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Migrazioni

In 10 anni, 531mila italiani sono emigrati

26 Gennaio 2021 by FronteAmpio.it 1 commento

mondo_emigrazione_immigrazione_viaggi

Migliaia di italiani sono emigrati anche nel 2019, continuando a cercare “avventura” all’estero. E’ quanto emerge dal report statistico pubblicato dall’Istat lo scorso 20 gennaio.

« Nel 2019 – precisa lo studio – il volume complessivo delle cancellazioni anagrafiche per l’estero è di 180mila unità, in aumento del 14,4% rispetto all’anno precedente ».

In particolare, « le emigrazioni dei cittadini italiani sono il 68% del totale ( 122.020 ) ». Per il resto si tratta di stranieri che, conosciuto il nostro paese e le sue condizioni sociali ed economiche, sono tornati a casa oppure hanno proseguito il proprio cammino verso un altro paese europeo.

Gli emigrati cercano lavoro ma anche di salari più alti

L’ISTAT condivide la comune valutazione secondo la quale « il trend in aumento degli espatri è da attribuire in larga parte alle difficoltà del mercato del lavoro italiano di assorbire l’offerta soprattutto dei giovani e delle donne ».

Tuttavia, « a queste [difficoltà] si aggiunge il mutato atteggiamento nei confronti del vivere in un altro Paese – proprio delle generazioni nate e cresciute in epoca di globalizzazione – che induce i giovani più qualificati a investire con maggior facilità il proprio talento nei paesi esteri in cui sono maggiori le opportunità di carriera e di retribuzione ».

Assolutamente inefficaci, quindi, secondo l’ISTAT, « i programmi specifici di defiscalizzazione, messi in atto dai governi per favorire il rientro in patria delle figure professionali più qualificate ». D’altro canto è notorio che gli stipendi italiani sono notevolmente più bassi di quelli stranieri ( Svizzera, Germania, etc. ) e l’accesso al mondo del lavoro nel nostro paese è legato più a dinamiche politiche ( “la segnalazione del politico amico” ) che ai curriculum.

Gli emigrati hanno scelto UK, Germania, Francia e Svizzera

Dove fuggono gli italiani ?

« Nel 2019 – risponde l’ISTAT – il flusso di espatri verso il Regno Unito registra la cifra record di 31mila cancellazioni anagrafiche ( +49% rispetto all’anno precedente ) ».

Tuttavia questo dato è anomalo e legato alla Brexit. « Molti dei cittadini italiani, verosimilmente già presenti nel territorio britannico ma non registrati come abitualmente dimoranti, hanno ufficializzato la loro posizione trasferendo la residenza nel Regno Unito ».

« Nel 2019, il secondo posto nella graduatoria dei paesi di destinazione europei è occupato dalla Germania con poco meno di 19mila espatri ( +4% rispetto al 2018 ) , il terzo dalla Francia ( 13mila ), seguita da Svizzera ( 10mila ) e Spagna ( 6mila ) ».

« Nel decennio 2010-2019 questi cinque Paesi hanno accolto complessivamente circa 531mila italiani emigrati », aggiunge l’ISTAT. Quasi il 10% della popolazione ha lasciato il paese.

Immigrazione in calo: gli arrivi maggiori dall’Europa dall’Est

Naturalmente, però, ci sono anche i rimpatri. Ogni anno circa metà di coloro che avevano lasciato l’Italia fanno rientro.

Ci sono pure gli ingressi, ovvio.

Tuttavia, diversamente da quel che si crede, “l’invasione”, la “sostituzione etnica” non esistono.

Gli immigrati stranieri provengono principalmente dall’Europa, ovvero:

  • dalla Romania ( 35.000 ingressi ),
  • e Albania ( 23.000 ).
  • Seguono gli ingressi dal Brasile ( 22.000 ),
  • dal Marocco ( 19.000 ),
  • dall’India e Bangladesh ( 12.000 ) ciascuno,
  • quindi dalla Cina e dal Pakistan ( 10.000 ciascuno ).
  • Consistenti anche gli ingressi dalla Ucraina ( 7.000 ) e dalla Moldova ( 6.500 ).

