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Ti trovi qui: Home / SCIENZA & TECNOLOGIA / Regno Unito: regime di sorveglianza per gli immigrati

Regno Unito: regime di sorveglianza per gli immigrati

16 Febbraio 2021 by Natale Salvo Lascia un commento

« Quando i nazisti presero i comunisti, io non dissi nulla perché non ero comunista; quando rinchiusero i socialdemocratici, io non dissi nulla perché non ero socialdemocratico; quando presero i sindacalisti, io non dissi nulla perché non ero sindacalista. Poi presero gli ebrei, e io non dissi nulla perché non ero ebreo. Poi vennero a prendere me. E non era rimasto più nessuno che potesse dire qualcosa ».

Martin Niemöller (1892 – 1984), pastore luterano tedesco imprigionato a Dachau.

La celebre frase del pastore Martin Niemöller mi risuona nella mente mentre leggo del rapporto di “Privacy International” [1] che riassume il risultato della sua ricerca sugli strumenti di sorveglianza utilizzati dalle autorità del Regno Unito alle frontiere.

Vittime, o comunque obiettivo, di questa sorveglianza di massa, sono quindi oggi gli immigrati.

Piccole imprese di sorveglianza ed alcune delle più grandi aziende del mondo, hanno ricevuto oltre due miliardi di sterline per fornire sistemi e strumenti di sorveglianza di massa.

Le agenzie private venderanno i nostri dati allo Stato per la sorveglianza

Il giornale Computer Weekly [2] riassume così : « sul front-end, questi strumenti includono i dispositivi di estrazione dei dati dai telefoni cellulari, che vengono utilizzati per analizzare i metadati dei migranti e accedere alla loro cronologia di localizzazione GPS; droni di sorveglianza aerea per pattugliare la Manica; e dispositivi mobili di scansione biometrica che sono in grado di identificare rapidamente le persone e controllare il loro status di immigrazione ».

Non manca, naturalmente, la raccolta di dati biometrici: impronte digitali e perfino il DNA.

« Le autorità britanniche per l’immigrazione, nota il rapporto, comprano anche informazioni da broker di dati come GB Group o Experian, che “commerciano sulle informazioni di milioni di persone e costruiscono profili intricati sulle nostre vite” ».

Il direttore di Privacy International, Edin Omanovic sostiene – riporta sempre Computer Weekly – che « la narrazione intorno all’immigrazione nel Regno Unito è in gran parte incentrata su “ci sono troppe persone” o “il sistema [di filtro] è guasto”, il che significa che “è molto suscettibile di essere securizzato” perché chiunque entri nel paese è visto come una minaccia che deve essere monitorata ».

Il periodico conclude riportando una dichiarazione di Mary Atkinson, funzionario del “Joint Council for the Welfare of Immigrants” (JCWI) : « Man mano che il sistema di immigrazione diventa sempre più digitale, cose del genere perseguiteranno le persone in sempre più aspetti della loro vita quotidiana ».

Da leggere:  Londra: Il caso Sarah Everard pone delle domande

La conclusione di questa storia più logica, per me, è quella perfettamente calzante con i versi iniziali di Martin Niemöller.

Dopo che il Regno Unito ha speso oltre due miliardi di sterline, dopo che ha acquisito e testato efficaci sistemi di sorveglianza di massa, perché limitarsi ad impiegarli solo sulla popolazione immigrata?

Poi la si allargherà anche ai pregiudicati?

E poi quando la psico-polizia di massa?

–

Fonti e Note:

Credits: Auschwitz, Poland – Photo by Karsten Winegeart on Unsplash

[1] Privacy Internmational, 26 gennaio 2021, “The UK’s Privatised Migration Surveillance Regime: A Rough Guide for Civil Society”

Spiega il rapporto di Privacy International che « secondo l’Investigatory Powers Act 2016, le autorità britanniche […] hanno anche poteri di hackerare i dispositivi o le reti per estrarre informazioni o tracciare le attività […] permettendo alle autorità l’accesso a tutto ciò che si trova sul dispositivo di una persona, così come la capacità di prendere il controllo di funzioni come la fotocamera ».

« Più di 500 pubbliche nel Regno Unito – continua il rapporto – sono in grado di richiedere che gli operatori di telecomunicazioni forniscano i cosiddetti dati di comunicazione – il “chi, cosa, quando e come” delle comunicazioni –, incluse informazioni sui siti web a cui un dispositivo ha avuto accesso, così come la posizione di un dispositivo, se è nota ».

Quindi è stato « stipulato un contratto con 3gforensics, una società di sorveglianza britannica, per fornire MacGrabber, uno strumento per la cattura e l’analisi dei dati di traffico Wi-Fi ».

Ancora più invasivo l’uso della « tecnologia di tagging elettronico per monitorare i movimenti ». Si tratta di un etichetta indossabile che può anche essere regolata per « permettere l’impostazione di coprifuoco, zone di inclusione ed esclusione ».

>>> Approfondisci, il rapporto completo di “Privacy International“: PI-UK_Migration_Surveillance_Regime (PDF, EN)

[2] Computer Weekly, 12 febbraio 2021, autore Sebastian Klovig Skelton, “UK border surveillance regime highly privatised, says Privacy International”

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