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UE

Moltiplicazione di eserciti per … garantire la pace?

20 Ottobre 2018 by FronteAmpio.it Lascia un commento

militare
credit “European Defence Agency”

Non uno ma almeno quattro eserciti. Sono quelli che finanzia l’Italia, in buona compagnia ovviamente.

Tutto ciò perché «l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali»? Non credo.

LE FORZE ARMATE NAZIONALI

Abbiamo, naturalmente le Forze Armate nazionali, divise in quattro armi (esercito, marina, aeronautica e carabinieri) che servono per la «difesa della Patria, sacro dovere del cittadino».

In particolare, nel 2016, avevamo arruolati poco più di 103.000 carabinieri; solo ai dati 2013 sono aggiornati quelli delle altre Forze Armate che indicano un totale di 172.000 uomini , divisi tra 100.000 militari nell’esercito, 31.000 nella marina, 41.000 nell’aeronautica, oltre a 113 cappellani militari (che, solo loro, costano circa 7,9 milioni di euro) .

Sapere quanto costa quest’apparato è difficile. Le cifre sono nascoste nelle più disparate voci del bilancio dello Stato Italiano. Se ci fermassimo al solo capitolo Difesa e sicurezza del territorio rileveremmo, ad esempio, che la previsione di spesa per il 2018 ammonterebbe a 20.968 milioni di euro. Per avere un metro di paragone, ne spendiamo 7.700 milioni per l’Università o 8.200 per la Giustizia. Per Milex, il totale della spesa per le Forze Armate italiane ammonta a 24.959 milioni di euro per il 2018.

Tabella Spese militari - Milex.org

LE FORZE ARMATE ONU

Facciamo parte, come noto, delle Nazioni Unite, che posseggono delle proprie Forze Armate che svolgono naturalmente delle operazioni di peacekeaping un pò in tutto il pianeta (Americhe escluse) pur tuttavia autorizzate «ad impiegare tutti i mezzi necessari» in talune condizioni.

Si tratta di una forza composta da 90.000 caschi blu, di cui per poco più d’un migliaio italiani, cui s’aggiungono altri 13.000 effettivi delle “Forze di polizia” dell’ONU.

L’Italia contribuisce per il 3,75% al bilancio delle spese globali di “peacekeaping” ONU che «è di circa 6,7 miliardi di dollari». Circa 155 milioni di euro la nostra quota, a conti fatti.

LE FORZE ARMATE NATO

Facciamo parte, poi, dell’Alleanza Nord Atlantica, la NATO, organizzazione che ha come finalità quella di «garantire la libertà e la sicurezza dei suoi membri attraverso mezzi politici e militari». La stima 2017 del contributo italiano alla NATO ammonta a 23.369 milioni di dollari (20,8 miliardi di euro), ogni cittadino italiano contribuisce per 391 dollari annui. Si tratta, comunque, di una piccola parte dell’intero budget di spesa dell’organizzazione che raggiunge la stratosferica somma di 956.974 milioni di dollari.

LE FORZE ARMATE EUROPEE

Naturalmente non dobbiamo dimenticare che facciamo parte anche del PSDC, la Politica di Sicurezza e Difesa Comune europea (ex PESC), che opera, tra le altre tramite EDA, l’Agenzia Europea della Difesa, il cui impegno è volto a «migliorare le capacità difensive europee nel campo della gestione delle crisi»  e il “Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE)” . Il budget dell’EDA, per il 2017, ammonta ad appena 31 milioni di euro.

CONCLUSIONI

Un tale impegno dell’Italia, a favore della pace e della libertà dei Popoli è evidentemente apprezzabile. Probabilmente, un pari impegno contro le diseguaglianze avrebbe avuto, però, un migliore esito.

– – –

APPROFONDIMENTI:

COSTI E MISSIONI NAZIONALI

In merito alla spesa complessiva, come detto, la spesa riferibile al sistema militare viene abilmente nascosta dentro anche altri capitoli (MISE, MEF).