Fuga da Sicilia e Calabria: i giovani lasciano il sud

C’è poi la migrazione interna. Italiani che lasciano la propria regione, o comunque la propria città, e spostano la residenza altrove. « Nel 2019 il volume complessivo dei movimenti interni supera 1 milione 485mila trasferimenti ( +9% sul 2018 ) ».

In proposito l’Istituto Nazionale di Statistica precisa : « a livello sub-regionale, le province più attrattive, con saldo migratorio netto positivo più alto, sono Bologna ( +6 per mille ), Parma ( +5,4 per mille) e Monza-Brianza ( +4,5). Le province che invece perdono più residenti, registrando saldi migratori netti più bassi, sono Crotone ( -10 per mille ), Caltanissetta ( -8,5 per mille ), Reggio Calabria ( -8 per mille ), Enna e Vibo Valentia ( entrambe -7 per mille ) ».

L’analisi di questi dati dovrebbe richiedere ai politici meno demagogia e più attenzione.

Tra altri 10 anni l’Italia si troverà in grandi difficoltà, con l’indice di fecondità di poco superiore ad uno ( 1,27 figli per donna ), immigrazioni in calo e con gli espatri in crescita ( saldo netto -53.813 nel 2019 quando era -11.353 nel 2010 ).

Chi lavorerà qui da noi?

–

Credits : Photo by Kyle Glenn on Unsplash

FONTE: ISTAT, 20 gennaio 2021, “ISCRIZIONI E CANCELLAZIONI ANAGRAFICHE DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE|ANN0 2019”

Archiviato in:Migrazioni Contrassegnato con: ISTAT, Migrazioni

Fenomeno migratorio : la Costituzione boccia la “Turco-Napolitano”

3 Settembre 2020 by FronteAmpio.it 2 commenti

nousvenonsenamis

« Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica ».

In un Paese che vive di opinioni da bar, aliene da basi tecniche ed esternate su gruppi facebook di composita formazione, fissare un punto fermo è essenziale.

Il punto fermo, qui, è dato dall’articolo 10, comma 3, della Costituzione della Repubblica.

articolo 10 della Costituzione della Repubblica

Parlare di Migranti per nascondere i veri problemi che non si affrontano

Sto parlando chiaramente del fenomeno della migrazione che si divide, assieme quello del coronavirus Covid-19, l’attenzione sui mass media e sui social, come se altri ben più seri problemi da dibattere e portare a soluzione non ce ne fossero.

Quali? Esemplificando:

  • lavoro precario,
  • tempi biblici della giustizia e della sanità pubblica,
  • evasione fiscale,
  • formazione scolastica, e dispersione scolastica,
  • clientelismo,
  • corruzione nella Pubblica Amministrazione,
  • età pensionabile, salario minimo, e riduzione orario di lavoro,
  • denatalità,
  • e microcriminalità su tutti.

Il diritto d’asilo a chi fugge da Paesi privi delle libertà democratiche

Com’è facile notare, almeno per chi ha il senso della vista e una conoscenza basica della lingua italiana, nel testo delll’articolo 10, comma 3, della Costituzione della Repubblica non sono inclusi i vocaboli guerra, violenza, persecuzione.

La Costituzione della Repubblica, nelle sue linee fondamentali, si sostanzia, quindi, nel riconoscere il diritto d’asilo a chiunque, nel proprio Paese d’origine, non siano garantite quelle stesse libertà democratiche che sono garantite nel nostro.

Quali sono tali libertà?
Si individuano nei cosiddetti diritti inviolabili dell’uomo. A solo titolo esemplificativo, dal blog giuridico “La legge per tutti” traggo ed indico, tra gli altri :

– la libera manifestazione del proprio pensiero,
– il diritto di associazione e di riunione,
– la libertà religiosa.

In parole povere, chi, nel proprio Paese d’origine, non ha riconosciute tali libertà, ha diritto all’asilo. Sic et simpliciter.

Basta leggere

  • i rapporti annuali di Amnesty International,
  • le classifiche annuali di Reporters Sans Frontiéres, per rilevare i Paesi dove tali libertà non sono riconosciute.

Tanti, tantissimi.

