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Volt Italia : liberalizzare cannabis per difendere salute e rilanciare economia

26 Settembre 2020 by Natale Salvo Lascia un commento

La liberalizzazione controllata del consumo medico e ricreativo della cannabis è un tema tabou in Italia e, sinora, limitato a battaglie e provocazioni dei radicali.

Oggi, un nuovo movimento politico, Volt Italia, torna coraggiosamente ad affrontare il tema anche con una proposta organica.

Nell’ambito del capitolo “Sanità” del loro programma, infatti, Andi Shehu e Federica Vinci co-portavoce di Volt Italia sostengono la necessità della « liberalizzazione del consumo di cannabis per controllarne la qualità ed i consumi ».

Esatto. La finalità delle liberalizzazione, che potremmo più tecnicamente chiamare regolamentazione, è quello della tutela della salute.

Uno Stato spacciatore o, se si preferisce, libertario e regolamentatore consente, cosa più importante, di « controllare quantità e qualità del prodotto e del principio attivo in esso contenuto », ciò a tutela degli assuntori. In particolare, si potrebbe « ottenere il prodotto da coltivazioni certificate e controllate e con un limite ben stabilito di THC al 5%. […] L’obiettivo è quello di ridurre la dose di principio attivo in acuto, per rendere gli eventuali effetti collaterali meno frequenti, più gestibili e controllabili ».

« L’uso ricreativo in luoghi pubblici o aperti al pubblico sarà consentito solo in locali con licenza », precisano ancora quelli di Volt Italia.

I vantaggi della liberalizzazione della coltivazione e commercializzazione della cannabis

La proposta del giovane partito politico – è nato solo nel 2017, anche se conta già un deputato europeo – comporterebbe un duplice vantaggio :

  • Lo Stato sottrarrà il guadagno alla malavita organizzata e potrà investire le accise sull’acquisto del prodotto destinandole alla prevenzione ( « in Italia si parla di un business di 5-10 miliardi di euro l’anno », spiegano i promotori);
  • Si creerebbero delle nuove e legali imprese, piccole attività commerciali e agricole per la produzione e vendita al dettaglio ( dietro licenza connessa al monopolio di Stato ), che permetteranno un consumo in ambiente controllato e favoriranno la creazione di posti di lavoro e ricchezza.

Il ragionamento di Volt Italia è questo : « È necessario un cambiamento di approccio: il consumatore di sostanze non deve essere visto come un criminale tossicodipendente, ma come una persona da tutelare, il cui disagio è spesso creato dalla stessa società che successivamente tenderà ad emarginarlo. L’inclusione sociale, invece, permette di ridurre le conseguenze a lungo termine, poiché i pazienti avranno un più facile accesso alle cure sanitarie, in modo da prevenire tempestivamente le conseguenze e ridurne i costi associati ».

Al contrario, secondo la politica sostenuta oggi soprattutto dalle Destre reazionarie, « il perseguimento di una politica che concepisca la tematica della droga tramite modalità repressive, favorisce l’isolamento sociale dei consumatori ».

A dire di Volt, nei Paesi dove è già stata introdotta questa misura, il risultato è stato quello di « una riduzione generale del consumo di droghe leggere, in particolare nella fascia adolescenziale, quella che verrebbe esclusa dalla libera vendita ».

Da leggere:  Povertà : Tra la gente che sopravvive oggi e non sa domani

Contemporaneamente, infatti, Volt sostiene che « in tutte le scuole europee si dovranno fornire strumenti di apprendimento aggiornati ( informazione sanitaria ) e d’attività ( formazione sanitaria ) incentrate sul benessere » ( alimentazione, esercizio fisico reale, prevenzione sanitaria ).

In Marocco discutere di liberalizzazione produzione cannabis non è tabou !

Giusto per sottolineare una posizione, quella di Volt, che sta riscontrando aperture in diverse parti del mondo, segnalo il caso del Marocco.

La coltivazione, la vendita o il consumo di droghe è severamente proibito in Marocco. Ma il regno è uno dei principali produttori ed esportatori mondiali di hashish.

Nella regione del Rif nel nord del Marocco, infatti, i contadini locali si guadagnano da vivere con questa coltura [1].

Ma qui è il tema della liberalizzazione della coltivazione dell’haschich « non è più tabou ed è oggetto di dibattito nel regno », scrive il quotidiano online TSA Algeria.

In particolare, la deputata Ibtissam Azzaoui dei progressisti del PAM, il Partito autenticità e modernità.

Così riporta il giornale : « “lo sapevate che i migliori isolanti dell’industria edile vengono estratti dalla pianta di cannabis, che può essere utilizzata anche in medicina, nella cosmesi e nella fabbricazione della carta? Questo è il nostro obiettivo attraverso questo disegno di legge”, sostiene il deputato che perora la causa dei “piccoli agricoltori” per farli uscire dal mercato nero ed entrare nel sistema legale ».

« La proposta di legge sulla legalizzazione della coltivazione del kif non ha lo scopo di incoraggiarne la trasformazione in hashish, ma di utilizzarlo per scopi industriali e terapeutici », ha precisato la deputata Ibtissam Azzaoui, quindi.

Sarebbe ora che questo dibattito, in maniera laica, si aprisse seriamente anche in Italia.

Volt ha lanciato la palla, chi la raccoglierà ?

–

Note:

Credits : Photo by GRAS GRÜN on Unsplash

[1] « Secondo i dati dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC), il Marocco ha prodotto 35.652 tonnellate di erba di cannabis e 713 tonnellate di resina di cannabis nell’anno 2016. L’agenzia delle Nazioni Unite ha inoltre riferito che il Marocco aveva 47.000 ettari di terreno dedicato alla coltivazione della cannabis nel 2016 », scrive sempre TSA Algeria.

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