PCL/1: a Rimini, al via il VI Congresso del Partito

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Inizierà domani, e si svolgerà come consuetudine a Rimini, questa volta presso la sala congressi dell’Hotel Vienna Ostenda, l’assemblea nazionale del PCL, il Partito Comunista dei Lavoratori.

L’assise triennale del partito è giunta alla sesta edizione, dopo la costituzione avvenuta nel 2006, e dovrà segnare un rilancio dell’organizzazione, dopo le difficoltà di crescita e rinnovamento dovute tanto ad alcuni abbandoni negli anni [1] quanto a « un contesto sfavorevole ».

Le tesi della maggioranza del Partito Comunista dei Lavoratori

« Negli anni che ci separano dall’ultimo congresso il partito ha frenato l’emorragia, ma non ha invertito la marcia », ammettono dalla direzione del Partito Comunista dei Lavoratori.

Secondo Marco Ferrando, leader del partito, e gli altri dirigenti, « l’asse del nostro lavoro resta la costruzione indipendente del nostro partito ». In particolare, « il PCL rivendica l’esigenza di una rappresentanza politica autonoma del lavoro. Di un partito della classe lavoratrice attorno a un programma anticapitalista ».

Tuttavia, chiariscono, « costruzione indipendente non è settarismo. Siamo e restiamo disponibili all’unità d’azione con altre sinistre politiche (…), tanto più nel nuovo scenario politico, contro il padronato e il governo della destra ».

Le Tesi della minoranza: più unità, e nuovo nome e simbolo

L’azione del gruppo dirigente del PCL è tuttavia contestata da una piccola minoranza. Per questa il « forte arretramento dell’organizzazione » è in parte dovuta ad « una linea politica (ostinata e poco dialettica) errata del gruppo dirigente maggioritario ».

Occorre, secondo loro, inizialmente « lavorare per il FIT [Fronte Italiano Troskysti, NdR] con una lettera aperta firmata con i militanti di Sinistra Anticapitalista e Sinistra Classe e Rivoluzione (altre organizzazioni in evoluzione verso il marxismo rivoluzionario) » e, in ambito internazionale, è necessario aderire alla UIT-QI e « non costruendo l’ennesima frazione internazionale ».

L’ultima proposta congressuale della minoranza è … rivoluzionaria: « è necessario cambiare nome e simbolo del partito ».

In sostanza, « basta con la falce e martello »!

« Attualmente – spiegano i firmatari della mozione Eugenio Gemmo, Lorenzo Mortara, Marco Piccinell – il comunismo, è stigmatizzato nell’immaginario collettivo soprattutto per il lascito operato dalla stalinismo. (…) Ci additano come rappresentanti di un’ideologia portatrice di terrore, miseria, distruzione e morte ».

Un tema che sicuramente potrebbe creare dibattito, anche fuori dal Partito Comunista dei Lavoratori.

Fonti e Note:

[1] Le scissioni dal PCL: « da quella della frazione [più recente, NdR] “ControVento” – 17 militanti – » a quella più dolorosa « del gruppo Ricci-Stefanoni » che interessò « il 30% dei/lle militanti del partito »; dalla « modesta scissione della FIR a ridosso del Quarto Congresso (2017) » fino a « l’allontanamento del microgruppo altamirista ».

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Natale Salvo

Nato e cresciuto nella terra del “Gattopardo”, la Sicilia. Ha dedicato la propria esistenza all'impegno sociale. Allenatore di una squadretta di calcio di periferia, presidente del circolo di Legambiente, candidato sindaco per il Partito Umanista. Infine blogger d’inchiesta; ha pagato le sue denunce di cattiva amministrazione con una persecuzione per via giudiziaria. E' autore del libro "La rivoluzione copernicana chiamata Reddito di Base", edito da Multimage, Firenze.

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Una risposta

  1. Luca Abram (Rinascita & Unità. Per un'alternativa di Sinistra) ha detto:

    Secondo me falce e martello non vanno nascosti dal simbolo di un partito anzi vanno esibiti con fierezza. Lo stalinismo non ha nulla a che fare col vero comunismo. Certo non mi piace come invece a volte falce e martello impediscano di presentarsi insieme ad altre entità visto anche la legge elettorale mi pare di capire pretende un simbolo unico. Se ci fosse la possibilità di un alleanza che metta assieme appunto comunisti ed “altre sinistre” sarebbe un peccato insistere su falce e martello nel simbolo .anche se io penso che una soluzione potrebbe essere un simbolo in cui trovino spazio diverse sensibilità. Come ad esempio l’arcobaleno, simbolo sia di pace che di diritti civili . E magari qualcosa che riveli anche gli obiettivi più verdi ed ecologisti come un’albero o delle foglie..le possibilità grafiche sono infinite. Ci deve essere più aperture da parte di tutti i partiti su queste cose. Per il resto non ho capito quale è la proposta della minoranza in quanto non sono addentro al gergo.

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