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Ti trovi qui: Home / ECONOMIA / Istat: In Italia, si lavora sempre meno e con maggiore precarietà

Istat: In Italia, si lavora sempre meno e con maggiore precarietà

27 Febbraio 2019 by Natale Salvo Lascia un commento

precario-disoccupazione

Il rapporto sul “Mercato del lavoro”, pubblicato dall’ISTAT lo scorso 25 febbraio, conferma sia che la situazione oggi in Italia è quella illustrata dall’economista Jeremy Rifkin nel suo libro “La fine del lavoro” (1995) quando si riferiva agli Stati Uniti. Ore lavoro in calo, lavoro sempre più precario, salari sempre più compressi.

Nel comunicato stampa rilasciato dall’ISTAT è chiaramente scritto:

  • «Il tasso di disoccupazione si attesta al 10,6% ([…] +3,9 punti rispetto al 2008)»;
    «Il decennio [2008-2018, NdR] ha visto una profonda trasformazione del tessuto produttivo […] con una crescita dei rapporti a tempo determinato (+735 mila) e una notevole espansione degli impieghi a tempo parziale (spesso involontari)»;
  • «al di sotto del livello pre-crisi […] le ore lavorate del 5,1%. Per colmare il gap mancano ancora poco meno di 1,8 milioni di ore e oltre un milione di Unità di lavoro a tempo pieno (Ula)».

Altri dati particolarmente interessanti sono:

  • «Nel 2017 la forza lavoro non utilizzata potenzialmente impiegabile nel sistema produttivo ammonta a circa sei milioni di individui (2,9 milioni disoccupati e 3,1 milioni forze di lavoro potenziali)»;
  • «Gli occupati sovraistruiti sono 5 milioni 569 mila, il 24,2% del totale […]. Negli anni il fenomeno è in continua crescita […]» (vale a dire i diplomati e/o laureati che svolgono attività per la quale è sufficiente un titolo di studio inferiore a quello in possesso).

Entrando nel dettaglio, ecco i dati illustrati dal volume edito da ISTAT :

Anno

Ore lavorate

(miliardi)

Occupati

(milioni)

Unità di lavoro a tempo pieno

(milioni)

Ore lavorate

per occupato

(annue)

2008

34,373

25,388

25,074

1.354

2013

31,298

24,340

23,245

1.286

2018

32,610

25,263

24,037

1.291

Tra gli occupati sono rilevati 3,1 milioni di lavoratori “a termine” (in aumento di 257.000 rispetto all’anno prima, +8,9%) e 5,3 milioni di lavoratori “indipendenti” ovvero liberi professionisti e prestatori d’opera occasionali, familiari coadiuvanti (in aumento di 34.000 rispetto al 2017, +0,6%). L’ISTAT precisa, inoltre, che per “occupati” si intende coloro che «hanno svolto almeno un’ora di lavoro in una qualsiasi attività che preveda un corrispettivo monetario o in natura».

Da leggere:  Reddito di Cittadinanza da estendere, secondo la Caritas

In proposito, il 28 ottobre 2018,  la “Fondazione Di Vittorio”, nel proprio rapporto “Diseguaglienze e disagi nel lavoro”, scriveva: «l’area del disagio – formata dai lavoratori temporanei non volontari e dai part-timer involontari, gli uni e gli altri in età compresa tra 15 e 64 anni – continua a crescere (+8,7% l’aumento tendenziale) e raggiunge nel primo semestre 2018 il numero record di 4 milioni e 883 mila persone».

In particolare: «nel primo semestre 2018 i lavoratori temporanei non volontari (dipendenti o collaboratori che non hanno trovato un’occupazione stabile) sono saliti a 3 milioni 61 mila,i l numero più alto mai registrato dalle statistiche Istat, a seguito di un vero e proprio boom osservato nel corso degli ultimi due anni (+22%, pari a +552 mila persone)». Anche «il part-time involontario […] ha ripreso a crescere nell’ultimo anno, coinvolgendo nel primo semestre 2018 2 milioni 772 mila persone».

Contemporaneamente, l’Osservatorio sulla Cassa Integrazione Guadagni (CIG) fa sapere che, nel 2018, «il numero di ore di cassa integrazione complessivamente autorizzate è stato di 217,7 milioni». Come noto tale beneficio è erogato, fino a 24 mesi, a favore dei lavoratori delle aziende dove insiste una mancanza di commesse ovvero una ristrutturazione o che sono colpite da fallimento.

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