Renoldi: il carcere deve essere costituzionalmente compatibile

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Come garantire una pena rispettosa della dignità umana e realmente funzionale al reinserimento sociale delle persone condannate?

A questa domanda ha provato a rispondere, con un articolo su “La Stampa”, Carlo Renoldi, già Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e prima magistrato penale a Cagliari. Insomma un addetto ai lavori.

La risposta tecnica è figlia delle proprie opinioni politiche: « Sono per un carcere costituzionalmente compatibile. Un carcere dei diritti, in cui però siano garantite le condizioni di sicurezza », dichiara in proposito al Riformista [1].

La sua premessa è decisiva: « il carcere è solo una delle possibili risposte dello Stato per tutelare interessi primari della collettività; e che trattandosi di una risposta costosa, in termini economici e sociali, deve essere usata quando ogni altro strumento è inefficace ». In altre parole, per Carlo Renoldi, « è condivisibile il rafforzamento delle misure alternative ».

Insomma, mi sembra che Carlo Renoldi boccia la “giustizia-vendetta” promossa invece dal collega Gian Carlo Caselli.

Come deve essere la pena in carcere: la ricetta di Carlo Renoldi

Se un soggetto deve, necessariamente entrare in carcere, poi, per il Capo del DAP, « per realizzare un carcere secondo la Costituzione c’è bisogno, soprattutto, di spazi adeguati, di personale formato, di una nuova idea della quotidianità detentiva».

« Sul piano degli spazi – precisa Renoldi – , è essenziale una programmazione almeno decennale di realizzazione di nuovi istituti che consenta la chiusura delle strutture fatiscenti e l’apertura di nuove realtà ». E, qui, spiega, s’innesta il primo problema: « le procedure di progettazione di nuovi istituti sono di competenza del Ministero per le infrastrutture e la mobilità sostenibile », e non del Ministero della Giustizia.

Secondariamente, secondo Carlo Renoldi, negli spazi detentivi « dovrà essere invece chiamato a operare personale non di polizia, altamente qualificato e addestrato alla relazione con le persone ». Naturalmente fatta eccezione per le aree riservate alle « persone di più elevato spessore criminale, rispetto a cui è irrinunciabile la presenza negli spazi detentivi del personale di polizia».

Infine, risulta indispensabile pensare al “fine pena”: per questo serve « un protocollo per la realizzazione di un sistema integrato di interventi per il reinserimento delle persone detenute », che coinvolga le Regioni e in particolare i « titolari di essenziali competenze in materia di sanità, lavoro, assistenza sociale».

La risposta del Sistema a chi sognava “il carcere di domani”.

Naturalmente, tutti i progetti di Carlo Renoldi sono rimasti relegati nel “libro dei sogni”. Col nuovo governo Meloni, a soli nove mesi dalla nomina, Renoldi è stato revocato dal ministro della giustizia Carlo Nordio – spiega “Il Fatto Quotidiano” [3] – « per le sue posizioni contro il carcere duro per i boss». Addirittura si era permesso di aprire « ai colloqui via Skype per i mafiosi detenuti al 41bis » e di condannare lo « ottuso giustizialismo » [4].

Roba inaccettabile per certi politici e certe testate giornalistiche fautori dell’antimafia di facciata o della inutile brutalità della pena ( vedi il caso Cospito ).

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Fonti e Note:

[1] Il Riformista, 5 marzo 2022, “Chi è Carlo Renoldi, il nuovo capo del Dap voluto dalla Cartabia”.

[2] Sistema Penale, 22 dicembre 2022, Carlo Renoldi, Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, “Appunti per un carcere secondo la Costituzione”. Articolo di opinione apparso sul quotidiano “La Stampa”domenica 18 dicembre 2022.

[3] Il Fatto Quotidiano, 15 dicembre 2022, “Giovanni Russo, il pm della Dna sarà il nuovo capo del Dap: prende il posto di Carlo Renoldi”.

[4] Il Fatto Quotidiano, 17 marzo 2022, “Carlo Renoldi, il Cdm approva all’unanimità la contestata nomina del giudice di Cassazione come successore di Petralia a capo del Dap”.

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Natale Salvo

Nato e cresciuto nella terra del “Gattopardo”, la Sicilia. Ha dedicato la propria esistenza all'impegno sociale. Allenatore di una squadretta di calcio di periferia, presidente del circolo di Legambiente, candidato sindaco per il Partito Umanista. Infine blogger d’inchiesta; ha pagato le sue denunce di cattiva amministrazione con una persecuzione per via giudiziaria. E' autore del libro "La rivoluzione copernicana chiamata Reddito di Base", edito da Multimage, Firenze.

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