Saverio Merlino: arringa Bresci e il diritto alla difesa

Il 29 luglio 1900 l’anarchico Gaetano Bresci colpiva mortalmente, con alcuni colpi di rivoltella, il re d’Italia Umberto I in visita a Monza. Un mese dopo, il regicida era in corte d’assise, per rispondere del delitto. La sua difesa fu affidata all’avvocato Francesco Saverio Merlino, socialista con un lungo passato di militare anarchico.

Alcuni anni dopo, nel 1903, sulla rivista “Pensiero” veniva pubblicata l’integrale arringa difensiva del legale dell’anarchico.

Il documento è, a mio parere, estremamente prezioso per i suoi contenuti. Ne stralcio pertanto alcune parti rinviando alle altre fonti web per la lettura completa [1] [2].

Spesso, anche oggi, specie quando dei crimini colpiscono particolarmente l’opinione pubblica, è facile da questa chiedere delle “pene esemplari” e dei “giudizi immediati e sommari”.

L’arringa di Merlino rappresenta, a mio parere, un’ottima risposta alla massa giustizialista.

L’avv. Saverio Merlino: il diritto è Giustizia, non vendetta

« Io non vengo qui a portare le mie convinzioni politiche – spiega l’avvocato difensore -: vengo ad adempiere ad un sacro dovere qual è quello della difesa [anche di un regicida come Gaetano Bresci, foto a fianco]. Purtroppo, in certe circostanze, si è corrivi agli eccessi ed alle esagerazioni. Ed uno degli eccessi, una delle esagerazioni, che si sono fatte strada in questa circostanza, è che si dovesse fare a meno di tutte le formalità solite di un giudizio, che si dovesse trasandare alle esigenze della legge, che quasi non occorresse un difensore, non occorresse dibattimento, che il giudizio e la condanna dovessero seguire ratte come il fulmine al delitto. Questa esagerazione è, lasciatemelo dire, indegna di uomini seri e di un popolo civile ».

Conclude quest’introduzione l’avvocato Francesco Saverio Merlino: « Dobbiamo dare al mondo civile la prova che noi sappiamo rispettare i diritti della giustizia, che sappiamo assolvere il compito nostro, senza lasciarci sopraffare da sentimenti di odio o di vendetta, da nessuna passione, che possa velare la nostra mente e fuorviare il nostro giudizio ».

Saverio Merlino: pene e Tribunali non risolvono i problemi sociali

Poi Merlino introduce un nuovo tema: « non crediate che coi verdetti eccessivi, colle condanne atroci si reprima il delitto. Noi abbiamo la prova del contrario, appunto nei fatti precedenti all’attuale. No! I gravi delitti non trovano un freno nella repressione. Certi gravi delitti, come l’attuale, rispondono a gravi problemi sociali ».

« E questi problemi sociali devono essere studiati e risoluti con amore, con coscienza da tutti i buoni cittadini – prosegue l’arringa l’avvocato -. E’ una pericolosa illusione il credere come noi facciamo, che colpendo severamente un reato, noi ne impediamo altri. Pericolosa illusione perché essa ci distoglie dall’avvisare ai veri rimedii dei mali sociali che ci travagliano e che nel delitto si velano ».

D’altro canto, al contrario, ovvio, « Ammazzare un uomo, sia un re, sia un capo di governo, sia un avversario qualsiasi, non può risolvere nessun problema sociale ». E’, questa, tuttavia, « un’idea [errata, NdR] che ricorre alla mente di uomini che lottano contro un dato ordine sociale, che si illudono di poter colpire quest’ordine sociale in colui che esteriormente lo rappresenta ».

In altre parole, spiega Merlino, « il fattore storico è questo: in Italia sopravvivono ancora le tradizioni dei diversi governi assoluti, quindi la tendenza nella popolazione, in generale, di personificare il governo dello Stato nel Re: noi italiani non abbiamo ancora l’educazione politica degli altri popoli: non comprendiamo quanto sia complicato l’ingranaggio sociale: abbiamo bisogno di semplificare la nostra concezione dello Stato e lo Stato lo vediamo nel capo di esso ».

Saverio Merlino: la violenza di stato ha provocato la violenza privata

Però, senza quindi giustificare il regicida, secondo l’avvocato Francesco Saverio Merlino [ nella foto a fianco ], il governo ha le sue colpe: « Noi siamo usciti fuori dal terreno delle libertà, abbiamo ricorso alle violenze; sì! il Governo ricorse alla violenza [ il caso della violenta repressione dei moti popolari di Milano, 3]; e non dovete meravigliarvi se l’esempio della violenza, venendo dall’alto, provocasse una reazione dal basso della società, se c’è stato chi ha creduto ad un’altra necessità, a quella cioè di opporre alla violenza del Governo la violenza privata ».

