
“Ci sono troppe persone sul pianeta?”.
Sorprende non poco che, in epoca di pandemia da Covid-19, di mediatico conteggio quotidiano di decessi, su una rivista quale quella del popolare settimanale scientifico inglese “New Scientist” appaia un articolo con un tale titolo.
« Il successo contro le malattie infettive, insieme ad altri importanti sviluppi, ha migliorato drasticamente la nostra sopravvivenza e ha fatto salire i numeri dell’umanità, da poco più di 1,25 miliardi di persone di allora a 7,7 miliardi di oggi », ricorda la rivista.
« L’argomento di fondo è difficile da negare – sostiene poi l’autore, Richard Webb -. Con meno di noi in giro, ci sarebbero meno emissioni di gas serra, meno inquinamento e rifiuti, più spazio per noi e per il resto del mondo naturale per sopravvivere e prosperare ».
Il tema della eventuale sovrappopolazione del pianeta, e dell’eccessivo indice di natalità o, se si rpeferisce, del basso tasso di mortalità, non è certamente nuovo, s’intende.
Ma scriverne l’11 novembre, come fa il “New Scientist”, apparirebbe fuori luogo, salvo che si voglia … difendere la bontà di una “salvifica” epidemia.
La teoria di Malthus: ridurre la popolazione per essere più ricchi
L’allarme sovrappopolazione fu suonato per la prima volta dal pastore anglicano inglese Thomas Robert Malthus nel 1798 con la pubblicazione del suo “Saggio sul principio della popolazione e i suoi effetti sullo sviluppo futuro della società”. Il dibattito sulla visione maltusiana è antico. La maggior parte delle critiche s’incentrano sulla visione statica di Malthus della società umana che trascurava la possibilità di progresso sociale e specialmente tecnologico.
Il 25 ottobre 2011, la rivista Focus evidenziava un possibile aspetto negativo del basso “tasso di mortalità” : « la popolazione dei Paesi sviluppati diventerà più vecchia, con una minore percentuale di persone in età da lavoro e una più alta di pensionati, con rischi di crisi del sistema previdenziale (v. articolo seguente) e più costi per l’assistenza medica ».
Quasi ad auspicare un patogeno che riducesse la popolazione, Focus scriveva : « la mortalità è diminuita molto negli ultimi decenni, in tutto il mondo e in tutte le fasce d’età, per effetto dei progressi della medicina. Ma possono intervenire situazioni in grado di modificarla anche in periodi molto brevi ».
Raffaele Carcano, sul blog dell’ UARR, invece, non so se volontariamente o meno, riprendeva le teorie economiche malthusiane, appena lo scorso 18 febbraio:
« Diminuiamo drasticamente le nascite su scala mondiale, perché è l’unico modo per aumentare la qualità della vita di uomini e donne. Annulliamo la pletora di bonus-bebé che serve soltanto a disperdere gli scarsi fondi pubblici, e rendiamo palese che la libertà di procreare finisce dove inizia quella di chi è costretto a finanziare l’incoscienza riproduttiva. Libero chi vuole di essere irresponsabile, ma a proprie spese: vale per i troppi figli come per l’abuso di nicotina ».
Secondo Malthus, infatti, fino al salario di sussistenza non ci si sposa, né si fanno figli, e, più in generale, quando il livello di vita scenderà sotto lo standard di vita ritenuto accettabile, i poveri smetteranno di fare figli.
Chiaramente tutto il contrario delle politiche attuali di sostegno alla famiglia incentrate – tanto per volontà della chiesa fondamentalista quanto della destra estrema – sul sostegno all’incremento dell’indice di natalità ad almeno il tasso di 2,1 figli per donna fertile ovvero che al livello del cosiddetto tasso di sostituzione.
Ridurre i consumi per starci anche in 10 miliardi sulla Terra
L’analisi malthusiana « presuppone che il problema sia il numero di persone che ci sono sulla terra e non invece, come è ovvio, i loro consumi, il loro peso sull’ambiente e quindi conseguentemente sugli altri », sottolinea però il sito web “Il Cambiamento”. In realtà, sostiene questo sito web riportando il pensiero dello scienziato Stefano Mancuso, « il pianeta potrebbe tranquillamente ospitare una popolazione umana anche ampiamente superiore ai 10 miliardi di persone che si prevedono per il 2050 o giù di lì. Potrebbe appunto. Ma soltanto qualora l’umanità cambiasse radicalmente il proprio stile di vita, riducendo drasticamente l’uso di risorse non rinnovabili ».
Insomma, il tema è ingarbugliato e destinato ad alimentare il dibattito politico e scientifico per altre decine d’anni.
Salvo che intervenga una mortale pandemia che stermini la popolazione globale oppure magari un vaccino che ne causi la diffusa sterilità.
In ognuno di questi casi, la risposta alla domanda iniziale – “Ci sono troppe persone sul pianeta?” -, sarebbe superata per qualche generazione almeno.
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Credits : Photo by Salmen Bejaoui on Unsplash
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