A cominciare, sicuramente, da diversi Paesi teocratici per continuare in quelli dove i presidenti succedono a se stessi da decine d’anni, per finire con quelli dove scrivere o diffondere un’opinione politica diversa da quella dominante vuol dire vedersi subito aprire le porte delle prigioni, per poi vederle chiuse per tanti anni.

La Turco-Napoletano, legge xenofoba firmata dalla Sinistra

Il Partito Democratico (o meglio il suo antenato PDS), nella persona dell’allora primo ministro Romano Prodi, nel 1998, al fine di contrastare il fenomeno migratorio, specie quello proveniente dall’Africa, su cui la Destra razzista e xenofoba costruiva il proprio successo elettorale, s’inventò la cosiddetta legge “Turco-Napolitano” (legge 6 marzo 1998, n. 40), dal nome dei due proponenti, che, semplicemente e di fatto cassò il terzo comma dell’articolo 10 della Costituzione della Repubblica.

Preciso, per onor del vero, che anche Rifondazione e Verdi, che quel governo di Romano Prodi sostenevano, votarono a favore del provvedimento.

Quegli stessi che oggi, senza rinnegare le proprie storiche responsabilità, si lamentano ed accusano di razzismo chi mantiene quel sistema all’epoca anche da loro disegnato.

La Turco-Napolitano, al primo comma dell’articolo 1, dichiara di dare attuazione al secondo comma dell’articolo 10 della Costituzione della Repubblica ovvero quello di « regolamentare la condizione giuridica dello straniero ».

Con noncuranza e cinismo, quindi, dimentica di dare attuazione al successivo comma 3.

Anzi, piuttosto, veniva riscritto con l’art. 18 (oggi articolo 20) della stessa legge Turco-Napolitano che riconduceva – previo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri – gli eventuali interventi di « solidarietà sociale » a favore di stranieri solo ad eccezionali e « rilevanti esigenze umanitarie, in occasione di conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolare gravità ».

La questione della fruizione, o meno, delle libertà democratiche veniva cancellata col classico colpo di spugna, ovvero residuata in un articolo 17 (oggi articolo 19) che si limitava a declarare un generico divieto di respingimento dello straniero « verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi […] di sesso, di religione, di opinioni politiche […] ».

Divieto di respingimento, o obbligo di riconoscimento del titolo di rifugiato, peraltro in tal caso previsto dall’articolo 1 della Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951.

Bossi e Fini, i leader della Destra razzista e xenofoba successivamente andati al governo, con la legge n. 189 del 30 luglio 2002, e il governo giallo-verde del premier Conte nel 2018 coi suoi famosi Decreti Sicurezza, si sono quindi limitati a limare – in pejus – il quadro incostituzionale disegnato dai Democratici di … Sinistra.

L’ipocrita dichiarazione di accogliere chi fugge dalle guerre. Ce ne sono in 70 Stati, ma non valgono !

Le dichiarazioni scellerate dei Salvini e della Meloni e le loro domande retoriche (del tipo: “ma in Tunisia [Algeria, etc] c’è guerra?”) hanno quindi un fondamento giuridico, seppure incostituzionale.

In Tunisia, in Algeria, solo per fare due esempi, non c’è guerra, ma nessuno, onesto e cosciente, potrebbe sostenere che lì le libertà democratiche equivalgono a diritti pienamente e stabilmente acquisiti come già nel mondo occidentale [1].

La guerra, se per essa s’intende un “conflitto aperto e dichiarato fra due o più stati”, in atto c’è forse solo in Yemen.
E anche lì si discute sulla legittimità del governo che difende il Paese dagli attacchi della coalizione guidata dall’Arabia Saudita. Altrove, in circa una settantina di Stati, esistono solo conflitti armati interni – non guerre nel senso del diritto internazionale, quindi – di ordine etnico, religioso o indipendentista, come evidenzia il sito web “Guerre nel Mondo”.

In senso stretto del diritto internazionale e della legge Turco-Napolitano, di fatto, nessun straniero ha quindi diritto alla nostra solidarietà sociale fatti salvi coloro che si dichiarano omosessuali e che possono dimostrare che nel proprio Paese esistono legislazioni che prevedono la persecuzione contro chi ha tale orientamento sessuale.

