Taglio parlamentari da 975 a 600: E’ un bene?
Il Senato ha votato oggi ancora una volta a favore del taglio dei parlamentari. Ora resta da attendere il voto finale della Camera dei Deputati che non potrà giungere, secondo l’art. 138 della Costituzione, prima di metà ottobre. Avendo raggiunto la maggioranza assoluta di voti favorevoli, ma non i due terzi, un quinto dei componenti di una delle due camere potrà chiedere lo svolgimento di un referendum.
Interessante, seppure inutile (perché lo spiego giù) il dibattito della seduta di ieri 10 luglio. Sia pure piuttosto simile a quello di febbraio (“Taglio dei Parlamentari: Serve un’analisi costi-benefici per la Democrazia”). Per come ha spiegato il relatore, il medico bergamasco Roberto CALDEROLI (Lega) «la proposta prevede la riduzione del numero dei deputati da 630 a 400, dei quali otto eletti all’estero invece dei 12 previsti in passato; i senatori elettivi passeranno da 315 a 200, quattro dei quali eletti all’estero invece dei sei previsti in passato, e si fissa a cinque il numero massimo dei senatori a vita».
«L’obiettivo di questa riforma è duplice: […] organi più snelli, che costano meno e funzionano in modo più efficiente», ha concluso il senatore non prima di annunciare che è stata presentata un’altra proposta di riforma costituzionale che prevede «la cancellazione dell’articolo 99 della Costituzione e la conseguente soppressione del CNEL».
La relazione è stata accolta con soddisfazione dal giornalista romano e presidente della fondazione “FareFuturo” Adolfo URSO (Fratelli d’Italia). L’esponente della destra è, tuttavia, apparso poco felice nell’esprimersi: «L’obiettivo di portare a 400 il numero dei deputati in questo Paese riuscì soltanto negli anni Venti, quando il presidente del Consiglio era Benito Mussolini […] esattamente il numero cui verranno ridotti con questa riforma parlamentare». Se voleva essere un complimento, a mio parere ha sortito l’effetto inverso.
La coerenza non fa rima con Forza Italia e col Partito Democratico
Contrari al taglio dei parlamentari si sono, invece, pronunciati Liberi e Uguali, Partito Democratico e Forza Italia. Quest’ultima forza politica aveva votato a favore nel precedente passaggio al Senato.
Tutto lecito se non ci ricordassimo che proprio Forza Italia (nel 2006) e il Partito Democratico (nel 2016) sostennero ed approvarono la stessa modifica costituzionale (poi bocciata dal successivo referendum). «La riduzione del numero di parlamentari è sicuramente uno dei punti programmatici con cui tutte le forze politiche, compresa quella di noi autonomisti, si sono presentate alle elezioni e non solo a queste ultime», infatti ammette il medico agopuntore franco-aostano Albert LANIACE (Union Valdotaine).
Per l’avvocato abruzzese Nazario PAGANO (Forza Italia), invece, ora la riforma è «una roba populistica che alimenta solo l’antipolitica». Per l’insegnante torinese Lucio MALAN (Forza Italia), addirittura, «questa è la strada maestra per le porcate». Un provvedimento «qualunquista, è il modo per esibire lo scalpo del ceto politico», sostiene il giornalista romano – Direttore del “Quotidiano Nazionale” e de “Il Resto del Carlino” – Andrea CANGINI (Forza Italia).
Tra i senatori c’è consapevolezza del distacco dai cittadini
«Contro i parlamentari è in corso da anni una guerra: Prima con la riduzione degli stipendi, poi dei cosiddetti vitalizi, ora con la riduzione del numero dei parlamentari», secondo la barese Anna Carmela MINUTO (Forza Italia). La stessa, però, ammette: «vivendo tra la gente capisco bene che ridurre il numero dei parlamentari è certamente una cosa oggi molto, ma molto popolare». Anche il giornalista romano Maurizio GASPARRI (Forza Italia) apre bocca per fare un autogol: «la gran parte degli italiani chiederebbe, non già di ridurre a 400 il numero dei deputati e a 200 quello dei senatori, ma di portarli a 100, a 50 o probabilmente anche a zero. I fenomeni di corruzione, gli scandali, le vicende che hanno prodotto l’indignazione verso la politica sono sotto gli occhi di tutti».
Riforma Costituzione: C’è chi voleva di più
Alla riforma costituzionale, si doveva «aggiungere democrazia diretta presidenzialista» per GASPARRI (Forza Italia). Ecco spiegato il loro voto contrario del suo partito.
