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Ti trovi qui: Home / INTERNO / Politica / I Partiti? Democrazia e competenze piegati ai SignorSì

I Partiti? Democrazia e competenze piegati ai SignorSì

31 Gennaio 2018 by Natale Salvo Lascia un commento

elezioni voto urne

La lamentela è generalizzata. Da Forza Italia fino a Liberi e Uguali, passando per il Partito Democratico e il Movimento Cinque Stelle la voce è univoca: «I Partiti calpestano ogni forma di Democrazia interna. Un Capo decide per tutti».

Spiega il quotidiano online LiveSicilia: tutti i partiti hanno operato «imponendo dall’alto» i nomi, e l’ordine di presentazione e quindi d’elezione, dei candiati nei collegi elettorali plurinominali (proporzionali).

L’obiettivo è chiaro, spiega il giornale: «nel nuovo schema dei partiti personali», il Capo del Partito vuole «un plotone superblindato di fedelissimi», anche a costo di perdere un pò di voti.

Siamo difronte, insomma, ad una chiara «natura oligarchica della designazione dall’alto» dei candidati.

Conta «il capo o chi sta nella stanza dei bottoni» denuncia Pino Apprendi (LeU), deputato regionale siciliano uscente che ha lasciato il PD per LeU ma poi è rimasto fuori dalle liste proprio di quest’ultimo partito.

La colpa è del Capo che «mi hanno mandato troppa gente da fuori», conferma Gianfranco Micciché (Forza Italia) per giustificare il poco spazio per i rappresentanti dei territori.

In realtà la colpa non è solo delle candidature in Collegi fuori dal proprio territorio di residenza, ma anche delle pluricandidature che chi può ottiene, quando non si autoassegna, per «blindare» la propria elezione. Una stortura limitata a «soli» cinque Collegi con la nuova legge elettorale ma ancora presente, usata e abusata.

D’altro canto, hai voglia di proclamare la democraticità degli Statuti dei Partiti se poi a decidere sono appunto 2-3 persone a Roma e, quindi, neanche i livelli di base regionali e provinciali del Partito.

Da leggere:  Meloni promette fedeltà a Europa, Nato e Chiesa

«Renzi è un serial killer che uccide tutti quelli che non la pensano come lui ed io rientravo tra quelli da eliminare», sbotta fuori dal seminato Rosario Crocetta, l’ex presidente della Regione Siciliana che non ha ricevuto quel posto alla Camera che gli era stato, a suo dire, promesso.

In caso Pd, si assiste financo alla farsesca protesta di alcuni renziani doc che, oggi che le scelte del loro Capo non vanno nella direzione sperata (candidatura di un «ras» locale del voto), proclamano la propria «autosospensione di una parte del gruppo dirigente del partito di Trapani».

Un grillino, anche lui fuori – senza spiegazioni – dalle liste del Movimento Cinque Stelle lamenta la «deriva autoritaria» anche del movimento dell’uno vale uno. Poi spiega: «è nata una struttura verticistica che decide tutto. Alla base non resta altro che accettare e applaudire le decisioni prese da quattro o cinque persone. I re da una parte e i sudditi dall’altra. Non è questo il tipo di democrazia interna che sognavo, con gli attivisti ammutoliti e ridotti alla sola mansione dei manifesti o dei volantini».

 

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