Giovanni Martinelli su “Analisi Difesa” , a febbraio 2017, solo per esempio, ci ricordava come, il MISE, cioè il Ministero dello Sviluppo Economico, «per il 2017 potrebbe in realtà presentare cifre non così diverse da quelle dell’anno scorso e pari a 4.716,8 milioni di euro» in quanto a spese con destinazione militare. A queste spese, poi, bisogna aggiungere, ancora, quelle a carico del MEF, il Ministero dell’Economia e Finanza, che coprono le missioni militari all’estero (1.282 milioni di euro per il 2017).

Sulla base di semplici Accordi bilaterali, le nostre Forze Armate si trovano in Iraq (250 unità​ a Erbil e Baghdad) per «per sconfiggere l’organizzazione terroristica» dell’ISIL (già ISIS), in Libia (missione MIASIT) e Libano (missione MIBIL).

MISSIONI ONU

Sotto l’egida dei Caschi blu, siamo impegnati, dall’1 novembre 2006, in Libano, con 1.100 militari, 278 mezzi terrestri e 6 mezzi aerei per la missione UNIFIL – Operazione Leonte, dove agiamo come forze cuscinetto tra Libano e Israele. In atto l’Italia, qui, annovera 4 militari caduti.

Siamo presenti, pure, con 7 militari in Mali (missione MINUSMA ), con 4 carabinieri a Cipro (missione UNFICYP), con 2 militari al confine tra India e Pakistan (missioni UNMOGIP).

missioni_onu

MISSIONI NATO

Sotto l’egida NATO, siamo attualmente impegnati:

  • In Afghanistan, a Kabul e Herat, con 900 militari, 148 mezzi terrestri e 8 mezzi aerei, 50 i militari italiani morti sul posto,
  • A Gibuti, con 407 militari, 2 mezzi navali e 2 mezzi aerei per protezione dagli atti di pirateria al naviglio mercantile che transita attraverso il Golfo di Aden,
  • In Kosovo, con 538 militari, 202 mezzi terrestri e 1 mezzo aereo – e 5 militari caduti -,
  • Di pattugliamento nel Mediterraneo, con 287 militari, 2 mezzi navali e 2 mezzi aerei.

MISSIONI EUROPEE

Le missioni, prevalentemente nel continente africano, evidentemente, sono a carico dei bilanci nazionali. In particolare, stiamo (missione EUTM) in Somalia a Mogadiscio, con 123 militari e 20 mezzi terrestri e in Mali con un nucleo di istruttori dell’Esercito per «contrastare i gruppi terroristici/milizie irregolari operanti nel Paese africano».

csdp_missions.map_2018

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Europee 2019: Superare Lisbona, riformare le istituzioni e l’euro

18 Ottobre 2018 by FronteAmpio.it Lascia un commento

euro

«Gli umanisti sono internazionalisti, aspirano ad una nazione umana universale». Silo pronunciava queste parole nel 2008 a Punta de Vacas.

Comprendo anche io che il neocolonialismo e la globalizzazione oggi imperanti non sono certo dei sinonimi dell’internazionalismo.

Mi sembra, però, che il completamento del processo politico di regionalizzazione dell’Europa possa rappresentare un importante passo verso il nostro oggi utopistico disegno.

Arrestare la globalizzazione, anzi invertirne in processo – come sembrano promettere i difensori degli antichi nazionalismi -, mi sembra, d’altro canto, ancora più utopistico. Come uscire dall’euro. E non credo possa garantire una migliore qualità della nostra vita.

Eppure oggi torna di moda, anche a Sinistra, il termine nazionalismo, anche nell’accezione equivalente ma più apparentemente politically correct di sovranismo.

Un termine che, invece, è chiaramente sinonimo di pericolose «nuove glorificazioni della cultura propria e nuove demonizzazioni della cultura altrui».

Tra la proposta che ci consegna alla schiavitù delle oligarchie finanziarie globali (vedi governance dell’euro) e quella che ci vorrebbe consegnare alla schiavitù di un mondo uniforme quella nazionalista (sovranista), sono certo che esista una terza via.

