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Ti trovi qui: Home / SALUTE / professor Khiati: 5 domande da farsi prima di vaccinarsi

professor Khiati: 5 domande da farsi prima di vaccinarsi

6 Dicembre 2020 by Natale Salvo 4 commenti

vaccinazione

Mentre in Italia il governo giura sulla sicurezza dei vaccini ed agita la vaccinazione obbligatoria per la popolazione, altrove esiste un reale dibattito scientifico sull’opportunità della vaccinazione anti Covid.

In Algeria, ad esempio, « di fronte a un tasso di letalità della Covid-19 compreso tra lo 0,5 e lo 0,2%, cioè un tasso leggermente superiore a quello dell’influenza stagionale, la vaccinazione contro la Covid-19 mantiene ancora la sua importanza e la sua urgenza? », si domanda seccamente il professor Mostéfa Khiati [1].

Khiati, ex membro della Commissione nazionale per le vaccinazioni, in un articolo da lui firmato su TSA-Algerie esprime numerosi dubbi:

  • Il primo è quello noto sulla eccessiva brevità della fase di studio pre-clinico e clinico dei vaccini: « la preparazione di un vaccino passa attraverso diverse fasi e richiede un tempo abbastanza lungo di 7-10 anni prima di poter essere utilizzato nell’uomo ». La fretta, sembra domandarsi il professor Khiati, sarà stata cattiva consigliera?
  • Poi c’è il problema dell’efficacia e della sicurezza : « i volontari reclutati per le prove erano tutti in buona salute e sotto i 55 anni » precisa Khiati in riferimento al vaccino britannico Astrazeneca [1]. Che effetti avrà, quindi, il farmaco su soggetti più anziani o con con patologie?
  • Ancora, le domande esplodono difronte agli innovativi vaccini (Pzifer e Moderna) che interverrebbero sul DNA delle nostre cellule: « una volta messo in moto, dal vaccino, il meccanismo di produzione del virus nelle cellule umane, come si fermerà? [ci saranno delle] “reazioni incontrollabili”? ».
  • Non certamente inutile appare domandarsi « per quanto tempo sarà conferita l’immunità? Non ci sono informazioni sull’efficacia a lungo termine ». Serviranno frequenti richiami?
  • Infine, in riferimento ai vaccini che intervengono sul DNA delle cellule (Pfizer e Moderna), il professor Mostéfa Khiati si domanda : « quali sono i rischi che comporta la vaccinazione? Quanto sarà sicuro il vaccino a lungo termine? [chi] Può garantire che non ci sarà alcun trasferimento intergenerazionale del materiale genetico iniettato e che non potrà cambiare all’interno del corpo? ».

In proposito, è già noto che molti laboratori farmaceutici introdurranno nei contratti di fornitura dei vaccini, « una clausola di non responsabilità per gli effetti collaterali » [1].

Vaccinazioni ? Senza fretta, prima le pubblicazioni sulle riviste mediche

In ogni caso, il professor Kamel Senhadji, direttore dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza Sanitaria (ANSS), sempre sul giornale TSA-Algeria, spiega come l’Algeria abbia adottato la strategia prudenziale [2]. « Il primo passo sarà quello di garantire l’efficacia del vaccino e, soprattutto, la sua sicurezza, anche se alcuni paesi hanno acquistato il vaccino. In tutto il mondo siamo in attesa dei risultati pubblicati sulle riviste internazionali che riguardano questi vaccini ».

Da leggere:  Corte Costituzionale/2: la sentenza della vergogna

Insomma : nessuna fretta. Le vaccinazioni anti-Covid inizieranno, quindi, in Algeria, « tra sei mesi o un po’ di più, ma non subito » precisa il prof. Senhadji.

88% algerini non si vaccineranno, preferiscono curarsi in erboristeria

D’altro canto, « un sondaggio condotto dal canale pubblico francofono Canal Algérie ha rivelato che l’88% degli algerini rifiuterebbe la vaccinazione » [2].

Gli algerini, infatti, per la lotta al Covid-19, hanno scelto diversamente: preferiscono rivolgersi alle erboristerie alla ricerca di « piante, condimenti, oli e mieli per rafforzare le loro difese immunitarie ».

« Dall’inizio della pandemia, in Algeria, i consumatori hanno acquistato molte piante per rafforzare il loro sistema immunitario. Verbena, chiodi di garofano, zenzero, origano (Zaatar), artemisia (chih), costus indiano, eucalipto, sono in cima alle vendite. Ci sono anche miele puro e oli di chiodi di garofano e menta che vengono utilizzati nella fumigazione », spiega un rivenditore sempre al giornale TSA-Algerie [3] [4].