Per Daniela SANTANCHE’ (FdI), imprenditrice milanese anche nel settore pubblicitario, «il vero spreco sono i senatori a vita, per i quali gli italiani pagheranno sempre e non si capisce per quale motivo».
Secondo LANIACE (UV) il provvedimento avrebbe dovuto comprendere «il superamento del bicameralismo perfetto».
Il taglio dei parlamentari comporta un risparmio misero
Il senatore MALAN (Forza Italia) ha contestato il presunto risparmio che si otterrà dal taglio dei parlamentari: «supponendo che parlare di risparmio sia il termine più appropriato quando si parla di democrazia […] esso si aggirerà intorno a 50 milioni di euro all’anno». Da qui la provocazione: «ci sono Paesi che risparmiano moltissimo abolendo il Parlamento e instaurando una dittatura. Il risparmio è totale». Gli ha fatto eco il senatore CANGINI (Forza Italia): «la riduzione non è miserabile, ma misera: complessivamente la Camera e il Senato costano circa 1,5 miliardi ogni anno e il risparmio sarebbe nell’ordine di 50 milioni di euro».
Debole è apparsa, in proposito, la difesa tecnicistica prospettata dall’ingegnere di Partinico Francesco MOLLAME (M5S): «ogni grande edificio è fatto di piccoli mattoni, e i mattoni sono tutti utili alla stabilità di quell’edificio».
Il docente universitario piemontese Carlo MARTELLI (ex M5S ora Misto), infatti, gli ha risposto: «Vogliamo parlare di costi? Allora parliamo dei 660 milioni di euro che avete caricato sulle tasche degli italiani con le bollette elettriche per salvare il bubbone Alitalia o parliamo del miliardo e mezzo di euro che verrà caricato sulle bollette degli italiani per quindici anni per il capacity market, cioè per pagare chi ha le centrali elettriche e le tiene pronte a essere utilizzate, ma potenzialmente ferme».
Il taglio dei parlamentari penalizza la democrazia
L’emiliano Vasco ERRANI (Liberi e Uguali) osserva la riforma in chiave elettorale. E denuncia «un’oggettiva riduzione del pluralismo politico». Infatti, coniugando il taglio dei parlamentari «con questa legge elettorale, avremo soglie di sbarramento [di fatto, NdR] del 10, 12 o 16 per cento».
Sostanzialmente d’accordo l’organizzatrice d’eventi di Ceppaloni Alessandrina LONARDO (Forza Italia): «Questa riforma indebolisce la rappresentanza politica territoriale aumentando il distacco dai cittadini, ma soprattutto […] penalizzerà le forze politiche di minoranza, con grave alterazione dei principi democratici».
La critica letteraria tristina Tatjana ROJC (PD), in proposito, denuncia che la riforma comprime «le forme di tutela della minoranza slovena».
Ancora la LONARDO (Forza Italia) evidenzia un presunto bug causato della riduzione dei parlamentari: «Viene alterata l’elezione del Capo dello Stato perché alla riduzione dei parlamentari corrisponde un diverso peso dei delegati regionali».
Il taglio dei parlamentari penalizza gli italiani all’estero
Secco il no alla riforma da parte dell’avvocato londinese Raffaele FANTETTI (Forza Italia) – pure vice presidente di UN/CEFACT – perchè taglia il già insufficiente numero dei rappresentanti degli italiani all’estero.
Il senatore è molto chiaro e dettagliato: «è in atto da circa quindici anni una vera esplosione migratoria in uscita dal nostro Paese, che ha portato a un aumento degli iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) che oramai ha sfiorato i 5,5 milioni di membri. Stiamo parlando quindi del 10 per cento della popolazione italiana». Con la riforma, questi oltre 5 milioni di italiani, sparsi in tutti i continenti, sarebbero rappresentanti da soli 13 parlamentari.
Per FANTETTI, «la Costituzione e l’ordinamento giuridico italiani non discriminano i cittadini in base alla razza e alla religione, ma neanche alla residenza. L’effetto politico, su cui bisognerà veramente riconoscervi una certa coerenza, è quello di togliere alla rappresentanza degli italiani all’estero ogni capacità d’azione».
Un dibattito inutile, tra sordi. I “Capi” di Movimento Cinque Stelle e Lega hanno deciso altrove e ai parlamentari tocca solo di spingere il bottone per come comandato.
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