Europa: Una Costituzione per non essere solo un’espressione geografica

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L’Europa, quella che c’è oggi non è certamente una Nazione, ma è solamente una espressione geografica per dirla alla Metternich.

Non lo è, perché manca degli elementi costitutivi di una Nazione: lo Ius Imperi, lo Ius Gladii, una moneta sovrana. Ancora meno si può parlare di Popolo Europeo.

Tanto il Trattato dell’Unione Europea  del 1992 quanto il successivo di Lisbona non citano mai il vocabolo Popolo nel proprio testo, ma si legge solo di «Popoli europei» (ovvero popoli dell’entità geografica Europa).

Se si vuole costruire una vera Unione Europea, che superi gli egoismi dei singoli paesi che la compongono, e se si ritiene che l’Unione Europea possa veramente «promuovere un progresso economico e sociale equilibrato e sostenibile» non resta che accelerare il cammino per la sua costruzione.

Per un’Europa Nazione: cosa modificare nel Trattato di Lisbona

Personalmente penso, infatti, che sia mancata l’Unione politica. Sicuramente è mancata una Costituzione Europea che superasse l’attuale dedalo di Trattati e di Protocolli aggiuntivi e che riconoscesse lo Ius Imperi, ovvero il comando, al suo governo democraticamente eletto.

Per ottenere questo, a mio parere, vanno tagliati i lacci con gli Stati Nazionali – con l’abolizione delle Istituzioni del Consiglio Europeo  e di quello del Consiglio dell’Unione Europea  – a favore dell’Organo eletto dai cittadini europei, cioè il Parlamento e la Commissione che da questo deve ottenere la fiducia.

É mancata, e quindi serve, un’Europa che possegga la Ius Gladii ovvero una propria indipendenza territoriale garantita da forze armate europee. Un’Europa, quindi, libera da eserciti e basi di paesi esterni (vedi eserciti e basi USA).

É mancata, e quindi serve, un’Europa che abbia una propria indipendenza economica. In altre parole, è necessaria una sovranità monetaria rappresentata dal diritto di battere moneta.

La moneta unica deve decisamente essere emessa da un Banca interamente di proprietà della Nazione-Europa. Vale a dire da una banca i cui amministratori siano nominati dallo Nazione-Europa (come l’americana Federal Reserve il cui Board of Governors è nominato dal Presidente e dal Senato USA). Oggi invece nella BCE, la Banca Centrale Europea, questi non solo vengono nominati dalle banche dei singoli Stati regionali ma il 29,7% del capitale della BCE è sottoscritto da paesi non euro .

Oggi, sulla base dell’art. 284.3 del Trattato di Lisbona (ripreso dall’art. 15.3 dello Statuto BCE ), «la Banca centrale europea trasmette al Parlamento europeo […] una relazione annuale sull’attività […] e sulla politica monetaria dell’anno precedente e dell’anno in corso». La relazione non viene votata dal Parlamento; può semplicemente essere sottoposta a «dibattito generale».

A sua volta, l’art. 123 dello stesso trattato, vieta il finanziamento del debito pubblico da parte della BCE e delle Banche centrali degli Stati membri ovvero di essere prestatori di ultima istanza.

Su questi tre pilastri, poi, è chiaro che si debba erigere uno Stato che non discrimini i cittadini secondo la Regione (Stato Federale) di residenza.

É chiaro, quindi, come sia necessario armonizzare gli ordinamenti almeno nel settore del diritto penale e civile come nel settore fiscale, previdenziale e del lavoro.

Oggi, al contrario, il Trattato di Lisbona, all’art. 144.2, esclude che il Parlamento Europeo possa adottare misure relative al «ravvicinamento delle disposizioni legislative» proprio nel settore fiscale e in quello relativo ai diritti ed interessi dei lavoratori dipendenti.

Non resta, quindi, che rimboccarsi le maniche e dare all’Europa quei poteri che oggi non ha.

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Natale Salvo

Nato e cresciuto nella terra del “Gattopardo”, la Sicilia. Ha dedicato la propria esistenza all'impegno sociale. Allenatore di una squadretta di calcio di periferia, presidente del circolo di Legambiente, candidato sindaco per il Partito Umanista. Infine blogger d’inchiesta; ha pagato le sue denunce di cattiva amministrazione con una persecuzione per via giudiziaria. E' autore del libro "La rivoluzione copernicana chiamata Reddito di Base", edito da Multimage, Firenze.

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