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Ti trovi qui: Home / ESTERI / Je suis Charlie, cinque anni dopo: libertà d’espressione o blasfemia?

Je suis Charlie, cinque anni dopo: libertà d’espressione o blasfemia?

6 Settembre 2020 by Natale Salvo Lascia un commento

Libertà d’espressione o provocazione ?
La ripubblicazione delle vignette dileggianti il profeta Maometto da parte del settimanale satirico francese Charlie Hebdo, lo scorso 2 settembre, in occasione dell’inizio del processo per la strage del 7 gennaio 2015, è un atto di coraggio ? Oppure, piuttosto, è un comportamento incosciente, offensivo e di sfida contro la comunità musulmana mondiale ?

APPROFONDIMENTO >>> “Attaccata la redazione di Charlie Hebdo : è strage a Parigi” (2015, blog Natale Salvo).

La stampa filo-regime in silenzio, ma per l’Avvenire i colleghi francesi sono irresponsabili.

La vicenda non ha molto interessato l’Italia, da sempre poco attenta a quel che accade al di fuori dei propri confini nazionali. Poche righe di cronaca senza commento su La Repubblica.

Tuttavia, il quotidiano cattolico Avvenire, in un editoriale di Giuseppe Della Torre condannava, sia pure coi toni moderati propri del giornale, la condotta dei colleghi francesi : « È davvero difficile essere d’accordo con questa sorta di entusiastico consenso che accompagna la ripubblicazione delle controverse caricature di Maometto da parte della rivista satirica Charlie Hebdo ».

Ciò, spiegava il giornalista, per « il principio di responsabilità » ed evocando, altresì, l’eventuale commissione del « delitto di blasfemia ».

Il silenzio mediatico è stato forse influenzato dalle dichiarazioni del presidente francese Emmanuel Macron, riportate dal giornale France24, che ha sostenuto la scelta del settimanale satirico e difeso « la libertà di bestemmiare » che esiste in Francia.

Il mondo islamico protesta e condanna: offendere il Profeta non è una libertà di espressione

Che i musulmani si siano irritati lo dimostrano le manifestazioni di Islamabad dove decine di migliaia di persone hanno sfilato per le strade della città pakistana protestando.

« Un atto deliberato volto a ferire i sentimenti di miliardi di musulmani non può essere giustificato come un esercizio di libertà di stampa o di espressione », ha detto un tweet postato da un portavoce del Ministero degli Esteri pakistano, secondo quanto riporta il giornale tunisino La Press. « Tali atti minano le aspirazioni globali alla coesistenza pacifica e all’armonia sociale e interreligiosa », ha aggiunto.
Proteste anche da parte del ministero degli esteri turco.

Da leggere:  Islamofobia: Parigi, poliziotto uccide colleghi? La stampa fa terrorismo!

Su Facebook, l’Osservatorio per la lotta all’estremismo di Al-Azhar con sede a Il Cairo, in Egitto, ha bollato – come riporta l’Agenzia d’informazione Iqna – come « atto criminale » la nuova pubblicazione di Charlie Hebdo.

« Offendere il nostro Profeta non fa parte della libertà di parola, ma piuttosto un incitamento all’odio, alla violenza e al desiderio di essere liberi da tutti i valori umani e civili. Giustificare questo atto con la tutela della libertà di espressione è un fraintendimento della differenza tra il diritto umano alla libertà e il crimine contro l’umanità in nome della tutela delle libertà », ha categoricamente dichiarato, su Facebook, il Grand Imam di Al Azhar prof. Ahmed At-Tayyeb.

La stampa tunisina: a chi giova la nuova provocazione di Charlie Hebdo?

Interessanti la riflessione che si pone il giornalista tunisino Abdel Aziz Hali, sempre su La Press : « La domanda è: che senso ha un atto del genere che potrebbe […] dare false argomentazioni ai fanatici islamisti? A cosa serve agitare il coltello? È una provocazione di troppo?
Certo, la libertà di espressione è sacra. Ma troppe provocazioni svuotano la libertà di parola della sua nobiltà ».

Domande e riflessioni legittime e condivisibili. Fatto salvo, naturalmente, che la violenza e l’omicidio non sono mai giustificabili, neanche in caso di blasfemia.

—

Alcuni esempi di satira di Charlie Hebdo:

Nell’immagine in testa all’articolo: il publisher/editor di Charlie Hebdo Stephane Charbonnier (“Charb”)

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