Pensavo d’averla fatta chiaramente trapelare nella mia precedente riflessione: “Più Europa o più nazionalismi” quando sostenevo la necessità, a mio parere, di «creare un’Europa dei Popoli e non solo un’area di libero scambio di merci e movimento di lavoratori».

Senza demagogia: euro e istituzioni europee, cosa riformare?

Ancora più esplicitamente, sostengo che vada completato il processo costituente della Nazione Europa. Vada costruita, cioè, uno Stato, l’Europa, alla quale le Nazioni aderenti cedano la propria Sovranità fatti salvi, ovviamente, il diritto al decentramento agli Stati-Regione di determinati compiti (tutela delle minoranze, istruzione, formazione, cultura, ricerca, protezione civile, infrastrutture dei trasporti, ecc.).

Tutto questo, chiaramente, non può che passare che attraverso un superamento del vigente Trattato di Lisbona e l’adozione di una Costituzione Europea che riformi le Istituzioni, in particolare abolendo il Consiglio Europeo e il Consiglio dell’Unione Europea, e s’ispiri a valori di tipo social-democratico (Stato-Provvidenza) e non a quelli del Mercato come l’attuale Trattato di Lisbona che privilegia la «concorrenza all’interno», la «espansione del consumo» (art. 32) o la «libera circolazione dei lavoratori» (art. 48) piuttosto che degli uomini in quanto tali.

Soprattutto che superi l’attuale gestione della Moneta Unica, dell’euro, oggi slegata da un controllo politico e quindi popolare sulla base degli articoli 123, 282.3 e 284.3 del Trattato di Lisbona.

Comprendo come il Trattato abbia una durata illimitata e una complessa e lunga procedura di revisione (art. 48) ma è chiaro a tutti – al di la delle dichiarazioni più demagogiche e populiste di ben individuati Partiti politici – pure che i negoziati per il recesso dall’Unione (art. 50) non sono meno complessi, lunghi e dolorosi.

Io, tuttavia, sono ottimista. Sono certo che tutti i membri dell’Unione Europea concordino sul fatto che sia giunto il momento di «una nuova tappa nel processo di creazione di un’unione sempre più stretta tra i popoli dell’Europa».

—
Articolo ripubblicato in lingua spagnola anche dalla redazione Spagna dell’Agenzia internazionale di stampa Pressenza.

Archiviato in:Estero Contrassegnato con: Trattati, UE

Elezioni 2019, Europa al bivio: Più Europa o più nazionalismo?

13 Ottobre 2018 by FronteAmpio.it Lascia un commento

Europa dei muri

Tra il 23 ed il 26 maggio del 2019 si terranno in Europa  le elezioni per il rinnovo del Parlamento comune. É a tutti chiaro che si svolgeranno in un clima di aperta sfida tra eurofili ed euroscettici. Quelle che si presentano per la nona volta, potrebbero essere le ultime elezioni per questa istituzione, almeno per come la conosciamo.

Ma vogliamo veramente l’abolire l’Unione Europea?

L’Europa è lontana dall’essere perfetta, ma non è neanche quel buco nero che tutto distrugge come viene descritta da certuni.

Senza dubbio, sono evidenti i benefici ottenuti da alcuni settori e in numerose regioni grazie alle azioni politiche condotte da Bruxelles.

Senza dubbio, nulla meglio che l’Unione Europea può garantire quella pace che, al contrario, i nazionalismi hanno sempre minacciato. I conflitti in Bosnia, del 1991 e del 1995, poi in Kosovo e poi in Ucraina hanno mostrato che la polveriera è sempre là; che l’Unione Europea rappresenta il secchio d’acqua e che il nazionalismo, dalla notte dei tempi, rappresenta la scatola dei fiammiferi.

É la guerra il desiderio profondo dei popoli?

Gli errori dell’Unione Europea: poca Europa, solo Mercati

Qui, naturalmente, non voglio escludere l’Europa, “questa” Unione Europea, da critiche.

Gli errori più evidenti dell’attuale Europa sembrano essere almeno due.

