Istat: denatalità ed emigrazione svuotano l’Italia

famiglia con bambino

Lo scoppio e il protrarsi del conflitto tra NATO, Ucraina e Russia ha avuto — e potrebbe ancora avere — effetti positivi per l’Europa: in cambio di armi, l’Europa, Italia compresa, sta “rubando” abitanti, donne in particolare, a Zelensky.

«Nel 2023, la popolazione residente nell’UE27 è aumentata di 1,6 milioni, arrivando a 449,3 milioni al 1° gennaio 2024. Questo incremento non è dovuto a un aumento delle nascite, ma all’immigrazione, soprattutto dall’Ucraina, dove molte persone hanno richiesto protezione temporanea in seguito alla guerra», spiega l’ultimo rapporto dell’Istat [1].

Tuttavia, questo fenomeno non può durare all’infinito. «Secondo le previsioni Eurostat – prosegue il rapporto – il calo naturale della popolazione (cioè più decessi che nascite) potrebbe continuare nel tempo. Le nascite resteranno stabili o in calo, mentre i decessi aumenteranno per via dell’invecchiamento della popolazione».

Denatalità. Il dato è un fatto.

L’Italia è uno dei Paesi europei in maggiore difficoltà. «Il calo della popolazione, iniziato nel 2014, prosegue ed è ormai considerato strutturale», osserva l’Istat. «Tra il 2014 e il 2023, il tasso medio annuo di crescita naturale in Italia è stato di -3,8 per mille, contro una media UE di -1,5. Nel 2023, il numero medio di figli per donna nell’UE era di 1,38».

In Italia, la denatalità prosegue senza interruzioni dal 2008, anno in cui si registrarono 577 mila nascite. Oggi siamo a circa 370 mila: 320 mila tra cittadini italiani (184 mila in meno rispetto al 2008) e 50 mila tra cittadini stranieri (23 mila in meno).

D’altro canto perché fare figli? Per farli soffrire in un mondo ostile? Gli esperti intravedono orizzonti apocalittiche per l’umanità con l’avvicinarsi dell’anno 2040.

Una parte importante della denatalità si spiega anche con la riduzione delle donne in età fertile (15-49 anni), passate da 13,8 milioni nel 2008 a 11,4 milioni nel 2025. Questo calo, legato alle scelte riproduttive del passato, spiega circa due terzi della riduzione delle nascite.

Il futuro demografico dell’UE dipenderà quindi in buona parte dall’immigrazione. Lo sta capendo la Spagna che l’incentiva.

L’Italia un mondo all’incontrario: combatte l’immigrazione, dimentica l’emigrazione

E qui, proprio l’immigrazione — spesso criticata — ha un ruolo importante anche in Italia. «Nel 2024, gli ingressi dall’estero (435 mila) sono stati più del doppio delle uscite (191 mila), con un saldo migratorio positivo di 244 mila persone, in gran parte stranieri che hanno scelto di vivere nel nostro Paese», spiega l’Istat. In particolare, è aumentato l’arrivo di cittadini da Paesi africani come Marocco, Egitto, Tunisia, Senegal, Burkina Faso e Nigeria, per un totale di oltre 81 mila persone.

Ma non c’è solo chi arriva. C’è anche chi parte. «Nel decennio 2014-2023 – racconta il rapporto annuale 2025 – oltre un milione di italiani si è trasferito all’estero. Più di un terzo (367 mila) erano giovani tra i 25 e i 34 anni, e circa 146 mila (il 40%) avevano una laurea. Le destinazioni preferite? Germania, Regno Unito, Svizzera, Spagna e Francia».

Questo fenomeno è noto come brain drain, ovvero fuga di cervelli: l’emigrazione di persone qualificate che cercano migliori opportunità di lavoro, carriera e qualità della vita all’estero. Un’emorragia di competenze che, nel lungo periodo, può impoverire il Paese non solo dal punto di vista demografico, ma anche economico e culturale.

Va però fatta una distinzione rispetto al passato. Oggi si parla di expat, non più di “emigranti” come negli anni ’50-’80, quando circa 7 milioni di italiani lasciarono il Paese per motivi economici e spesso vissero in condizioni molto difficili: baracche malsane, stazioni, persino cabine telefoniche. Senza tutele, senza la possibilità di ricongiungere le famiglie.

Il Mezzogiorno è ancora più colpito da queste dinamiche. Oltre alla denatalità e alle partenze verso l’estero, si aggiungono i trasferimenti verso le altre regioni italiane, con una perdita complessiva di oltre 179 mila giovani laureati. Tutto questo è legato anche alle difficoltà di trovare lavoro qualificato», spiega ancora l’Istat.

L’Italia? Un Paese sempre più vecchio

Il risultato? L’Italia continua a invecchiare. «Oggi detiene il primato per percentuale di anziani: quasi un cittadino su quattro ha più di 65 anni. L’età media nella UE è di 44,7 anni, ma in Italia arriva a 48,7».

Che cosa comporta tutto questo? Non è detto che una popolazione in calo sia un problema in sé. Dipende da come cambia il lavoro, dalla tecnologia e dalle politiche che sapremo adottare. L’automazione, l’intelligenza artificiale e l’informatica potrebbero portare a una nuova organizzazione del lavoro, anche a una sua drastica riduzione. Si parla da tempo di una “fine del lavoro” tradizionale.

Ma serve una visione:

  • Rivedere le politiche migratorie,
  • promuovere un sostegno alla genitorialità più efficace degli attuali incentivi meramente economici, e
  • affrontare il problema della fuga dei giovani,

sono sfide aperte.

La demografia non è solo un tema di numeri, ma di scelte collettive e culturali.

E tra chi suggerisce queste scelte, ci sono senz’altro anche i neo-maltusiani: ad esempio, Denis Granier, presidente dell’associazione Démographie Reponsable, che si batte per l’autolimitazione della natalità, vorrebbe « che la popolazione iniziasse a diminuire per tornare a un numero sostenibile per l’ambiente». «Per noi – afferma convintamente – questo numero è la metà di quello che siamo oggi ». Altri, come l’autrice tedesca anti-natalista Verena Brunschweiger, definiscono « La genitorialità come un approccio “egoistico” » .

Fonti e Note:

Credits: Foto di Jessica Rockowitz su Unsplash

[1] ISTAT, 21 maggio 2025, “Rapporto annuale 2025 – 2.1 Il quadro demografico”.

Natale-Salvo-BN

Natale Salvo

Nato e cresciuto nella terra del “Gattopardo”, la Sicilia. Ha dedicato la propria esistenza all'impegno sociale. Allenatore di una squadretta di calcio di periferia, presidente del circolo di Legambiente, candidato sindaco per il Partito Umanista. Infine blogger d’inchiesta; ha pagato le sue denunce di cattiva amministrazione con una persecuzione per via giudiziaria. E' autore del libro "La rivoluzione copernicana chiamata Reddito di Base", edito da Multimage, Firenze.

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *