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Pace

Bertrand Russell: Per pace, Ucraina negozi resa

23 Marzo 2022 by FronteAmpio.it Lascia un commento

« Il male peggiore che il nemico potrebbe infliggere con una pace sfavorevole, sarebbe un’inerzia se paragonato al male che ogni nazione si infligge continuando a combattere » [1]. In queste parole di Bertrand Russell sta la soluzione sulla crisi in Ucraina.

« La cosa più saggia, in ogni momento della guerra, sarebbe la pace immediata, nei migliori termini che si possono ottenere », precisa lo scrittore premio nobel per la letteratura ( 1950 ).

USA e UE stanno sacrificando il popolo dell’Ucraina per colpire Russia

La pace una soluzione che, evidentemente, non cercano, in quanto non vogliono, i massimi dirigenti degli Stati Uniti e dell’Unione Europea.

L’Ucraina e il suo popolo, per costoro, sono solo un prezzo per colpire la Russia e la sua economia, e, ancora di più, una maniera per riaffermare quel dominio dell’Occidente sull’Oriente che non esiste più, spazzato dall’emergere di economie come quella cinese o indiana.

In tutto ciò, Zalensky rappresenterebbe un burattino nelle mani degli Stati Uniti, messo lì, alla presidenza dell’Ucraina dopo il colpo di stato del 2014, per obbedire ai loro progetti imperialistici.

Bertrand Russel: impossibile chiedere lo status quo per sempre

Bertrand Russell ( 1872 – 1970 )

Lo spiegava sempre Bertrand Russell in tempi non sospetti: « Noi, che abbiamo possessi, eravamo invaghiti dello status quo ».

Ma lo status quo non deve essere sacro, secondo lo scrittore: « In un mondo in cui le forze mutano e la popolazione incomincia a stare stretta, non è possibile o desiderabile mantenere lo status quo per sempre », sostiene.

« L’unico vero male della sconfitta è l’umiliazione », insiste Russell. Purtroppo, spiega lo scrittore: « La guerra è circondata da fascino e tradizione ».

« L’obiettivo [ della guerra ] è di solito il potere o il benessere. E’ un piacere esercitare autorità su altri uomini. Il vincitore di una guerra può godere di queste gioie più del vinto ».

Tuttavia, il pensiero dello scrittore esprime una chiara condanna tanto l’aggressore che l’aggredito, l’Ucraina quanto la Russia nel caso odierno: « Una nazione che crede che il benessere possa essere assicurato solo dalle sofferenze … non ha un’idea molto chiara di ciò che costituisce il benessere nazionale ».

La soluzione ai conflitti, così ragionando, è quindi naturale: « le nazioni dovrebbero riconoscere volontariamente le opposte richieste che appaiono giuste a paesi neutrali », conclude Russell.

–

Fonti e Note:

Credits: Photo by Tori Nefores on Unsplash

Photo by “Russell”, da Wikipedia

[1] Bertrand Russell, “Perché gli uomini vogliono la guerra”, titolo originale “Why Men Fight” (1917).

Archiviato in:I Grandi della Filosofia Contrassegnato con: Pace, Russell

Elezioni 2019, Europa al bivio: Più Europa o più nazionalismo?

13 Ottobre 2018 by FronteAmpio.it Lascia un commento

Europa dei muri

Tra il 23 ed il 26 maggio del 2019 si terranno in Europa  le elezioni per il rinnovo del Parlamento comune. É a tutti chiaro che si svolgeranno in un clima di aperta sfida tra eurofili ed euroscettici. Quelle che si presentano per la nona volta, potrebbero essere le ultime elezioni per questa istituzione, almeno per come la conosciamo.

Ma vogliamo veramente l’abolire l’Unione Europea?

L’Europa è lontana dall’essere perfetta, ma non è neanche quel buco nero che tutto distrugge come viene descritta da certuni.