Intanto, l’Unione Europea ha sbagliato a permettere trattamenti salariali e fiscali diversi al proprio interno. Creare un mercato unico tra paesi che fanno della concorrenza anche sottocosto (dumping) tra loro non poteva che creare un confronto disastroso. I nostri fornitori di servizi sono stati saccheggiati da quelli con sede in Irlanda o Slovenia, dove le imposte sono più basse. I nostri lavoratori sono diventati disoccupati sotto la sfida di quelli polacchi o rumeni che, con la direttiva “lavoratori in trasferta” (n. 71/1996), venivano pagati secondo i salari dei paesi di provenienza e non quelli del paese ospitante.

Quindi, il secondo errore è quello d’aver abolito le barriere doganali al proprio interno senza aver rafforzato quelle esterne. Le nostre fabbriche sono crollate sotto i colpi delle importazioni dalla Cina (ma non solo da qui), dove i salari sono più bassi. Trattati come CETA – firmato col Canada nel 2017 – e TTIP, ancora in discussione con gli Stati Uniti, non fanno che indebolire il nostro mercato interno.

Questi due errori hanno evidentemente fatto precipitare una parte della popolazione nella povertà o nella precarietà, e quindi nelle braccia degli estremisti.

Socialismo o Capitalismo? Questa la scelta per l’Europa?

Si tratta, tuttavia, di azioni politiche ancora reversibili.

Il problema sta nel comprendere se chi guida oggi l’Europa voglia tornare indietro rispetto a tali direzioni e creare un’Europa dei Popoli e non solo un’area di libero scambio di merci e movimento di lavoratori.

Tali problemi ne nascondono, infatti, uno più grande e di respiro culturale prima d’ogni altra cosa.

L’Europa vuole difendere quel che resta dello Stato-Provvidenza d’origine socialista … o vuole continuare ad essere il veicolo teleguidato dagli Stati Uniti, del loro progetto capitalista ed imperialista mondiale ?

In caso di risposta negativa, è chiaro, che le prossime elezioni rappresenteranno una rivoluzione politica.

Archiviato in:Estero Contrassegnato con: Economia, Pace, UE

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No al green pass della vergogna!

Petizione contro il "green pass della vergogna" indirizzata ai Presidenti dei Gruppi Parlamentari della Camera dei deputati.

Sì, firmo ora!
440 firme

No al green pass della vergogna

Ai Sigg. Presidenti dei Gruppi Parlamentari della Camera

Sig.ra/Sig. Presidente,

da oltre un anno e mezzo il popolo italiano subisce limitazioni radicali a diritti e libertà considerate fondamentali dalla Costituzione, dalla Cedu e dalla Dichiarazioni dei diritti fondamentali dell’uomo.

Se accettiamo che i principi fondamentali dello Stato di diritto possano essere sospesi oggi, in nome della gestione della pandemia, dobbiamo sapere che stiamo consegnando al futuro la possibilità di prendere direzioni diverse dalla democrazia in nome di qualsiasi altra minaccia che dovesse presentarsi, di origine umana o naturale

Il green pass colpisce una categoria di persone che esercita una libertà costituzionalmente garantita [non vaccinarsi], che viene penalizzata in quanto tale, per via di una propria qualità personale, di una propria condizione e di una libera scelta

Il “green pass” della vergogna viola:

  • l’articolo 1 della Convenzione ONU sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione,
  • gli articoli 2 e 3 della Costituzione italiana,
  • l’articolo 21 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE,
  • l’articolo 2 e 7 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo,
  • l’articolo 14 della Convenzione Europea sui Diritti Umani,
  • l’articolo 10 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea,
  • e, infine, la Risoluzione 2361 del Consiglio d’Europa approvata il 27/01/2021 che, al punto 7.3, vieta ogni forma di discriminazione per chi scelga di non vaccinarsi.

Le ragioni emergenziali non possono essere utilizzate come scudo per sospendere e annullare diritti considerati intangibili dai Padri Costituenti e dalla comunità internazionale

Pertanto, si chiede che l’emergenza sanitaria sia affrontata senza derogare di un passo dal percorso della civiltà del diritto.

**la tua firma**

Questa petizione è chiusa.

Data di scadenza: Sep 10, 2021

Firme raccolte: 440

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