–

Fonti & Note:

[1] TSA-Algerie, 6 dicembre 2020. “Covid-19: vaccins et interrogations”.

[2] TSA-Algerie, 5 dicembre 2020. “Le Pr Senhadji revient sur ses propos : « La vaccination, c’est dans six mois minimum »”

[3] TSA-Algerie, 6 dicembre 2020. “Covid-19 en Algérie : rush chez les herboristes”.

[4] Attenzione, però, TSA-Algerie precisa [3]: « Saida Younsi, un medico di medicina generale, questa domanda: “Certo, le piante medicinali sono note per combattere efficacemente contro tutti i tipi di infezioni, ma non dovrebbero essere usate in ogni caso, soprattutto nelle persone che soffrono di malattie croniche come il diabete o l’ipertensione. Avendo già subito un trattamento medico, il consumo di decotti di chiodi di garofano, cannella o zenzero, per esempio, può portare a un’overdose che può essere dannosa per la loro salute. Da qui la necessità di chiedere sempre il parere del proprio medico prima di consumare certe piante o condimenti quando si è affetti da una patologia ».

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Commenti

  1. Rush1981 dice

    12 Dicembre 2020 alle 6:29 PM

    Buonasera ho da fare delle precisazioni in merito all’articolo.

    Il tasso di 0.2 minimo a 0.5 massimo si definisce di letalità e non di mortalità, sono due grandezze differenti.

    Siccome l’ influenza ha in media la letalità dello 0.1% non è corretto dire che una patologia tra 0.2 a 0.5% ha un tasso leggermente superiore. Il tasso è pari al doppio se 0.2%, al quintuplo se 0.5%

  2. Rush1981 dice

    12 Dicembre 2020 alle 6:46 PM

    . La fretta, sembra domandarsi il professor Khiati, sarà stata cattiva consigliera?

    Non si è partiti da zero, ma dagli studi fatti a partire dal 2002 da Carlo Urbani sulla Sars. L’omologia tra i due retrovirus è del 76%, la proteina spike molto conservata, già dal 2003 si erano individuate molecole di interesse farmacologiche.

    per quanto tempo sarà conferita l’immunità? Non ci sono informazioni sull’efficacia a lungo termine ». Serviranno frequenti richiami?

    Non lo sappiamo, se il retrovirus avrà un tasso di mutazione come gli Influenzavirus, allora bisognerà farlo ogni anno, altrimenti basteranno 1 oppure 2 richiami.

    [chi] Può garantire che non ci sarà alcun trasferimento intergenerazionale del materiale genetico iniettato e che non potrà cambiare all’interno del corpo?

    Nessuno può garantirlo. Se uno si pone questo tipo di dubbio, allora non deve usare nessun tipo di vaccino, perché tutti potenzialmente possono integrare parti di dna o rna virale nel nostro patrimonio genetico. Ma non preoccupiamoci di questo, anche il contatto e il prendere la malattia potenzialmente possono produrre inserimenti di sequenze geniche virali nel nostro genoma.

  3. Natale Salvo dice

    12 Dicembre 2020 alle 7:55 PM

    Grazie per le segnalazioni; per quanto riguarda il termine “letalità” – “mortalità” correggo l’articolo. Invero il testo francese riportava “Face à un taux de mortalité par la Covid-19 entre 0,5 et 0,2 % soit un taux légèrement plus élevé que celui de la grippe saisonnière” (Fonte: TSA-Algerie). In merito alla seconda segnalazione, ho semplicemente tradotto dal francese quel che scrive il professor Khiati. Indubbiamente lei ha ragione. Probabilmente s’intendeva paragonare ad altre patologie che han medie di letalità ancora superiori. Spero che “riveda” e “corregga” anche altri articoli precedenti o futuri.

  4. Rush1981 dice

    12 Dicembre 2020 alle 8:32 PM

    Si certamente, paragonato al vaiolo, febbre emorragica da ebolavirus, patologie da hantavirus e rabbia, la letalità è indubbiamente molto più bassa.

    Cito un dato che potrebbe essere di interesse a qualche lettore: ebolavirus sono di 5 tipi, dei quali 4 potenzialmente letali per l l’uomo e 1 non letale. Nelle prime epidemie di febbre emorragica, il virus aveva una letalità pari a quasi il 100%, nelle successive l evoluzione ha fatto sì che si abbassasse a valori inferiori, dal 30 al 50%, perché in questo modo il virus poteva diffondersi maggiormente, tenendo in vita qualche persona e usandola come veicolo di infezione

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