Senza dubbio, sono evidenti i benefici ottenuti da alcuni settori e in numerose regioni grazie alle azioni politiche condotte da Bruxelles.

Senza dubbio, nulla meglio che l’Unione Europea può garantire quella pace che, al contrario, i nazionalismi hanno sempre minacciato. I conflitti in Bosnia, del 1991 e del 1995, poi in Kosovo e poi in Ucraina hanno mostrato che la polveriera è sempre là; che l’Unione Europea rappresenta il secchio d’acqua e che il nazionalismo, dalla notte dei tempi, rappresenta la scatola dei fiammiferi.

É la guerra il desiderio profondo dei popoli?

Gli errori dell’Unione Europea: poca Europa, solo Mercati

Qui, naturalmente, non voglio escludere l’Europa, “questa” Unione Europea, da critiche.

Gli errori più evidenti dell’attuale Europa sembrano essere almeno due.

Intanto, l’Unione Europea ha sbagliato a permettere trattamenti salariali e fiscali diversi al proprio interno. Creare un mercato unico tra paesi che fanno della concorrenza anche sottocosto (dumping) tra loro non poteva che creare un confronto disastroso. I nostri fornitori di servizi sono stati saccheggiati da quelli con sede in Irlanda o Slovenia, dove le imposte sono più basse. I nostri lavoratori sono diventati disoccupati sotto la sfida di quelli polacchi o rumeni che, con la direttiva “lavoratori in trasferta” (n. 71/1996), venivano pagati secondo i salari dei paesi di provenienza e non quelli del paese ospitante.

Quindi, il secondo errore è quello d’aver abolito le barriere doganali al proprio interno senza aver rafforzato quelle esterne. Le nostre fabbriche sono crollate sotto i colpi delle importazioni dalla Cina (ma non solo da qui), dove i salari sono più bassi. Trattati come CETA – firmato col Canada nel 2017 – e TTIP, ancora in discussione con gli Stati Uniti, non fanno che indebolire il nostro mercato interno.

Questi due errori hanno evidentemente fatto precipitare una parte della popolazione nella povertà o nella precarietà, e quindi nelle braccia degli estremisti.

Socialismo o Capitalismo? Questa la scelta per l’Europa?

Si tratta, tuttavia, di azioni politiche ancora reversibili.

Il problema sta nel comprendere se chi guida oggi l’Europa voglia tornare indietro rispetto a tali direzioni e creare un’Europa dei Popoli e non solo un’area di libero scambio di merci e movimento di lavoratori.

Tali problemi ne nascondono, infatti, uno più grande e di respiro culturale prima d’ogni altra cosa.

L’Europa vuole difendere quel che resta dello Stato-Provvidenza d’origine socialista … o vuole continuare ad essere il veicolo teleguidato dagli Stati Uniti, del loro progetto capitalista ed imperialista mondiale ?

In caso di risposta negativa, è chiaro, che le prossime elezioni rappresenteranno una rivoluzione politica.

Archiviato in:Estero Contrassegnato con: Economia, Pace, UE

Palermo: confronto su esperienze d’impegno per la pace

2 Ottobre 2018 by FronteAmpio.it Lascia un commento

riunione_Arci_Palermo

Dopo l’incontro mattutino di Villa Niscemi che annunciava percorso e obiettivi della seconda marcia mondiale per la pace e la nonviolenza, è stata la sede del circolo Arci “Stato Brado”, in pieno rione Kalsa a Palermo, ad ospitare un’altra assemblea della manifestazione Mediterraneo, Nonviolenza, Pace promossa dalla Consulta comunale della Pace.

Qui, facilitati da Francesco Lo Cascio, portavoce della Consulta, si sono raccolte le esperienze, tra le altre, di Gianmarco Pisa, Carla Biavati, Amico Dolci, Enzo Sanfilippo (Comunità Arca di Lanza del Vasto), dei giovani dell’operazione Colomba. Sopra tale dibattito, sono spesso aleggiati i nomi ed il pensiero di Alberto L’Abate e Aldo Capitini.

