Partito Comunista, nuova scissione: Rizzo ha tradito l’antifascismo!
« Noi siamo e ci sentiamo il Partito Comunista. Siamo costretti a lasciare quello che sentiamo fortemente il “nostro” Partito sperando che quello che rimane del gruppo dirigente capisca gli errori che sta commettendo », con queste parole nel Partito Comunista “di Marco Rizzo” s’è consumata l’ennesima e stavolta probabilmente mortale scissione.
Salvatore Catello, ex vice Segretario Generale e responsabile nazionale organizzazione e Alessandro Pascale, ex responsabile nazionale formazione, direttore de “La Riscossa” e segretario Lombardia, sono i primi firmatari di un lungo elenco pubblicato giovedì scorso.
Le motivazioni sono le stesse, in sostanza, di quelle addotte da Dario Leone nella “scissione” di un anno fa: Marco Rizzo ha imboccato, e stavolta sembra definitivamente, la strada populista “rossobruna”.
Di concessione in concessione al riposizionamento, gli ex compagni di Marco Rizzo, ora si sono stufati.
Partito Comunista “di Rizzo”: il documento che spiega la nuova “scissione”
« Democrazia Sovrana Popolare (DSP) – scrivono – sarebbe dovuto essere un fronte politico/elettorale ampio, una coalizione/alleanza con un forte connotato antimperialista con le proprie radici nella sinistra di classe, capace di aprire alla società civile mantenendo le nostre posizioni sui temi principali. Non poteva e non doveva trasformarsi in un vero e proprio partito, con tanto di congresso fondativo con le presenze entusiaste di personaggi come Alemanno, Monsignor Viganò e imprenditori con oltre 300 dipendenti » [1].
« DSP è un partito col proprio tesseramento, la propria organizzazione e la propria linea », ammettono solo ora gli “scissionisti”.
Il Partito Comunista che doveva essere una delle componenti di Democrazia Sovrana Popolare, come era stata, alle politiche del 2022, una delle componenti di Italia Sovrana, ora è stato posto ai margini del “progetto” di Marco Rizzo e Francesco Toscano: « di fatto il gruppo dirigente del Partito Comunista, che da mesi non solo non discute e non decide cosa debba fare DSP, ma non viene più nemmeno informato in anticipo delle manovre in atto, venendo a conoscere direttamente dalle pubblicazioni sui social network della composizione delle liste elettorali, del Programma, dello Statuto e delle tattiche seguite da DSP », c’è scritto nel documento pubblicato da Alessandro Pascale.
« Non è questo quello che avevamo progettato un anno fa. Questa strada è destinata a portare alla consunzione e alla fine del Partito Comunista: una fine senza strappi ma inesorabile, come una candela che si consuma lentamente o, per usare una metafora nota, come una rana bollita », aggiungono.
Una contestazione formalizzata anche nel Comitato Centrale del Partito Comunista svoltosi il 21 gennaio 2024: « il Comitato Centrale stesso si è spaccato nella votazione finale con il 40% contro il 55% e il 5% di astenuti, prendiamo atto che la maggioranza dell’Ufficio Politico del Partito Comunista ha preferito tirare dritto per la sua strada ignorando questa spaccatura verticale di una componente che, se leggermente minoritaria nel Comitato Centrale, è ampiamente maggioritaria nel corpo militante ».
« Usciamo con una rottura politica profonda che vuole comunque essere costruttiva ». Poi scrivono i comunisti nel documento pubblicato. Anche se poi, “annacquano” con un « Non progettiamo per ora di costituire un nuovo Partito … domani potremmo tornare ad essere dalla stessa parte della barricata ».
Il problema denunciato dai compagni “scissionisti” del Partito Comunista “di Marco Rizzo”, non è comunque solo di metodo ( e, forse, di mancate candidature ) ma di merito: contestano, in particolare, « lo spazio lasciato [al congresso fondativo di Democrazia Sovrana Popolare (DSP, NdR ] ai discorsi che affermano il superamento della dicotomia valoriale destra/sinistra e della pregiudiziale antifascista – con l’apertura ai paradigmi del noto teorico della “nuova destra” Alain de Benoist e la candidatura sintomatica dell’ex missino mai pentito Alfio Krancic e neotesserato di DSP ».
