, sta indagando la magistratura su «gli appalti aggiudicati alle diverse cooperative in tutti i servizi, dall’assistenza domiciliare agli anziani […]. I riflettori sarebbero puntati sul doppio ruolo […] di alcuni consiglieri comunali in Coop o Enti del terzo settore che si occupano di assistenza. I reati che potrebbero essere contestati vanno dall’abuso d’ufficio alla concussione».

In particolare, in quest’ultimo caso, come rileva TP24.it il 3 gennaio 2019, «la consigliera comunale Nicoletta Ferrantelli, che lavora proprio alla cooperativa “Serenità” […] fu assunta a fine 2017 – a ridosso delle campagna elettorale -, […poi passerà] da Forza Italia a [sostenere] la candidatura di Ruggirello con il PD».

Tutto legale, probabilmente. Ma resta che il voto elettorale viene sempre inquinato da “favori”, assunzioni, ecc. e che quindi alla fine, il risultato finale delle urne, ha poco di democratico.

Archiviato in:Politica Contrassegnato con: Cooperative sociali, Democrazia, Elezioni, Mafia

Arresto Paolo Ruggirello (PD): «10 mila euro li possiamo acchiummigghiari»

11 Marzo 2019 by FronteAmpio.it Lascia un commento

Paolo-Ruggirello-Pd
L’ex deputato Ruggirello (PD) arrestato nell’operazione Scrigno

Usare le casse pubbliche come se fossero il proprio portafoglio. E’ il sistema che mostra di usare Paolo Ruggirello (Partito Democratico), e che viene evidenziato dalle indagini e dalle intercettazioni della Magistratura nel corso dell’operazione “Scrigno”. Un sistema, probabilmente in voga per altri deputati regionali, una sorta di routine, a giudicare la disinvoltura con la quale la usa Ruggirello.

E’ il 4 novembre 2016 e il deputato del Partito Democratico decide di recarsi a Firenze per partecipare alla conferenza denominata “Leopolda” e organizzata dal suo leader Matteo Renzi. Il deputato, però, si guarda bene dall’approntare la spesa con le proprie personali risorse ma preferisce addebitare tutto alla Regione Siciliana.

Così chiama – all’oscuro dall’essere intercettato dalle Forze dell’Ordine – gli uffici del Parlamento regionale e chiede di essere messo in “missione”. In questa maniera non solo carica sul bilancio pubblico le spese personali di viaggio ma ottiene pure un’indennità. Nel rapporto degli inquirenti si registra la telefonata con la quale indica, come falsa motivazione da inserire nella richiesta quella di volersi recare «nella città di Pisa avrebbe incontrato la locale amministrazione comunale e che poi si sarebbe recato ad Assisi ed in Umbria per incontrare le famiglie dimoranti nelle zone terremotate».

«Vero motivo della “missione” chiesta dall’Onorevole regionale – scrivono ancora gli inquirenti – era quello, oltre di partecipare al convegno della “Leopolda” anche quello di poter incontrare, lontano dalla città trapanese … [una donna residente a Valderice, NdR]».

Il sistema dell’utilizzo dei soldi pubblici per interessi diversi da quelli pubblici traspare almeno in un altro caso.

Si legge nell’ordinanza del magistrato che dispone l’arresto del deputato: «RUGGIRELLO raccontava che in forza del rapporto d’amicizia che lo legava al GIARDINA (Vincenzo,ex consigliere e assessore di Campobello di Mazara, NdR) si era mostrato disponibile ad aiutarlo facendogli recuperare delle somme di denaro con consulenze fittizie affidate a professionisti suoi amici».

«Gli posso dare uno, due incarichi di consulenza e una diecina di mila euro li possiamo “acchiummigghiari” (raccogliere, NdR)», spiega – intercettato – Ruggirello che poi precisa che poi però: «io non glielo potuti fare perché è successo un pò di movimento all’interno dell’Assemblea, mi sono voluto un pochettino calmare le acque per fatti che ovviamente … sono di questa natura … ».

Una pratica, quindi, abusata quella degli incarichi inutili (se non proprio fittizi) alla Regione. Non solo da Ruggirello.

Si ricorderà che il deputato del Partito Democratico, assieme al socialista trapanese Nino Oddo, erano stati “citati”dalla Corte dei Conti – per come riporta il giornale online “La Sicilia” il 19 gennaio 2018 – per «45 consulenze ritenute illegittime» che avevano provocato una spesa inutile di 200 mila euro. «I due hanno patteggiato pagando il 30 per cento», racconta Repubblica lo scorso 31 ottobre 2018.

Archiviato in:Politica Contrassegnato con: corruzione, Mafia, malapolitica

416-ter, voto di scambio politico-mafioso: la Camera approva riforma

11 Marzo 2019 by FronteAmpio.it Lascia un commento

Camera-Deputati

Piera Aiello, deputata marsalese del Movimento Cinque Stelle e relatrice del Disegno di Legge n. 1302 che modifica e inasprisce l’art. 416 ter del Codice Penale sul voto di scambio politico-mafioso è soddisfatta. Giovedì 7 marzo, dopo un intenso dibattito, la Camera dei Deputati ha approvato il testo della riforma da lei sostenuta. La norma, di cui è primo firmatario il collega Giarrusso, ora passa al Senato per la definitiva approvazione.