Quanto sopra sostenuto sposta il dibattito sulla regolazione della migrazione degli stranieri non al dito Decreti Sicurezza ma alla luna Turco-Napolitano.

Gli xenofobi, insomma, sono più a monte di Salvini.

—

Note:

[1] Per approfondimento sulla situazione in questi Paesi, è sufficiente leggere gli ultimi rapporti del Comitato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite:

  • Vedi: Situazione dei Diritti dell'Uomo in Algeria [aggiornamento: 17 agosto 2018];
  • Vedi: Situazione dei Diritti dell'Uomo in Tunisia [aggiornamento: 24 aprile 2020].

Archiviato in:Migrazioni Contrassegnato con: Costituzione, Migrazioni

Da 256 giorni Conte non modifica i Decreti Salvini

19 Maggio 2020 by FronteAmpio.it 3 commenti

Siamo tutti esseri umani - No ai Decreti Salvini

Le promesse da marinaio di Conte : da 256 giorni resistono i due Decreti Salvini (detti anche Decreti Sicurezza); eppure lui stesso dichiarava di non condividerli integralmente e promesso di modificarli.

Il 5 settembre 2019 giurava il nuovo governo, il Conte II, sostenuto, a fianco ancora al Movimento Cinque Stelle, da Partito Democratico e Liberi e Uguali. Si concludeva così la crisi di governo nata dall’uscita dalla maggioranza della Lega.

Il partito guidato da Matteo Salvini era caduto nel proprio bluff che puntava ad ottenere nuove elezioni per capitalizzare il consenso ottenuto alle Europee.

I 29 punti del programma del governo Conte II (PD-M5S-LeU)

Il nuovo governo nasceva attorno un programma minimo di 29 punti che erano stati riportati dal quotidiano Il Fatto Quotidiano.

Tra i più qualificanti quelli di :

  • ridurre il numero dei parlamentari,
  • introdurre una nuova legge elettorale,
  • individuare una retribuzione giusta per tutti i lavoratori (cosiddetto salario minimo),
  • potenziare la lotta all’evasione fiscale prevedendo l’inasprimento delle pene, incluse quelle detentive, ed estendendo e potenziando i pagamenti elettronici obbligatori e riducendo drasticamente i costi di transazione,
  • evitare l’esportazione delle armi che possano colpire la popolazione civile,
  • rivisitare la disciplina in materia di sicurezza specie « alla luce delle recenti osservazioni formulate dal Presidente della Repubblica ».

Il presidente Sergio Mattarella, infatti, in merito a quest’ultimo punto, pur firmando il Decreto Sicurezza bis, aveva espresso due critiche di sproporzionalità rispetto alle sanzioni a carico di chi salvasse le vite in mare e contro chi manifestava che erano state riportate anche dal giornale La Repubblica l’8 agosto 2019.

Oggi, a 256 giorni dall’insediamento del governo Conte II, salvo che del primo punto – per il quale siamo in attesa dello svolgimento del referendum confermativo – della realizzazione di questi punti programmatici non si sa nulla.

Il salario minimo è arenato in Commissione parlamentare dal luglio 2019 senza che il testo sia stato più discusso.

L’ala xenofoba dei Cinque Stelle blocca modifiche ai Decreti Salvini

Della riforma dei Decreti Sicurezza, o Decreti Salvini, si parla a singhiozzo più sulla stampa che nelle Aule del Parlamento:

  • a dicembre, il primo ministro Giuseppe Conte aveva sostenuto che « vanno depurati da condizioni che io stesso ritengo inaccettabili » (Agenzia Nova, 28 dicembre), pur ribadendo che « quei decreti contengono un contenuto normativo molto utile che va preservato » (La Repubblica, 28 dicembre) ;
  • in gennaio, un testo base sembrava essere stato predisposto dal ministro degli interni Luciana Lamorgese che sosteneva come « i testi erano pressochè pronti » (Agenzia AGI, 8 gennaio) subito sostenuta dal suo vice, il dem Matteo Mauri che confermava « che si sta lavorando a una revisione consistente »;
  • a febbraio, il Movimento Cinque Stelle si era messo di traverso (com’è noto esso è diviso tra un’ala di sinistra e un’altra xenofoba ed autoritaria) : « M5s frena su permessi umanitari – Tornare indietro vanificherebbe i positivi risultati ottenuti, afferma Vito Crimi » (RaiNews, 17 febbraio).