Marco Rizzo, e i dirigenti residui del Partito Comunista, insomma, sono caduti, lo dicono gli “scissionisti”, in « un’esasperante tattica elettoralista che per noi è inaccettabile eticamente e politicamente ».
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Fonti e Note:
[1] Intellettuale Collettivo, 8 febbraio 2024, Alessandro Pascale, “Scissione di maggioranza”.
Francamente non riesco a trovare alcun valore aggiunto nell’offerta di questo nuovo partito. Al pari di altre formazioni che orbitano nella galassia parlamentare, appare anch’esso intriso di connotazioni populiste, negazioniste, complottiste, filomassoni, revisioniste, antiambientaliste, revisioniste, ecc.. Mi pare quindi che il tipo di elettorato a cui si rivolge sia stato già intercettato e polarizzato da altre compagini politiche che stanno già facendo un buon lavoro per minacciare l’umanità, anche perché, una volta elette, hanno subito tradito il loro mandato elettorale fatto di ovvia demagogia per inginocchiarsi ai soliti poteri reazionari, guerrafondai, elitari e filoatlantisti che mantengono lo status quo sulla pelle dei loro manipolabili elettori. Insomma, nulla si aggiunge nella sostanza a quanto già vi é di grottesco e ridicolo.
Credo che l’idea di Democrazia Sovrana e Popolare sia appunto di affermare che la Meloni è una traditrice dato che sta governando sualla scia di Draghi in contrasto con quanto da lei affermato quando era all’opposzione (finta). La “scissione” del PC, invece, parte dal presupposto che la Lista “Frontista” anti sistema doveva essere “rossobruna” e invece è solo “bruna”!
Le scrivo per ringraziarla dello spazio dedicato alla questione.
Non posso però non farle due appunti:
– nell’articolo si accenna velenosamente al fatto che una delle ragioni della scissione potrebbe essere un discorso “forse, di mancate candidature”. Questa è una calunnia diffusa ad arte dal gruppo dirigente rimasto nel Partito per screditare le nostre persone (come peraltro già fatto in passato per altri noti dissidenti) questioni politiche che abbiamo posto. Le posso certamente confermare che né Salvatore Catello né il sottoscritto hanno mai avuto la smania di essere candidati, anzi: nel corso delle riunioni dell’ufficio politico, quando si è iniziato a parlare dell’organizzazione delle elezioni Europee e della necessità di preparare le liste di DSP (novembre 2023) Catello ha fin da subito ribadito di non voler essere candidato, sollecitando piuttosto la presenza nelle liste quantomeno del Segretario generale del Partito, cosa che poi non si è verificata per il parere contrario del presidente onorario; quest’ultimo ha poi chiesto al sottoscritto se mi candidassi, ma io ho rifiutato di dare il mio assenso alla candidatura finché non fossero dati chiarimenti riguardanti i punti che hanno poi portato alla scissione, giunta proprio perché tali punti non si volevano o non si potevano chiarire, nonostante le molte rassicurazioni che ci erano state date fino a quel momento.
– Lei commenta in calce all’articolo che “la “scissione” del PC, invece, parte dal presupposto che la Lista “Frontista” anti sistema doveva essere “rossobruna” e invece è solo “bruna””. Nello stesso documento abbiamo detto chiaramente che DSP doveva avere una chiara connotazione riconducibile alla sinistra di classe, con apertura alla società civile. Se lei considera la società civile “bruna”, credo che faccia un errore di analisi grossolano. Mi sembra quindi il suo un commento gratuito che non trova fondamento pratico e alcun appiglio possibile. Ho scritto e pubblicato io stesso su questi temi sia in passato, che negli ultimi mesi, denunciando ripetutamente il fenomeno del rossobrunismo.
Siamo aperti al dialogo con tutti i compagni, anche con quelli che mostrano pregiudizi nei nostri confronti. Se vorrà sono quindi a disposizione per dare chiarimenti, anche pubblici, nel caso sia di vostro interesse.