Uno strumento non violento: le ambasciate di pace

Il tema centrale dell’incontro è stato quello della definizione del ruolo delle ambasciate di pace.

Tale struttura soprattutto, assieme a quella dei Corpi civili di pace, si ritiene possa svolgere un ruolo determinante per comporre i conflitti o, comunque, per circoscrivere le violenze.

La presenza, infatti, di operatori disarmati internazionali può rappresentare, si è detto, una sorta di scudo / dissuasore alle violenze. Tali operatori infatti, rappresentano la possibilità di circolazione internazionale delle informazioni. E’ il silenzio, invece, l’alleato dei violenti.

L’ambasciata di pace non si limita a questo. Il suo compito è anche quello di portare fuori dai luoghi di conflitto, e dentro i luoghi di decisione, le legittime richieste dei perseguitati.

In definitiva, le ambasciate di pace sono uno strumento della diplomazia dei popoli, autonoma da tutti i governi sia finanziariamente che politicamente. Sono uno strumento della società civile e delle popolazioni.

Si è discusso, in proposito, sul fatto che essa possa essere attivata solo dietro richiesta della popolazione interessata.

Si tratta d’un compito non semplice, hanno chiaramente fatto intendere Gianmarco e Carla. L’ambasciatore di pace deve essere capace ascoltare, di mappare il conflitto, comprenderne cioè le origini, e poi il ruolo e le ragioni di ogni partecipante, avere capacità negoziali per comporre il dialogo e la riconciliazione.

Un appello del popolo siriano in esilio

In proposito, ci è apparsa interessante l’esperienza di Operazione Colomba in Siria. Si tratta d’un gruppo di operatori dell’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII che vive stabilmente, dal 2014, tra le tende o le baracche del campo profughi siriano di Tel Abbas nel nord del Libano. Si tratta di uno dei non luogo, senza sanità e scuola, senza futuro, dove sopravvivono ammassati un milione e mezzo di scampati alla guerra che ha distrutto la Siria.

Da qualche mese i messaggeri di Operazione Colomba stanno diffondendo in Italia ed in Europa la richiesta dei profughi siriani, di questi esseri umani: ritornare nel proprio paese, in una zona neutrale e sottoposta a protezione internazionale in cui non abbiamo accesso altri attori armati.

La Verità e la Giustizia per garantire pace e libertà

Forse cambiando tema, o forse no, Amico Dolci, figlio dell’indimenticabile Danilo Dolci, ha brevemente illustrato l’attività del centro educativo “Centro di sviluppo creativo”, dove, col metodo maieutico, tra gli altri progetti, si cerca di elaborare una scuola per come la vogliono i bambini.

In conclusione dell’incontro, Alfonso Navarra ha voluto ricordare tanto l’Accordo di Parigi (COP 21) sulla difesa dell’ambiente e del pianeta stesso quanto il Diritto alla Pace propugnato dalla risoluzione dell’ONU del 19 dicembre 2016. Due accordi che devono guidare, a suo dire, la nostra azione.

Della risoluzione ONU, piace ricordare l’art. 2: «Gli stati devono rispettare e promuovere l’eguaglianza e la non discriminazione, la giustizia e lo stato di diritto e garantire la libertà dalla paura e dal bisogno quali misure per costruire la pace dentro e fra le società».

Archiviato in:Guerre & Disarmo Contrassegnato con: Ambiente, Pace, Palermo

Nell’anniversario dei bombardamenti su Trapani gli USA colpiscono la Siria

7 Aprile 2017 by FronteAmpio.it Lascia un commento

portaerei-lancia-missile

«6 aprile 1943: 74 anni fa Trapani fu pesantemente bombardata dalle forze angloamericane e gran parte della storia della nostra città si trasformò in un cumulo di macerie; un “punto di non ritorno”, dove oltre le troppe vittime abbiamo perso il grande teatro Garibaldi e la chiesa di San Michele con lo stravolgimento di un grande quartiere che a distanza di 74 anni, è rimasto ancora moralmente in ginocchio perché ferito nell’anima».

