Giustizia: E’ giunta l’ora d’abolire ergastolo e 41 bis?

carcere ergastolo

«Io credo che alla lunga il regime di tortura del 41bis, e una pena realmente senza fine come l’ergastolo ostativo, abbiano rafforzato la cultura mafiosa, perché hanno innescato odio e rancore verso le Istituizioni anche nei familiari dei detenuti». Lo sostiene Carmelo Musumeci, un ergastolano catanese, diventato oggi – sicuramente senza volerlo – uno dei simboli della lotta per l’abrogazione di ergastolo «ostativo» (senza diritto a benefici) e 41 bis.

Due strumenti di giustizia, lui li chiama di «tortura», che conosce bene: ha già trascorso in carcere 35 dei 62 anni d’età; ha sperimentato il regime carcerario del 41 bis per cinque anni all’Asinara.

Musumeci, entrato in carcere con la licenza elementare ed oggi in possesso di due lauree, provoca: «A questo punto, io penso che se è solo una questione di sicurezza, e non di vendetta sociale, sia più sicura per la collettività la pena di morte che la pena dell’ergastolo o il regime di tortura del 41 bis».

In questa pessima campagna elettorale che sta conducendo al voto del prossimo 4 marzo, l’unica proposta nuova e che prova a chiedere un confronto con le altre forze politiche è quella che si trova nel programma del movimento politico «Potere al Popolo»: l’abolizione proprio di ergastolo e 41 bis, il cosiddetto «carcere duro».

«Ci sono persone che sono sottoposte al regime di tortura del 41bis da decenni – spiega Musumeci -, ergastolani che quando sono entrati in carcere avevano compiuto da poco diciott’anni e che ora hanno passato più anni della loro vita dentro che fuori».

«Persone che sono cambiate, o potrebbero cambiare – sostiene ancora Musumeci -, ma che non potranno mai dimostrarlo perché nel certificato di detenzione c’è scritto che la loro pena finirà nel 9.999».

«Credetemi – ingiunge Carmelo Musumeci -, il regime del 41bis e una pena senza fine riducono le persone a dei vegetali – quando va bene – o in esseri ancor più criminali di quando sono entrati in carcere».

«È vero che una società ha diritto di difendersi dai membri che non rispettano la legge, ma è altrettanto ragionevole che essa non lo debba fare dimostrando di essere peggiore di loro. Purtroppo, a volte, questo accade. Penso che il regime di tortura del 41bis, insieme alle pene che non finiscono mai, non diano risposte costruttive, né tanto meno rieducative. Sono convinto che anche il peggiore criminale, mafioso o terrorista potrebbe cambiare con una pena più umana e con un fine pena certo».

C’è già chi grida allo «scandalo» per la proposta di «Potere al Popolo».

Ma, a ben vedere, se proprio non vogliamo ascoltare l’art. 27 della Costituzione Italiana («Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato»), non crediamo ci debba essere differenza tra chi s’è macchiato di reati crudeli e spietati e chi li punisce? L’umanità non deve albergare da alcuna delle due parti?

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Natale Salvo

Nato e cresciuto nella terra del “Gattopardo”, la Sicilia. Ha dedicato la propria esistenza all'impegno sociale. Allenatore di una squadretta di calcio di periferia, presidente del circolo di Legambiente, candidato sindaco per il Partito Umanista. Infine blogger d’inchiesta; ha pagato le sue denunce di cattiva amministrazione con una persecuzione per via giudiziaria. E' autore del libro "La rivoluzione copernicana chiamata Reddito di Base", edito da Multimage, Firenze.

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