Salario Minimo Nazionale : Quando sarà applicata la Costituzione?

Sembra, a giudicare le esternazioni di taluni personaggi politici, che con l’introduzione della legislazione d’emergenza Covid-19 sia stato abolito un ulteriore articolo della nostra Costituzione.

Mi riferisco all’articolo 36. Quello che recita: «il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa».

Tanto l’estrema Destra xenofoba (Lega), quanto i conservatori liberisti (Più Europa, Forza Italia ed Italia Viva) sembrano che sostengano la reintroduzione dei #voucher nel lavoro più precario, quello a tempo determinato e flessibile, piuttosto che l’impiego degli esistenti Contratti di Lavoro.

Ancora, dalla Confindustria sembra che arrivino voci per derogare dagli stessi Contratti nazionali per aiutare le imprese riducendo il costo del lavoro.

In proposito, mi sovvengono le parole dell’ex senatrice Maria Cecilia Guerra (all’epoca PD, poi MDP-Articolo 1). Rilevava l’esistenza «di nuclei poveri, nonostante gli adulti in essi presenti lavorino (perché quello che guadagnano è insufficiente a dare una vita decorosa a tutti i membri della famiglia)».

Per la cronaca, la Guerra non è stata rieletta nel 2018. Ha pagato per aver detto la verità?

Lavorare, ma restare poveri. Una condizione da schiavi, totalmente in contrasto col richiamato articolo 36 della Costituzione.

Il Salario Minimo già esiste in 22 Paesi Europei, in Italia No

La soluzione al problema esiste e si chiama : salario minimo nazionale.

Esiste in ventidue dei ventotto Stati membri dell’Unione Europea (UE). Manca in Italia.

I 22 Stati membri dell’UE che hanno un salario minimo nazionale possono essere divisi in tre gruppi in base al livello dell’importo.

Nel gennaio 2017, dieci Stati membri situati nella parte orientale dell’UE avevano un salario minimo al di sotto di 500 euro al mese: Bulgaria (235 euro), Romania (275 euro), Lettonia e Lituania (entrambi 380 euro), Repubblica Ceca (407 euro), Ungheria (412 euro), Croazia (433 euro), Slovacchia (435 euro), Polonia (453 euro) e Estonia (470 euro).

In altri cinque Stati membri, che si trovano a Sud, il salario minimo era compreso tra 500 e 1.000 euro al mese: Portogallo (650 euro), Grecia (684 euro), Malta (736 euro), Slovenia (805 euro) e Spagna (826 euro).

Nei restanti sette Stati membri, tutti situati a ovest e a nord dell’UE, i salari minimi erano ben superiori ai 1.000 euro al mese: Regno Unito (1.397 euro), Francia (1.480 euro), Germania (1.498 euro), Belgio (1.532 euro), Paesi Bassi (1.552 euro), Irlanda (1.563 euro) e Lussemburgo (1.999 euro).

Tuttavia, le disparità nei salari minimi tra gli Stati membri dell’UE sono notevolmente inferiori una volta eliminate le differenze di livello dei prezzi: i salari minimi negli Stati membri con livelli di prezzo relativamente più bassi diventano relativamente più elevati se espressi in potere d’acquisto standard (SPA o PPA) e relativamente più bassi negli Stati membri con livelli di prezzo più elevati. Il divario si riduce a un rapporto di circa 1:3, che va da 501 SPA al mese in Bulgaria a 1.659 SPA in Lussemburgo.

I salari minimi possono essere misurati in termini relativi, ossia in proporzione alla retribuzione mensile lorda mediana. Nel 2014, tra gli Stati membri interessati e per i quali sono disponibili dati sulla retribuzione mediana, i salari minimi al di sopra del 60% del salario mensile lordo mediano erano presenti solo in tre Stati membri: Portogallo (64%), Francia e Slovenia (entrambi 62%). Al contrario, i salari minimi erano inferiori alla metà della retribuzione mediana in sette Stati membri: Repubblica Ceca (39%), Estonia (40%), Irlanda e Spagna (entrambi 45%), Slovacchia (46%), Malta (48%) e il Regno Unito (49%).

In Italia, le proposte avanzate tanto dai 5 Stelle quanto dal PD di istituire almeno un salario minimo orario (le famose 9 euro l’ora), piuttosto convergenti tra loro, giacciono in parlamento su un binario morto dal luglio 2019, nonostante gli stessi partiti siano al governo.

I padroni dei lavoratori, evidentemente, han fatto sentire la propria voce contraria.

Credits : Photo by Asantha Abeysooriya on Unsplash

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Natale Salvo

Nato e cresciuto nella terra del “Gattopardo”, la Sicilia. Ha dedicato la propria esistenza all'impegno sociale. Allenatore di una squadretta di calcio di periferia, presidente del circolo di Legambiente, candidato sindaco per il Partito Umanista. Infine blogger d’inchiesta; ha pagato le sue denunce di cattiva amministrazione con una persecuzione per via giudiziaria. E' autore del libro "La rivoluzione copernicana chiamata Reddito di Base", edito da Multimage, Firenze.

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