Così scrive Francesco Genovese, uno dei pochi trapanesi, che ha ieri ricordato i bombardamenti inglesi ed americani, americani quelli del 6 aprile, sulla Città di Trapani.

Giacomo Caltagirone, su Dailymotion ha “postato” una video rassegna dei bombardamenti “alleati” su Trapani. Interessante, tanto per le immagini quanto per la precisione nell’elencazione di dati, obiettivi “strategici” dei bombardamenti, esecutori materiali delle distruzioni sulla città, sul porto, sugli aeroporti di Milo e Kinisia.

Dobbiamo condannare tutti assieme questo Stato canaglia: gli USA

Proprio ieri notte gli americani, continuando a dimostrare quel che sono, uno Stato “canaglia”, uno Stato che non vede oltre i propri occhi, uno Stato che si considera il padrone del pianeta, ha bombardato la Siria.

Questa volta gli attacchi sono partiti da due portaerei; in passato e magari anche in futuro dalle “proprie” basi in Sicilia, a Sigonella ed a Trapani-Birgi.

kim-pukh-vietnam
La famosa Kim fugge nuda dal napalm USA

La guerra, la violenza, insomma ci è vicina. Anche se uccide, ieri, quattro militari siriani, di cui un generale di brigata. Anche se distrugge, “polverizza” dicono dal Pentagono, ieri, una pista dell’aeroporto siriano di Shayrat, un deposito di carburante, gli immobili della base aerea, ci è vicina.

«Guardate l’Irak, guardate la Libia», aveva provato a fare osservare l’ambasciatore russo all’ONU Vladimir Safronkov all’uscita della riunione del Consiglio di sicurezza intimando conseguenze negative da un irresponsabile, dubbia e tragica nuova “impresa” USA. Avvertimento inascoltato, ovviamente dagli Stati Uniti.

No, mai un Si alla guerra come soluzione delle controversie

NUSa-napalmon c’è “scusa” USA che tenga, e delle scuse delle armi “chimiche” e di “sterminio di massa” possedute, si fa per dire, da Gheddafi e Saddam Houssein, sappiamo oggi tutto: non c’erano.

«Nessuno stato deve interferire con la forza nella costituzione e nel governo di un altro Stato», scriveva, nel 1795, Immanuel Kant ne “La Pace Perpetua”.

«Infatti che cosa può dargliene diritto?», domandava – ancora – il filosofo tedesco.

Nato
La NATO distrugge Belgrado

Una cosa è l’assistenza umanitaria, il diritto-dovere di assistenza, una cosa sono gli atti di guerra.

E noi, trapanesi, vittime dei bombardamenti americani, dovremmo saperlo cosa sono gli atti di guerra. O l’abbiamo dimenticato?

Queste immagini di Belgrado e del Vietnam, assieme al video storico di Giacomo Caltagirone, casomai ci fosse bisogno lo ricordano.

Archiviato in:Politica Contrassegnato con: Pace

L’Italia è in guerra nell’ex colonia Libia ma non l’ammette

25 Agosto 2016 by FronteAmpio.it Lascia un commento

guerra-afghanistan-soldato

Secondo un recente sondaggio, l’80% della popolazione italiana è contraria al coinvolgimento del proprio Paese nei combattimenti nel territorio dell’ex colonia Libia.

Sicuramente gli italiani conoscono la storia della Libia, dalla conquista italiana del 1911 sino al colpo di stato incruento di Gheddafi che rovesciava la monarchia del 1969 e ben riportata dall’Agenzia “Pressenza” per i più smemorati.

E sanno che l’unico interesse occidentale sulla Libia è quello del controllo dei pozzi di petrolio.

Nonostante ciò l’Italia è ampiamente coinvolta nella guerra civile libica.