E tutto si è fermato lì.

I punti critici dei Decreti Salvini

Quali punti, a mio avviso, inaccettabili e che andavano rivisti?

  • l’impiego dei taser, le armi ad impulsi elettrici, anche da parte della Polizia Municipale (L. 4 ottobre 2018, n. 113, Decreto Sicurezza, articolo 19);
  • l’istituzione del reato di blocco stradale che ulteriormente riduce il diritto di manifestare (si giunge sino a 4.000 euro di multa per « Chiunque impedisce la libera circolazione su strada ordinaria, ostruendo la stessa con il proprio corpo » sulla base dell’articolo 23 del Decreto Salvini);
  • l’aumento di due anni (da 2 a 4) per esitare la richiesta di cittadinanza da parte di uno straniero che di suo va’ presentata dopo almeno dieci anni di soggiorno regolare (articolo 14);
  • l’abolizione della protezione umanitaria per gli immigrati (articolo 1);
  • il raddoppio dei tempi di trattenimenti nei cosiddetti Centri per il Rimpatrio, da un massimo di 90 giorni a 180 giorni (articolo 3);
  • la sostanziale soppressione degli SPAR, i piccoli centri che ospitavano i migranti, sotto l’egida dei Comuni (articolo 12);
  • l’inasprimento delle pene per una serie di reati quali l’oltraggio contro pubblici ufficiali, membri di un corpo politico o giudiziario e il danneggiamento di beni pubblici (pene fino a tre anni, ex articolo 341 bis, 343, 635 C.P.; Decreto Sicurezza bis, Legge 8 agosto 2019, n. 77, articolo 7).

L’ala xenofoba del Movimento Cinque Stelle rema contro, ma gli altri rappresentanti, mi riferiscono anche a quelli della sinistra sbiadita (Liberi e Uguali) non alzano la voce a far comprendere che non sono attaccati alla poltrona.

Noi attendiamo, ma sono passati 256 giorni dalla promessa da marinaio dei 29 punti programmatici sottoscritta da Giuseppe Conte.

–

Credits : Photo by Maria Oswalt on Unsplash

Archiviato in:Diritti Civili, Migrazioni Contrassegnato con: Democrazia, Migrazioni

Molenbeek : inaugurato il Museo delle Migrazioni

14 Ottobre 2019 by FronteAmpio.it Lascia un commento

Bruxelles si arricchisce di un nuovo museo : il « Museo delle Migrazioni ». La struttura è stata inaugurata nel comune di Molenbeek lo scorso sabato 12 ottobre, grazie all’impegno dell’associazione « Foyer » ed al contributo finanziario della comunità fiamminga.

In un’epoca in cui il diverso, lo straniero in particolare, sono visti come nemici, si sentiva il bisogno di umanizzare le migrazioni, dando ad ognuno un volto, una voce, degli oggetti, una storia.

Qui sta l’idea vincente del piccolo museo.

Dopo aver osservato, nel giardino posteriore dell’immobile, un’installazione in legno che ricorda una delle tante imbarcazioni (opera dell’artista d’origine avolese Elia Li Gioi) che, attraverso il mar Mediterraneo, hanno trasportato migliaia di essere umani alla ricerca di un futuro migliore, si accede al primo piano.

Qui, ai visitatori, sono offerti due percorsi.

Nel primo, quello storico, una serie di pannelli, sintetici ma ricchi d’immagini d’epoca, raccontano la storia delle migrazioni in Belgio a partire della seconda guerra mondiale. Si evidenziano due fasi. Nella prima, che dura fino a circa gli anni ottanta, il Belgio cerca stranieri da sfruttare nelle proprie miniere; prima gli italiani e, poi, dopo la tragedia di Marcinelle, spagnoli, greci, marocchini, turchi. Nella seconda, al contrario, s’iniziano ad innalzare dei « muri », almeno culturali, pur contemporaneamente rispettando i diritti d’asilo imposti dai trattati delle Nazioni Unite.