Con la riforma dell’art. 416-ter, «ampliamo ulteriormente l’oggetto di quella che può essere la contropartita del patto, potendo essere non solo il denaro e ogni altra utilità ma anche la disponibilità a soddisfare gli interessi e le esigenze dell’associazione criminale», spiega Piera Aiello in Aula.

La nuova formulazione del Codice Penale sembra colpire il candidato che prometta, a soggetti mafiosi anche “a sua insaputa” – o loro intermediari – , una “disponibilità” ad affrontare determinati interessi. Di fatto, non potendo conoscere chi si cela dietro un interlocutore, i candidati non potranno promettere più alcun “interessamento” verso alcunché che non sia la semplice realizzazione del pubblico “programma” elettorale della lista.

Forza Italia e PD si scagliano contro la riforma del 416-ter

Si tratta di norme «che espongono persone estranee ai reati a grossi rischi», lamenta la deputata messinese Matilde Siracusano (Forza Italia). «Chi fa politica non sa come difendersi», conferma la deputata romana ed ex ministro della sanità Beatrice Lorenzin (ex UDC ora Civica Popolare). Anche il deputato milanese Alessandro Colucci (UDC) ritiene che «si cerchi di demonizzare le campagne elettorali, […] di scoraggiare, quindi, l’impegno sul territorio».

Per l’avvocato e docente universitario barese Francesco Paolo Sisto (Forza Italia) si tratta di una «mina» innescata, di «una norma inapplicabile, che non sarà mai applicata, se non nella mentalità giustizialista [dei Cinque Stelle, NdR], che non ha nessun fondamento nella civiltà giuridica». Il magistrato di Gela Giusi Bartolozzi (Forza Italia) lancia l’allarme: «se non mettiamo “consapevole”, anche le ipotesi di dolo eventuale e colpa cosciente saranno punite». L’avvocato di Cuneo Enrico Costa (Forza Italia) esprime la propria preoccupazione «il candidato come fa a conoscere, posto che non c’era scritto in fronte, se colui che si trova di fronte è un appartenente a un’associazione di cui all’articolo 416-bis?».

«Una norma che appare irragionevole e spropositata» anche per il deputato Michele Bordo (Partito Democratico), giurista foggiano, che già ne immagina la bocciatura da parte della Corte Costituzionale.

Il fronte dei pro arruola anche pezzi di Fratelli d’Italia

Di diverso avviso sono i favorevoli alla modifica dell’art. 416-ter del Codice Penale. Per il giurista catanese Eugenio Satta (Cinque Stelle), la nuova formulazione della norma «tutela la libertà di voto, la libera formazione del voto, che è proprio l’elemento fondante della nostra democrazia».

«Dobbiamo spezzare una volta per tutte ogni possibilità di legame tra il mondo della politica e quello della criminalità organizzata», conferma, convinto, l’on. Manfredi Potenti (Lega), penalista livornese. «Il voto di scambio politico-mafioso – aggiunge – […] comporta la perdita di fiducia dei cittadini verso le istituzioni. Accresce il potere delle mafie, […] produce istituzioni elette ricattabili».

La deputata catanzarese Wanda Ferro (Fratelli d’Italia) auspica che la riforma, da loro sostenuta, permetta che «le istituzioni si liberino da un certo bacino» di politici che non si curano dei bisogni della gente.

La norma dovrebbe trovare il voto definitivo al Senato entro questo mese. Si tratta di una norma molto pesante, certe preoccupazioni dei deputati di Forza Italia sono reali: si toglierà spazio alle difese e si rischia di gettare il bambino assieme all’acqua sporca.

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Operazione Scrigno: la mafia è sconfitta, la malapolitica no

6 Marzo 2019 by FronteAmpio.it Lascia un commento

voto-sporco

Ma la mafia è sconfitta? «Non riescono più a smuovere alcun consenso elettorale consistente», risponde Massimo Marino, editore di Telesud, nel corso di un’emissione televisiva di martedì 5 marzo, sulla base degli scarsi risultati elettorali dei candidati “graditi” a quegli che vengono indicati, dagli inquirenti, gli esponenti di “spicco” dell’organizzazione.

Eppure, ancora una volta, il voto è stato certamente inquinato, tanto alle elezioni comunali che alle regionali e alle politiche. Lo dicono le 594 pagine del provvedimento della magistratura palermitana che ha disposto 25 arresti e altri 8 avvisi di garanzia.

Sul presunto contributo elettorale a Simona Mannina (non indagata), nel 2017 candidata consigliera nel movimento civico “Erice che Vogliamo” a sostegno di Daniela Toscano, abbiamo detto ieri. Un contributo lecito, in quanto non sarebbe stato individuata una contropartita, ma pur sempre un sostegno inopportunamente richiesto a esponenti mafiosi e a figli di mafiosi ergastolani per omicidio.