Il primo ministro Matteo Renzi, a capo di un «governo di centro-destra» spiega il giornale “Jeune Afrique”, non solo ha permesso agli aerei ed ai droni americani di utilizzare lo spazio aereo italiano e le sue basi militari al fine di bombardare la regione della Sirte ma ha altresì inviato delle “forze speciali” – una cinquantina di uomini sembrerebbe – in Libia.

La nuova guerra in Libia: prospettive buie

«Il Movimento Cinque Stelle, la forza più popolare del Paese – precisa ancora il giornale africano – si è indignata ed ha accusato Matteo Renzi di abusare» delle norme legislative.

Se è vero che la missione è dichiarata come solo di “formazione” delle forze militari di Tripoli è anche vero che già sono morti tre militari francesi, coinvolti nelle stesse azioni di “formazione”, e non certo di morte naturale!

Il ministro Paolo Gentiloni ha risposto ad un intervistatore di non volere commentare «operazioni coperte da segreto della difesa».

Il timore – come ricorda già l’11 marzo 2016 l’agenzia di stampa “Pressenza” riportando il pensiero di alcune organizzazioni – è che così non si arrivi mai alla pace: «A partire dalla dissennata guerra lanciata dalla Nato nel 2011 contro il regime di Gheddafi … la Libia è precipitata nel caos e nella guerra intestina. Non solo. Quella guerra ha posto le basi per altri conflitti. È ormai risaputo e documentato che il saccheggio di vasti arsenali di armi del colonnello durante l’operazione della Nato ha alimentato la guerra civile in Siria, rafforzato gruppi terroristici e criminali dalla Nigeria al Sinai e destabilizzato il Mali».

[FONTE: giornale “Jeune Afrique” – 11 agosto 2016]

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No al green pass della vergogna!

Petizione contro il "green pass della vergogna" indirizzata ai Presidenti dei Gruppi Parlamentari della Camera dei deputati.

Sì, firmo ora!
440 firme

No al green pass della vergogna

Ai Sigg. Presidenti dei Gruppi Parlamentari della Camera

Sig.ra/Sig. Presidente,

da oltre un anno e mezzo il popolo italiano subisce limitazioni radicali a diritti e libertà considerate fondamentali dalla Costituzione, dalla Cedu e dalla Dichiarazioni dei diritti fondamentali dell’uomo.

Se accettiamo che i principi fondamentali dello Stato di diritto possano essere sospesi oggi, in nome della gestione della pandemia, dobbiamo sapere che stiamo consegnando al futuro la possibilità di prendere direzioni diverse dalla democrazia in nome di qualsiasi altra minaccia che dovesse presentarsi, di origine umana o naturale

Il green pass colpisce una categoria di persone che esercita una libertà costituzionalmente garantita [non vaccinarsi], che viene penalizzata in quanto tale, per via di una propria qualità personale, di una propria condizione e di una libera scelta

Il “green pass” della vergogna viola:

  • l’articolo 1 della Convenzione ONU sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione,
  • gli articoli 2 e 3 della Costituzione italiana,
  • l’articolo 21 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE,
  • l’articolo 2 e 7 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo,
  • l’articolo 14 della Convenzione Europea sui Diritti Umani,
  • l’articolo 10 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea,
  • e, infine, la Risoluzione 2361 del Consiglio d’Europa approvata il 27/01/2021 che, al punto 7.3, vieta ogni forma di discriminazione per chi scelga di non vaccinarsi.

Le ragioni emergenziali non possono essere utilizzate come scudo per sospendere e annullare diritti considerati intangibili dai Padri Costituenti e dalla comunità internazionale

Pertanto, si chiede che l’emergenza sanitaria sia affrontata senza derogare di un passo dal percorso della civiltà del diritto.

**la tua firma**

Questa petizione è chiusa.

Data di scadenza: Sep 10, 2021

Firme raccolte: 440

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