Kumba, Camerun: strage di scolari, ennesimo atto della guerra civile

Il mondo si è risvegliato con davanti gli occhi il copioso sangue che copriva il pavimento di una scuola elementare di una cittadina del Camerun, Kumba.

Secondo la fonte ufficiale, sei bambini, di cui cinque femmine, tra i 9 e i 12 anni, sarebbero stati uccisi da un commando penetrato nella scuola. Altri tredici sarebbero feriti, di cui sette in maniera grave. Il commando, composto da una dozzina di uomini, sarebbe arrivato sul posto a bordo di moto ed avrebbe compiuto la strage sia con l’uso di armi da fuoco che di macete.

Le poche immagini che giungono attraverso i social sono raccapriccianti : tanto sangue, diversi bambini senza vita, distesi uno sull’altro come a proteggersi tra loro [ sembra che quattro fossero fratelli, NdR ], altri riversi sul banco, teste mozzate, pezzi di cervello sparsi a terra, genitori urlanti dal dolore.

La scuola è a gestione cattolica, ma piuttosto che nel movente religioso – a Kumba esistono e convivono chiese cattoliche, evangeliche, moschee, etcla spiegazione della strage potrebbe individuarsi nel fatto che in essa si insegnasse il bilinguismo, la lingua francese dell’ occupante governo legittimo assieme a quella inglese locale.

La regione, infatti, è coinvolta da anni in una guerra civile e gli insorti hanno dichiarato il boicottaggio scolastico proprio per questo motivo.

Ma non c’è alcuna rivendicazione della strage, anzi entrambe le parti si accusano l’un l’altra. Una terza ipotesi condurrebbe ad un semplice atto criminale, una semplice vendetta per non aver ricevuto un riscatto.

Strage di Kumba (Camerun), l’Unicef: la scuola non sia una trappola mortale

La strage della scuola di Fiango, quartiere di Kumba, lascia comunque sicuramente choccati. Uccidere dei bambini e dei bambini seduti tra i loro banchi di scuola è semplicemente mostruoso. Non esistono ragioni per giustificare questo crimine contro l’Umanità.

« La scuola deve essere un luogo sicuro e di istruzione e non una trappola mortale », ha propriamente commentato Henrietta H. Fore, direttore esecutivo dell’UNICEF.

Ma la strage di Kumba non è la prima nel martoriato Camerun Meridionale e non sarà l’ultima. Solo lo scorso 14 febbraio, ad esempio, almeno ventuno persone, di cui tredici bambini ed una donna incinta, furono trucidati a Ngarbuh, nella provincia nord del Camerun Meridionale. In quel caso, ad essere accusata della strage fu la BIR, l’elite dell’esercito del dittatore Biya.

E’ inutile limitarsi al cordoglio, e non andare al profondo della crisi che attanaglia, si potrebbe dire da sempre, il Camerun. E’ indispensabile rimettere nelle mani delle Nazioni Unite ( se esistono ancora ) o della diplomazia dell’Unione Europea ( con cui il Camerum ha forti rapporti commerciali ) la soluzione pacifica alla guerra civile definitivamente esplosa il 1 ottobre 2017.

Un guerra civile scoppiata con l’indipendenza dell’Ambazonia

Dopo decenni di covare sotto la cenere, infatti, il territorio del cosiddetto Camerun Meridionale, sarebbe più corretto dire occidentale, in quella data proclamò la propria indipendenza sotto il nome di Ambazonia. Nazione, però, non riconosciuta dalla Comunità Internazionale.

L’esercito regolare ben presto reagì e ne nacque la guerra civile che insanguina tutt’ora il Paese.

Si contavano – secondo un report del 2 maggio 2019 [1] – circa 1.850 morti, 530.000 sfollati, e 35.000 rifugiati nella vicina Nigeria. Oggi i numeri sono, purtroppo, ben più ampi : quasi raddoppiati.

A nulla serve, quindi, il cordoglio dell’ottantasettenne dittatore camerunense Paul Biya, al potere ininterrottamente dal 1982, che su Twitter esprime « grande tristezza » e la condanna per un « crimine barbaro e codardo contro bambini innocenti ».

Camerun: Non serve la repressione, ma il dialogo per giungere alla pace

Serve, invece, una vera volontà di pace, tra le due parti, che cominci con:

  • un cessate il fuoco,
  • il rilascio dei detenuti politici,
  • ed un’amnistia,
  • e si completi con una riforma costituzionale che tuteli le minoranze, anglofone ed islamiche, del Paese, come chiede dal carcere Sisiku Julius Ayuk Tabe l’autoproclamato presidente dell’Ambazonia.

Paul Biya non sembra l’uomo capace di una tal azione. E nemmeno la comunità internazionale sembra oggi interessarci alla vicenda più di tanto: si limita ad un impotente invito ad « un inclusivo dialogo » inviato dalla Commissione Diritti Umani dell’ONU.

Note :

[1] Rapporto dell’International Crisis Group sul Camerum [2019]

Natale-Salvo-BN

Natale Salvo

Nato e cresciuto nella terra del “Gattopardo”, la Sicilia. Ha dedicato la propria esistenza all'impegno sociale. Allenatore di una squadretta di calcio di periferia, presidente del circolo di Legambiente, candidato sindaco per il Partito Umanista. Infine blogger d’inchiesta; ha pagato le sue denunce di cattiva amministrazione con una persecuzione per via giudiziaria. E' autore del libro "La rivoluzione copernicana chiamata Reddito di Base", edito da Multimage, Firenze.

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