Questo percorso si conclude con uno schermo interattivo che evidenzia, decennio dopo decennio, sino ai giorni nostri, l’evoluzione della presenza dei non belgi nei vari comuni di Bruxelles.

Col secondo percorso, invece, è possibile leggere (ma anche ascoltare con apposite cuffie) le storie, i pensieri e le emozioni di tanti immigrati, marocchini ma anche italiani, osservare degli oggetti cui sono legati (dal permesso di soggiorno fino ad una macchinetta da caffè; alcune foto di famiglia).

Sabato, all’inaugurazione, ad accogliere i visitatori, un panettiere che sfornava sul posto diversi tipi di pane (turco, pakistano, …) ed, egualmente; delle donne, marocchine e pakistane; che porgevano del the nelle versioni dei propri paesi d’origine.

Si provava, in definitiva, a far cogliere, nel visitatore, la ricchezza della diversità.

La parte più divertente della mostra era rappresentata dalla possibilità di farsi fotografare con un’apposita macchina. La stampante, immediatamente dopo, riproduceva un’immagine artificialmente ingiallita che era possibile applicare, su una mappa del globo, nel luogo della propria origine.

Archiviato in:Estero Contrassegnato con: Belgio, Migrazioni

Trapani, sentenza pilota del Tribunale: i migranti non possono respingersi in Libia

10 Giugno 2019 by FronteAmpio.it Lascia un commento

giustizia

Una sentenza del Tribunale di Trapani riapre il caso Vos Thalassa e, indirettamente, il caso della motovedetta Diciotti giunta nel porto siciliano il 12 luglio 2018. Ricordate il caso? Il ministro Danilo Toninelli, su Twitter, forse era stato affrettato a giudicare.

Insomma, secondo la Giustizia, che è lei poi che decide, non noi su Twitter o Facebook, non c’erano “facinorosi” da punire.

Da un lato, la sentenza libera i due migranti incarcerati da dieci mesi per le presunte minacce all’equipaggio che li aveva “ripescati”, assieme ad altri 65, dal Mediterraneo per poi provare a ricondurli in Libia, secondo le direttive del governo italiano. Dall’altro la decisione avvia, probabilmente, una procedura giudiziaria tanto a livello nazionale quanto europeo contro lo Stato italiano per il risarcimento dell’ingiusta detenzione subita e la violazione dei diritti umani.

L’assoluzione dei due giovani è avvenuta dopo che il legale di uno dei due detenuti, l’avvocato Donatella Buscaino, ha invocato che «il fatto non costituisce reato per la sussistenza della causa di giustificazione di cui all’art. 54 del Codice Penale».

Gentiloni e Minniti hanno violato la Costituzione con l’accordo libico

Ora non lo dicono più solo le forze sociali, la chiesa, le associazioni vicine ai migranti; lo dicono anche i magistrati sostenendo che l’attività di “respingimento” dei migranti così come svolta da questo governo e dal precedente governo monocolore PD (Paolo Gentiloni con il suo ministro Marco Minniti) è incostituzionale.

Il memorandum firmato da @PaoloGentiloni e Minniti (@pdnetwork) per tenere i #migranti in #Libia è incostituzionale. Lo dice il Tribunale di #Trapani. Condividi il Tweet

«Il più volte menzionato memorandum [accordo tra Italia e Libia sui respingimenti, ndR] è un accordo che, pur avendo ad oggetto una materia rientrante tra quelle per cui l’articolo 80 della Costituzione prescrive la previa autorizzazione parlamentare alla ratifica, è stato concluso in forma semplificata, ovverosia con il solo consenso espresso dal presidente del Consiglio italiano [Gentiloni, PD, ndR] e dal Capo del Governo libico di riconciliazione nazionale, senza previa autorizzazione del Parlamento». Così scrive il giudice Piero Grillo, del Tribunale di Trapani, a pag. 42 delle motivazioni della sentenza del 23 maggio 2019, depositate solo il 3 giugno.