Poco importa che alcuni indizi evidenziano che si tratti di un sostegno ininfluente per l’elezione di Mannina.

Francesco Virga, soggetto già condannato in via definitiva per associazione mafiosa, richiesto un sostegno da parte del padre Vito Mannina, non offre una particolare “disponibilità” – secondo le intercettazioni -: «quindi io fino a dieci» voti. Virga, infatti, avrebbe sostenuto il consigliere comunale Giovanni Maltese. Sarà Pietro Cusenza, anche questi accusato di fare parte della famiglia mafiosa, invece, probabilmente, a muoversi per “portare” più voti. Ma l’architetto Mannina resterà insoddisfatto: se ne aspettava di più; lo rileva lo stesso Cusenza: «ci è rimasto pure [male]» ammette questi sotto intercettazione.

Per comprendere meglio la portata della questione, è interessante scorrere la tabella dei risultati della Lista “Erice che Vogliamo – Toscano sindaco” pubblicata sul sito del Comune.

Erice-Che-Vogliamo-2018

La Lista riesce ad elegge un solo consigliere, la Mannina, che ottiene 251 preferenze, e giunge davanti al suocero Antonino Ingrasciotta (218) e Pippo Martines (205), quest’ultimo accoppiato con Giuseppina Alcamo detta “Pepea” (150 voti e quarta).

Dall’esame dei voti per sezione, si rileva che in tutte le sezioni, eccetto una, Mannina e Ingrasciotta (consigliere uscente con un buon bagaglio di voti già di suo), hanno sempre quasi le stesse preferenze. Alla sezione 11, quella della scuola Anna Franck di Ballata, invece c’è il “cappotto”: 28-0 di Simona Mannina sul suocero. Risultato che Mannina, ma anche la logica, attribuiscono al candidato locale Vincenzo Cusenza che lì, infatti, ottiene 33 preferenze. L’imprenditore Vincenzo Cusenza, spiega la consigliera, «era un amico di mio padre, che NULLA aveva ed ha a che fare con Pietro Cusenza, oggi indagato».

Resta un altro aspetto da approfondire della vicenda: le foto alle schede elettorali. Pietro Cusenza – riporta il rapporto dell’Autorità Giudiziaria – «aveva richiesto ad ogni persona, da lui contattata in quel periodo, di fotografare la propria scheda all’interno del seggio dopo aver espresso la propria preferenza e quindi, in virtù di tale accorgimento, era stato in grado di dimostrare che un rilevante numero di voti [60, NdR] erano stati dichiarati nulli per dei meri errori nella compilazione».

Ancora troppi smartphone che entrano nei seggi elettorali, insomma, e poca attenzione su questo aspetto da parte dei presidenti dei seggi e degli scrutatori. L’esame delle foto, se possibile, sarebbe utile a chiarire chi avrebbe fotografato la scheda, in quali seggi di Erice e con quali presidenti sarebbero avvenute tali irregolarità e le eventuali accoppiate votate da parenti e amici del Cusenza.

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No al green pass della vergogna!

Petizione contro il "green pass della vergogna" indirizzata ai Presidenti dei Gruppi Parlamentari della Camera dei deputati.

Sì, firmo ora!
440 firme

No al green pass della vergogna

Ai Sigg. Presidenti dei Gruppi Parlamentari della Camera

Sig.ra/Sig. Presidente,

da oltre un anno e mezzo il popolo italiano subisce limitazioni radicali a diritti e libertà considerate fondamentali dalla Costituzione, dalla Cedu e dalla Dichiarazioni dei diritti fondamentali dell’uomo.

Se accettiamo che i principi fondamentali dello Stato di diritto possano essere sospesi oggi, in nome della gestione della pandemia, dobbiamo sapere che stiamo consegnando al futuro la possibilità di prendere direzioni diverse dalla democrazia in nome di qualsiasi altra minaccia che dovesse presentarsi, di origine umana o naturale

Il green pass colpisce una categoria di persone che esercita una libertà costituzionalmente garantita [non vaccinarsi], che viene penalizzata in quanto tale, per via di una propria qualità personale, di una propria condizione e di una libera scelta

Il “green pass” della vergogna viola:

  • l’articolo 1 della Convenzione ONU sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione,
  • gli articoli 2 e 3 della Costituzione italiana,
  • l’articolo 21 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE,
  • l’articolo 2 e 7 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo,
  • l’articolo 14 della Convenzione Europea sui Diritti Umani,
  • l’articolo 10 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea,
  • e, infine, la Risoluzione 2361 del Consiglio d’Europa approvata il 27/01/2021 che, al punto 7.3, vieta ogni forma di discriminazione per chi scelga di non vaccinarsi.

Le ragioni emergenziali non possono essere utilizzate come scudo per sospendere e annullare diritti considerati intangibili dai Padri Costituenti e dalla comunità internazionale

Pertanto, si chiede che l’emergenza sanitaria sia affrontata senza derogare di un passo dal percorso della civiltà del diritto.

**la tua firma**

Questa petizione è chiusa.

Data di scadenza: Sep 10, 2021

Firme raccolte: 440

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