L’innanzi espressione di Merlino, a mia parere è altamente significativa.

Ma, aggiunge il legale, c’è un’altra violenza dello stato italiano, non meno pericolosa che quella fisica: « in Inghilterra ognuno è libero di esporre le sue teorie, di tenere conferenze, e la polizia non interviene, ed in Inghilterra non accadono attentati anarchici, come da noi. Da noi, invece, si è stabilito in principio, che l’anarchico non ha il diritto né di pubblicare giornali, né di parlare in pubblico, né di esporre in modo alcuno le proprie convinzioni, né di costituirsi in associazione coi suoi compagni di fede. Gli anarchici non hanno il diritto di esistere come partito, e come individui sono perseguitati quali belve feroci dalla polizia ».

« Con le sue persecuzioni, la polizia spinge alcuni di questi anarchici, i più impulsivi, a reagire; li caccia dal proprio paese; toglie ad essi i mezzi di lottare nel campo politico e legale e crea loro un ambiente [violento, NdR] ».

« Quando negate libertà – arringa il giurista – a certe opinioni, quando voi maggioranza commettete abusi ed ingiustizie, allora necessariamente, inducete la minoranza ad uscire anch’essa dal terreno della legalità, e violare in voi quella libertà che voi violate in essa ».

Quindi quello di Umberto I è un « assassinio politico, … è l’insorgere che un individuo o pochi individui fanno contro il regime di cose esistente ».

Saverio Merlino: contro la violenza, libertà per tutte le opinioni

Da qui, da questo problema sociale, conclude Francesco Saverio Merlino, si esce solo con una soluzione: « È necessario che coloro i quali hanno opinioni contrarie al vigente ordinamento dello Stato facciano valere le loro opinioni per mezzo della propaganda pacifica, finché quelle opinioni guadagnino il consenso universale e si impongano. Per impedire il delitto politico non vi è che un solo metodo: libertà per tutte le opinioni ».

Da qui la richiesta alla Corte: « tra le cause del delitto attribuito al Bresci vi sono cause di indole generale e che queste cause d’indole generale debbono essere tenute in considerazione nel misurare la responsabilità da attribuirsi al Bresci medesimo ».

L’intero processo si era svolto in poche ore della stessa giornata. Gaetano Bresci fu condannato, dopo appena dieci minuti di camera di consiglio, non a morte ma all’ergastolo – accogliendo la stessa richiesta del P.M.. Fu però poi assassinato in cella, probabilmente dalle guardie carcerarie, qualche mese dopo.

Fonti e Note:

[1] Rivoluzione Anarchica, 31 luglio 2023, “L’arringa per la difesa di Gaetano Bresci nel processo per il regicidio”.

[2] Scarica da qui il PDF dell’arringa, da “Pagine Libertarie”, 15 gennaio 1922.

[3] L’8 maggio 1898, in occasione dei gravi tumulti dei moti di Milano, causati dall’aumento del costo del grano – e quindi del pane – deciso dal Regno d’Italia, il governo guidato da Antonio di Rudinì proclamò lo stato d’assedio e il generale Bava Beccaris [ foto sotto ], in qualità di regio commissario straordinario, fu incaricato del ristabilimento dell’ordine.

La repressione dei moti fu estremamente violenta e sanguinosa, con oltre 80 vittime tra la popolazione civile ed un alto numero di feriti. I soldati del generale Fiorenzo Bava Beccaris spararono contro donne, uomini, vecchi e bambini.

In segno di riconoscimento, il 5 giugno 1898 Bava Beccaris fu insignito del titolo di grande ufficiale dell’Ordine militare di Savoia dal re Umberto I e nominato senatore del Regno il 16 giugno. A Palazzo Madama aderì al gruppo della Destra storica.

Il 29 luglio 1900, a Monza, Umberto I venne assassinato dall’anarchico Gaetano Bresci, che dichiarò esplicitamente di aver voluto vendicare i morti del maggio di due anni prima e l’offesa della decorazione al criminale Bava Beccaris.

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Natale Salvo

Nato e cresciuto nella terra del “Gattopardo”, la Sicilia. Ha dedicato la propria esistenza all'impegno sociale. Allenatore di una squadretta di calcio di periferia, presidente del circolo di Legambiente, candidato sindaco per il Partito Umanista. Infine blogger d’inchiesta; ha pagato le sue denunce di cattiva amministrazione con una persecuzione per via giudiziaria. E' autore del libro "La rivoluzione copernicana chiamata Reddito di Base", edito da Multimage, Firenze.

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