La sentenza poi ricorda che «La Convenzione di Amburgo, al contario, impone agli Stati che l’anno ratificata [tra cui l’Italia, NdR] di garantire che, una volta concluse le operazioni di ricerca e salvataggio dei naufraghi, questi vengano condotti in un luogo sicuro dove, oltre all’integrità fisica e della dignità umana in generale, sia garantita la possibilità di far valere i diritti fondamentali, a partire dalla richiesta di protezione internazionale».

Non si può respingere verso Paesi ove c’è la tortura

E su questo aspetto il giudice Giuseppe Grillo si esprime ancora più chiaramente: «è arduo sostenere che nell’estate del 2018 (epoca cui risalgono i fatti oggetto del giudizio) la Libia fosse un posto sicuro ai sensi della Convenzione di Amburgo. Invero, essendo già allora il contesto libico caratterizzato da violazioni gravi e e sistematiche dei diritti umani e non essendo stata mai ratificata la Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati da parte della Libia, difficilmente questa poteva essere considerata un luogo sicuro».

Ancora, il magistrato scrive come «la Corte di Strasburgo ha ricavato dall’art. 3 della CEDU (che pone il divieto di tortura e altri trattamenti inumani o degradanti) il divieto di espellere, respingere o estradare l’individuo straniero verso uno Stato qualora esista il rischio reale, attuale, personale e concreto di sottoporre a tali pratiche da parte di agenti pubblici o privati». Anche per l’art. 52, pragrafo 3, della Carta di Nizza – spiega il giudice –, in maniera «assoluta e inderogabile» vieta respingimenti verso Paesi “a rischio tortura”.

Per tutti questi motivi, il giudice riconoscendo che le “offese” dei due migranti all’equipaggio non erano state «sproporzionate», e dato che «erano in gioco, da una parte, il diritto alla vita e a non essere sottoposti a trattamenti disumani o di tortura, dall’altra il diritto alla autodeterminazione dell’equipaggio sicuramente sacrificabile» ha accolto la richiesta degli avvocati della difesa e assolto i due migranti.

Per chi si è perso qualche passaggio delle storia Vos Thalassa – Diciotti, questo famoso youtuber Alesssandro Masala la spiega in maniera chiara e neutrale [clicca su immagine per vedere video].

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No al green pass della vergogna!

Petizione contro il "green pass della vergogna" indirizzata ai Presidenti dei Gruppi Parlamentari della Camera dei deputati.

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No al green pass della vergogna

Ai Sigg. Presidenti dei Gruppi Parlamentari della Camera

Sig.ra/Sig. Presidente,

da oltre un anno e mezzo il popolo italiano subisce limitazioni radicali a diritti e libertà considerate fondamentali dalla Costituzione, dalla Cedu e dalla Dichiarazioni dei diritti fondamentali dell’uomo.

Se accettiamo che i principi fondamentali dello Stato di diritto possano essere sospesi oggi, in nome della gestione della pandemia, dobbiamo sapere che stiamo consegnando al futuro la possibilità di prendere direzioni diverse dalla democrazia in nome di qualsiasi altra minaccia che dovesse presentarsi, di origine umana o naturale

Il green pass colpisce una categoria di persone che esercita una libertà costituzionalmente garantita [non vaccinarsi], che viene penalizzata in quanto tale, per via di una propria qualità personale, di una propria condizione e di una libera scelta

Il “green pass” della vergogna viola:

  • l’articolo 1 della Convenzione ONU sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione,
  • gli articoli 2 e 3 della Costituzione italiana,
  • l’articolo 21 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE,
  • l’articolo 2 e 7 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo,
  • l’articolo 14 della Convenzione Europea sui Diritti Umani,
  • l’articolo 10 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea,
  • e, infine, la Risoluzione 2361 del Consiglio d’Europa approvata il 27/01/2021 che, al punto 7.3, vieta ogni forma di discriminazione per chi scelga di non vaccinarsi.

Le ragioni emergenziali non possono essere utilizzate come scudo per sospendere e annullare diritti considerati intangibili dai Padri Costituenti e dalla comunità internazionale

Pertanto, si chiede che l’emergenza sanitaria sia affrontata senza derogare di un passo dal percorso della civiltà del diritto.

**la tua firma**

Questa petizione è chiusa.

Data di scadenza: Sep 10, 2021

Firme raccolte: 440

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