UE: Il passaporto vaccinale non dovrà discriminare

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Nel disastroso scenario, che ha di fatto cancellato il concetto di “cittadinanza europea”, l’introduzione del passaporto vaccinale ( green card, perché si vergognano perfino di chiamarlo per quale è ) è una maniera dolorosa per tentare ricucire il dannoso strappo creato dai miopi, e populisti, politicanti nazionali.

Si, perché l’articolo 45 della “Carta dei diritti fondamentali dei cittadini europei” [1] e l’articolo 21 del “Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea” [2] stabiliscono già che « ogni cittadino dell’Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri ».

Nell’ultimo anno, però, ogni Paese europeo aveva risposto con scelte politiche diverse e schizofreniche per far fronte all’infezione da SARS-CoV-2:

  • restrizioni all’ingresso;
  • l’obbligo per i viaggiatori transfrontalieri di sottoporsi a quarantena, ad auto-isolamento;
  • l’obbligo di sottoporsi a un test.

Come è noto, « il 13 ottobre 2020 il Consiglio [Europeo] ha adottato la raccomandazione (UE) 2020/1475 per un approccio coordinato alla limitazione della libertà di circolazione in risposta alla pandemia di COVID-19 ».

Il Parlamento Europeo raccomanda di non discriminare i no-vax

Il Parlamento Europeo, lo scorso 29 aprile 2021, ha definitivamente approvato il Regolamento per l’introduzione del “certificato COVID-19 dell’UE” [2]. Occorre riconoscere che, nel testo, ha introdotto delle migliorie rispetto a quello originale vergato dalla Commissione Europea.

Ad esempio, è stato precisato che il “passaporto vaccinale” « non dovrebbe essere inteso come un incentivo all’adozione di restrizioni alla libera circolazione o ad altri diritti fondamentali, in risposta alla pandemia » (considerando n. 11).

In particolare, « gli Stati membri non dovrebbero introdurre restrizioni all’accesso ai servizi pubblici per coloro che non sono in possesso dei certificati di cui nel presente Regolamento » (considerando n. 46 ter).

E’ stata poi introdotta la raccomandazione seconda la quale « gli Stati membri dovrebbero inoltre garantire un accesso universale, accessibile, tempestivo e gratuito alle possibilità di test per la COVID-19 » (considerando n. 14bis).

Ciò per evitare « discriminazioni fondate sulle possibilità economiche o finanziarie » (art. 3, comma 3quarter, del Regolamento).

Inoltre i test dovrebbero essere facilmente accessibili presso « i nodi di trasporto dell’Unione, come aeroporti, porti e stazioni ferroviarie e di autobus » (considerando n. 10).

Nel testo approvato, il Parlamento Europeo prende coscienza dell’esistenza di « persone con un accesso limitato alle tecnologie digitali » ( gli anziani, soprattutto ) e quindi prevede che, a scelta del cittadino, esso debba essere emesso in forma cartacea.

Il Regolamento, infine, prevede che il “certificato COVID-19 dell’UE” « dovrebbe applicarsi per 12 mesi a partire dalla data di entrata in vigore ».

Tutte belle parole che però non è detto trovino concreta applicazione nei singoli Paesi.

Non è un segreto che si voglia impiegare il “certificato verde” per discriminare non solo i viaggiatori transfrontalieri ma anche per consentire, o meno, l’accesso a eventi pubblici sportivi, culturali, ricreativi, ma anche per circolare liberamente all’interno dei Paesi.

Fonti e Note:

Credits: Photo by Lukas on Unsplash

[1] Agenzia dell’Unione Europea per i diritti fondamentali, “Carta dei diritti fondamentali dei cittadini europei”.

[2] Parlamento Europeo, 29 aprile 2021, Regolamento del “Certificato verde digitale – Cittadini dell’Unione”.

[3] Eur Lex, “Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea”.

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Natale Salvo

Nato e cresciuto nella terra del “Gattopardo”, la Sicilia. Ha dedicato la propria esistenza all'impegno sociale. Allenatore di una squadretta di calcio di periferia, presidente del circolo di Legambiente, candidato sindaco per il Partito Umanista. Infine blogger d’inchiesta; ha pagato le sue denunce di cattiva amministrazione con una persecuzione per via giudiziaria. E' autore del libro "La rivoluzione copernicana chiamata Reddito di Base", edito da Multimage, Firenze.

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